Verdi & Wagner nel cinema e nei media

cover_libro_verdi_wagner.jpgA cura di Sergio Miceli e Marco Capra
Verdi & Wagner nel cinema e nei media (2015)
Marsilio Editori, pagg.124, euro 15
www.marsilioeditori.it

Non fatevi illusioni sul titolo: non siamo in presenza di una disamina delle presenze complessive dei due massimi compositori operistici dell’800 nel cinema, intese sia come trattazioni biografiche che come utilizzo delle loro musiche che, infine, come influenza sui compositori cinematografici posteriori. Si tratta invece semplicemente della pubblicazione degli atti di un convegno svoltosi due anni or sono nella Casa della Musica di Parma in occasione del bicentenario della nascita dei due grandi.
Ciò significa una serie di “focus on” limitati ai singoli aspetti del rapporto fra Verdi, Wagner e il cinema; per ciò che riguarda Wagner, ad esempio, è il contrario di quanto indagato oltre trent’anni fa da una pubblicazione sempre veneziana, “L’immagine in me nascosta – Richard Wagner: un itinerario cinematografico”, edita dal Comune con il Teatro La Fenice e curata da Ermanno Comuzio e Giuseppe Ghigi, che allargava lo sguardo anche al fenomeno della “wagnerizzazione” di molte partiture cinematografiche dal secondo dopoguerra in poi. Senza contare, oggi, le profonde analogie strutturali e culturali  esistenti, per citare due casi di scuola, fra il Ring wagneriano e le due esalogie Star Wars (prossima al settimo episodio) e Il signore degli Anelli-Lo Hobbit, rispettivamente di John Williams e Howard Shore.
I contributi, in ogni modo, al netto di una certa fastidiosa autoreferenzialità rinvenibile nella continua reciprocità di citazioni e “omaggi” fra relatori, rivelano uno spiccato interesse di approfondimento scientifico e didattico su determinati aspetti dell’argomento: Stefano Socci, ad esempio, esplora in profondità la straordinaria “partitura ottica” del Parsifal di Hans Jurgen Syberberg (1982), anomalo, gigantesco e visionario esemplare di film-opera, mentre Roberto Calabretto si sofferma sulle “presenze wagneriane nel cinema europeo” circoscrivendo l’indagine a quattro autori: Buñuel, Visconti, Herzog e Kluge: un Wagner, il loro, simbolico più che descrittivo o esornativo, dalle valenze anche psicoanalitiche. Curiosa e stimolante l’angolazione scelta da Birgit Schmidt che, con particolare riferimento a ”Rigoletto” e “Traviata”, esamina gli effetti cinematografici insiti nelle opere verdiane, pedinandone i libretti e le disposizioni sceniche previste dal compositore. Sergio Miceli restringe l’oggetto d’indagine alla “Cavalcata delle Valchirie” e al suo utilizzo nel cinema, da Griffith a Fellini a Coppola, diramando il proprio intervento tra alcuni bizzarri anatemi non sempre contestuali (l’invettiva contro il Festival di Sanremo e… la trasmissione Che tempo che fa di Fabio Fazio!).
L’insieme, in sintesi, unito agli altri interventi, si propone come spunto di riflessioni e di lavoro per chi volesse sviluppare, in maniera più approfondita e meno selettiva, l’argomento: specie ove si consideri che, in parte per Verdi e senz’altro per quanto attiene a Wagner, siamo in presenza di due compositori “cinematografici” ante litteram.

 

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