Renzo Rossellini fra cinema e musica

cover libro rosselliniAdriano Bassi
Renzo Rossellini fra cinema e musica (2015)
Casa Musicale Eco, pagg.175, € 19
www.casamusicaleeco.com

Rievocare la figura di Renzo Rossellini (Roma, 2 febbraio 1908 – Montecarlo, 13 maggio 1982), fratello del regista Roberto e zio del produttore Renzo Rossellini jr. nonché dell’attrice e regista Isabella, significa mettere a fuoco un periodo cruciale della nostra storia del cinema e della musica per il cinema. Rossellini fu infatti uno dei protagonisti musicali della stagione neorealista, che lo vide compositore principalmente per i film del fratello – capolavori di quella fase – come Roma città aperta, Paisà, Germania anno zero, ma attivissimo sin dagli anni più buî del fascismo e poi sino alla vigilia della scomparsa (tra le sue ultime fatiche, lo score per l’edizione del 1984 dello “scandaloso” Io, Caligola di Tinto Brass).

In realtà Rossellini era un compositore dagli interessi vastissimi: docente, direttore d’orchestra, autore di diversi balletti, cantate, oratori, sinfonie, brani di musica da camera e canzoni, oltre ad alcune opere liriche tra le quali Uno sguardo dal ponte (1961, dal dramma di Arthur Miller) e L’Annonce faite à Marie (1970 dall’opera teatrale di Paul Claudel), egli è stato fortemente influenzato dalla cosiddetta “generazione dell’80” (Malipiero, Pizzetti, Casella, Respighi) anche se non ne condivise mai in pieno le ansie e le istanze di rinnovamento. Ma proprio la sua cospicua carriera cinematografica ripropone uno dei quesiti centrali, e tuttora irrisolti, che ruotano intorno al fenomeno del neorealismo, ossia di quella ventata travolgente che scosse il cinema italiano nell’immediato secondo dopoguerra, spazzando via la produzione epico-trionfalistica o fotoromanzesca del fascismo in direzione di storie e personaggi che affondavano le proprie radici nella tragedia bellica appena trascorsa e nella liberazione dal giogo nazifascista. E il quesito, o meglio i quesiti, in sintesi, sono questi: come mai a questa profonda, radicale trasformazione e rigenerazione del nostro cinema in termini di linguaggio, produzione, narrazione non corrispose mai un’altrettanto forte e perentoria innovazione sul piano delle partiture musicali? Come mai, anzi, i compositori di quel periodo sembrano del tutto indifferenti al clima mutato e continuano sostanzialmente a comporre come durante il Ventennio, ossia secondo i moduli ereditati dall’operismo tardo-ottocentesco e verista, non tanto pucciniano (magari!) ma spesso degli Alfano, Giordano, Cilea, Leoncavallo, Mascagni…?
Sono domande ben presenti sia agli storici del cinema, come Fernaldo Di Giammatteo, che a quelli della sua musica, come Sergio Miceli, ma tuttora inevase. Alessandro Cicognini (1906-1995), un altro dei compositori protagonisti di quella stagione (soprattutto per i film di Alessandro Blasetti e Vittorio de Sica), confessò una volta candidamente che lui stesso, come molti altri colleghi, non ebbe la minima percezione in quegli anni di essere l’epicentro di una fase creativa completamente nuova e rivoluzionaria rispetto al passato. Mancò cioè ai musicisti (compreso un giovanissimo Nino Rota) la consapevolezza critica necessaria a distaccarli da quanto creato sino a quel momento – poiché tutti erano stati attivissimi sotto il fascismo – ed a differenziarli nel linguaggio, magari osservando quanto stava accadendo o era già accaduto nel panorama delle avanguardie europee. Perché questo avvenisse occorrerà attendere l’esaurirsi dell’esperienza neorealista e l’avvento di un’altra generazione di compositori, quella successiva dei Nascimbene, Fusco, Morricone, protagonisti profetici e coraggiosi della prima autentica e risolutiva svolta nella musica per film italiana.
Questa è la cornice in cui s’inscrive la preziosa ricerca monografica di Adriano Bassi su Renzo Rossellini che, prefata da poche ma significative e illuminanti righe di Ennio Morricone, mette a fuoco la figura del maestro romano in tutti i suoi aspetti e in tutti i generi da lui percorsi, grazie soprattutto alla possibilità di consultazione dell’Archivio Storico Ricordi, che contiene la maggior parte dei manoscritti rosselliniani. Ordinata sistematicamente per settori (opere, musiche per film e di scena, balletti ecc.) l’analisi di Bassi, che radiografa in dettaglio le partiture rosselliniane con l’ausilio di numerosi esempi musicali, è inquadrata lucidamente in un’introduzione storica che riprende i problemi cui accennavamo sopra, mettendo in luce – grazie anche all’epistolario del musicista - i rapporti spesso polemici e non facili che Rossellini intrattenne con i suoi contemporanei (ad esempio Malipiero) o con la tradizione novecentesca (ad esempio Debussy), ma anche con l’avanguardia e la dodecafonia, e dai quali si evince come il suo atteggiamento creativo non fosse affatto il frutto di ingenuità o incoscienza, e men che meno ascrivibile ad un “candore” del tipo di quello più tardi attribuito a Rota, bensì lucida e tormentata adesione ad una creatività artistica che Rossellini avvertiva come percorso tortuoso e tormentato, totalmente inserito nel proprio tempo, e che tuttavia egli affrontò sempre con quell’”onestà intellettuale” (parole di Bassi) che lo spingeva a criticare l’isolamento culturale di molti artisti così come a rifiutare facili etichettature di comodo.
Il ritratto che ne emerge è quello di una figura senz’altro di transizione tra vecchio e nuovo, che soprattutto nel lavoro per il cinema (anche negli anni ’50 e ’60) seppe trovare una propria strada personale sulle tracce di un umanesimo maturo e orgoglioso, fortemente radicato nella tradizione eppure con lo sguardo costantemente sospinto al futuro: un linguaggio che era ad un tempo emotivo e distaccato, malinconicamente riflessivo e lontanissimo da enfasi o residuati neoveristi, e che trovò perfetta compiutezza nella lunga collaborazione – umana ed artistica – con il fratello Roberto.
E fu proprio grazie a questo linguaggio e questa ricerca che Rossellini (per dirla con il saggista), trovò «una sintesi invidiabile, che entra in profondità nei problemi culturali del tempo e nelle logiche musicali che, a volte, vanno al di là del mero aspetto artistico». 

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