Inseguendo quel suono – La mia musica, la mia vita

cover libro inseguendo quel suono morriconeEnnio Morricone
Inseguendo quel suono – La mia musica, la mia vita (2016)
Conversazioni con Alessandro De Rosa
Mondadori – pagg. 481, ill. 25, euro 22

A sei anni dall'uscita del libro-intervista con lo scrittore Antonio Monda ("Lontano dai sogni", Mondadori), e sull'onda dell'Oscar per The Hateful Eight, ecco una nuova e più compiuta – nonchè più rilassata – autobiografia, in forma di conversazione con il maestro romano. La differenza più sostanziale tra i due colloqui risiede nell'atteggiamento dell'intervistatore: se lo scrittore di Velletri sollecitava il compositore a confessarsi con domande brevissime (raramente più di mezza riga), lasciando che il flusso dei ricordi di Morricone scorresse liberamente e al limite anche disordinatamente, in una felice carrellata di personaggi, titoli, situazioni di una così lunga carriera, De Rosa - che è un trentenne compositore emergente - sceglie la via di un dialogo tra allievo e maestro di matrice classico-platonica.

Da compositore a compositore, il discorso si sofferma spesso e volentieri su questioni tecniche (e il profano sarà in difficoltà) e teoriche, particolarmente care al maestro, in quello che a volte prende la forma di uno scambio di vedute sui massimi sistemi un pò arduo da afferrare. Più che di domande e risposte, queste conversazioni diventano dunque scambio di pensieri, con tutti i rischi che ciò comporta se non altro dal punto di vista diciamo così "giornalistico", ad esempio con quesiti spesso imperdonabilmente più lunghi delle risposte (sino al record di pagg. 232-234, con una "domanda" lunga due pagine!) e non di rado caratterizzati da una forma sotterranea di iattanza intellettuale.
Per chiunque conosca un pò Morricone, tuttavia, appare chiaro che questa è la formula a lui più cara per indurlo ad aprirsi e a svelare non solo i "ferri del mestiere" ma anche il metodo e i segreti della sua concezione diremo quasi spirituale del comporre, lungo un percorso e un racconto che – come spiega De Rosa in premessa - ha sicuramente avuto una gestazione lunga. Ma se un lettore relativamente ignaro della biografia morriconiana scoprirà in questo libro episodi, curiosità, particolari, ricordi e giudizi inediti, spesso divertenti, sempre acuti ancorchè non sempre condivisibili, anche all'esperto o esegeta di cose morriconiane sono riservate alcune sorprese. La principale delle quali riguarda il mutato atteggiamento del maestro in merito alla posizione diciamo così "sociale" della musica per il cinema: sino a non moltissimi anni fa Morricone era piuttosto drastico sul ruolo ancillare, forzatamente surrettizio di questo genere rispetto a quella che egli chiamava – e chiama ancora – "musica assoluta". Ed in questo il compositore ricalcava le posizioni e le frustrazioni di molti suoi colleghi, del passato e contemporanei, enfatizzate anche da molta critica musicale e cinematografica sovente afflitta – rispettivamente – da cecità e/o sordità culturali.
Oggi Morricone constata invece che la musica per il cinema (o "applicata") è patrimonio a pieno titolo della modernità culturale: in altri termini essa è la forma – o il mezzo – principale con cui la musica contemporanea sta tramandando se stessa alla posterità. Ci permettiamo noi di aggiungere sommessamente: era ora. Defunta l'opera da almeno mezzo secolo, tramontate avanguardie e post-avanguardie, polverizzate le barriere tra musica "colta" e musica "popolare", alla musica per film compete anche retrospettivamente il ruolo di un "rinnovamento nella tradizione" che parte dall'avvento del sonoro e giunge – naturalmente con esiti alterni e spesso opposti - sino ai nostri giorni, rileggendo e reinglobando tutte le esperienze del passato, dal tardoromanticismo otto-novecentesco alle avanguardie storiche e oltre: ruolo che ha in Morricone uno dei suoi protagonisti assoluti.
Ma, come si diceva, questa parte del lungo racconto autobiografico morriconiano richiede forse competenze e conoscenze più profonde di quelle che possa avere un lettore o anche un fan comune del maestro. Viceversa, sul fronte dei ricordi personali, della folla di protagonisti che hanno popolato la vita del maestro, della miriade di eventi, incontri e curiosità che l'hanno attraversata, il libro si offre ad una lettura godibilissima e umanamente toccante. Sfilano i protagonisti di mezzo secolo di storia del cinema, italiano e non solo, con dettagli inediti a volte gustosissimi; viene ricostruita dalla fonte diretta del maestro la genesi dei suoi rapporti privilegiati con Sergio Leone prima e Giuseppe Tornatore poi, ma anche con Montaldo, Bertolucci (questi ultimi tre portatori anche di una serie di testimonianze, insieme a Sergio Miceli, Boris Porena, Carlo Verdone e Luis Bacalov, che chiosano il volume), Bellocchio, Cavani, e poi De Palma, Joffé, Carpenter, Argento, Don Siegel... Morricone spiega anche come, negli anni '60, tentò di introdurre nelle partiture per film "di genere" (in particolare il giallo e il thriller) le pulsioni di quell'avanguardia che lo aveva visto protagonista nel gruppo d'improvvisazione di Nuova Consonanza, insieme a Macchi e Evangelisti; ma ne fu rapidamente dissuaso dai produttori, "ripiegando" (si fa per dire) su quel linguaggio struggente e orizzontalmente lirico che divenne poi la sua firma. Di qui l'impressione di temeraria modernità che ancor oggi quelle partiture, aggressive e sperimentali, producono nell'ascoltatore.
I percorsi della vita e dell'arte si saldano infine, in questo lungo viaggio, in una serie di riflessioni sul ruolo e sul futuro della musica oggi, in un'epoca di sconvolgenti trasformazioni che investono anche l'arte e le sue forme di fruizione. Ed ecco allora che Morricone riflette anche, quasi filosoficamente, sul silenzio: che nella sua opera è un'autentica "presenza dell'assenza", e non semplicemente un vuoto (non a caso "Voci dal silenzio" s'intitola una delle sue più celebri composizioni), proprio come una pausa – in partitura – significa attesa, respiro, pensiero, concentrazione. Quel silenzio che Morricone, con lo sguardo acceso e penetrante, sembra voler imporre con caratteristico gesto dalla foto di copertina, e che è una condizione indispensabile per chiunque voglia disporsi con animo preparato al difficile ma necessario esercizio dell'ascolto.

 

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