Pulp Sound – Il cinema sonoro di Quentin Tarantino

cover pulp sound tarantinoRiccardo Sampino Mattarelli
Pulp Sound – Il cinema sonoro di Quentin Tarantino (2016)
Crac Edizioni – pp. 202, euro 15

Se da una parte non esistono mezze misure quando si parla dell’icona pop Quentin Tarantino, dall’altra analizzarne poetica, suggestioni, ossessioni ed estremo amore per il cinema quanto per la musica, significa fronteggiare un mostro dai molteplici tentacoli. Il percorso artistico del regista continua ad essere in stimolante trasformazione, seppur proceda a mantenere una coerenza interna immarcescibile. Giunto all’ottava opera in 25 anni di carriera con il giallo-western The Hateful Eight e centinaia di brani musicali incastonati nei propri lavori, Tarantino è ormai più che sostantivo-aggettivo, è un simbolo, un significante, un punto di partenza e di ispirazione, semplicemente “a parte”.

Tra i molteplici aspetti del suo cinema, quello musicale, ma è più giusto ampliare il concetto totale di “suono”, riveste un’importanza fondamentale e un colonnato di idee talmente ampio e articolato che “costringe” a studiarlo come un inquieto organo spontaneo. Si tuffa in un’impresa tutt’altro che semplice Riccardo Sampino Mattarelli, giovane palermitano che ha scritto un saggio sul “Pulp Sound”, ovvero quel tessuto musicale e rumoristico che ha fissato la schiacciante impronta tarantiniana nell’immaginario dello spettatore. Mattarelli divide intelligentemente in due parti il suo lavoro. Nella prima sono studiati gli aspetti legati alle ispirazioni del regista di Knoxville, le fonti più disparate dei suoi ossessivi amori “rumoristici”, ciò che ne ha definito il ruolo di signore del “postmoderno”, termine sovente (ab)usato a sproposito. Nella seconda invece assistiamo a un’analisi chirurgica film dopo film, cronometro alla mano e pezzi musicali sapientemente catalogati che compongono tracklist impazzite ormai divenute oggetti di culto. Estremamente significativo è appunto il fatto che negli ultimi lavori del regista la soundtrack venga annunciata con largo anticipo rispetto al film e che il disco prodotto (anche se monco di alcuni brani per la disperazione del fan integralista) goda della scalata in hit-parade, aspetto parecchio inconsueto per le moderne colonne sonore. Conscio del peso specifico della musica applicata nel cinema tarantiniano, Mattarelli guida il lettore nell’universo del cine-sound del regista, dai primi brani rock anni Settanta, ascoltati diegeticamente nelle autoradio e analizzati spartanamente dai personaggi de Le iene (1992), all’ultimo imponente tappeto originale del mito Ennio Morricone, vincitore del suo primo Oscar (se si tralascia quello un po’ tardivo alla carriera del 2007) proprio per la colonna sonora di The Hateful Eight. Il tutto passando attraverso schizzati cocktail che miscelano Chuck Berry e i Santa Esmeralda, i Delfonics e Stelvio Cipriani, Johnny Cash e Meiko Kaji, Luis Bacalov e Bobby Womack, pop, soul, hip-hop, soundtrack da b-movie all’italiana, colpi di pistola, sgommate, piatti e bicchieri che sbattono nei coffee-shop ed effetti sonori da oscuri film di arti marziali. Una politica questa che, escludendo appunto il più recente apporto di Morricone che forse aprirà una nuova fase del suo universo imprevedibile, dimostra come Tarantino si sostituisca al compositore nell’ossessiva selezione proveniente da ingegno e humus culturale unici nel proprio genere. Un utilizzo del sonoro che non è solo muro su cui piazzare colate di immagini, quanto piuttosto veicolo di definizione dei caratteri e personaggio esso stesso, seppur condotto dall’utilizzo di suggestioni apparentemente discordanti. Quest’ultimo aspetto di base guida il lucido e compiuto lavoro di catalogazione dell’autore, che scrive in maniera fluida e godibile, ma non banale, dimostrando un’autentica passione che però non sfocia nella facile sviolinata, quanto in una coerente “guida per autostoppisti”. Più efficace dell’abusata monografia magari costituita solo da un faldone di schede con le trame dei film e poco più, il saggio raggiunge il suo obiettivo di ideale conciliazione tra il neofita accostatosi a Tarantino dopo averne visionato l’opera più recente, e l’appassionato tout-court, colui che magari assembla ideali “complete edition” delle soundtrack tarantiniane su un lettore mp3 in un curioso cortocircuito temporale con l’immensa collezione fisica del regista, che attinge sempre a vecchi vinili e scaffali impolverati per creare un frullato di stordente modernità, dove “Il sonoro può tranquillamente adagiarsi sulle immagini, senza tenere conto di determinati contesti culturali, storici e di genere cinematografico”.

 

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