La musica nel cinema e nella televisione

cover_musica_cinema_televisione_giuliani.jpgA cura di Roberto Giuliani
La musica nel cinema e nella televisione (2011)
Pagg. 375, € 27.Guerini Studio
http://www.guerini.it/

 

L’interesse della musicologia che definiremo per comodità “ufficiale” (non ne esiste, in realtà, una “ufficiosa”) o più propriamente “colta” (una incolta invece ne esiste, eccome) nei confronti della musica per film è un dato di acquisizione solo recente. Sino a qualche decennio fa, peraltro, tanto nelle riviste di cinema che in quelle di musica gli spazi dedicati a questa specializzazione erano marginali, minimi, approssimativi, spesso supponenti e largamente dilettanteschi. La fiducia e l’interesse verso la valenza estetica della musica per il cinema, per la televisione, e più in generale per la cosiddetta “musica applicata”, sono maturati poco a poco, sulla scia degli studi e delle pazienti analisi e classificazioni di un pioniere come il compianto Ermanno Comuzio, sull’entusiasmo fideistico e indeflettibile di una generazione di collezionisti, poi sulla scorta dei saggi sulla sistematizzazione – storica e teorica - dell’immensa materia affrontata a più riprese da Sergio Miceli, infine con gli approfondimenti storico-estetici di studiosi e appassionati di generazioni successive come, per non citarne che un paio, Sergio Bassetti e Roberto Calabretto.  L’interesse per questa materia alberga da sempre anche in Roberto Giuliani, ordinario di didattica della storia della musica e di fonti sonore e audiovisive al S. Cecilia di Roma, nonché docente di musica e nuovi media a Roma Tre, componente della Consulta per lo spettacolo del Mibac, organizzatore di convegni, già conduttore di programmi per Rai Radio3 e, più in generale, studioso ed esperto particolarmente della musica italiana del Novecento e dei suoi rapporti con i massmedia. Una figura quindi ideale per saldare insieme il rigore filologico della ricerca e dell’analisi musicologica con la perlustrazione e la valutazione del ruolo rivestito dalla musica stessa, nel panorama novecentesco, all’interno del cinema, del documentario, della televisione.
 I saggi raccolti nel volume, che fa parte della collana “Musica nel ‘900 italiano” della Società Italiana di Musicologia, e che viene presentato in questi giorni a Roma, riguardano e circoscrivono la scelta di campo al panorama italiano: un limite volontario e oggettivo che impedisce alla materia di dilatarsi in inutili enciclopedismi e consente di mettere a fuoco il ruolo protagonistico di alcuni registi nell’utilizzo dei materiali musicali (da Antonioni a Visconti a Pasolini a Fellini), e soprattutto il rapporto – spesso non facile – tra la musica cinematografica ed alcuni compositori di spicco dell’avanguardia storica italiana come Luigi Nono, Giacomo Manzoni, Bruno Maderna, Luciano Berio; oltre, naturalmente, ad esplorare ulteriormente i percorsi di compositori più specializzati quali Morricone, Rota, Piovani, Piersanti, sino a Carlo Crivelli (agli ultimi tre è dedicato un prezioso e minuzioso saggio di Calabretto).
 Gli interventi raccolti nel volume a firma di Giuliani stesso, Miceli, Calabretto, Marco Alunno, Renata Scognamiglio, Beatrice Birardi, Nicola Bondanese, Assunta Cavallari e Agnese Roda (denominatore comune ai quali è il gravitare in una sfera musicologica, non filmologica, di studi) coprono aree specifiche di interesse, spesso rivelando dettagli, pratiche e metodologie sconosciute anche ai più meticolosi e pazienti appassionati: si pensi al saggio di Miceli sulla musica colta nel periodo muto e nel fascismo, o a quello della Birardi sulla musica del documentario nel primo ‘900 e, specialmente, a quello di Giuliani sulla musica televisiva dal Nazionale a Raitre, con la silloge di Agnese Roda sulle rarità audiovisive di Fuori orario, autentico e ragionato catalogo di rarities che si ricollegano più in generale ad un filone di ricerca del tutto nuovo, quello dei rapporti tra musica e piccolo schermo.
 Il panorama complessivo che ne esce ottiene principalmente lo scopo di stimolare chiunque sia interessato alla materia verso un ulteriore approfondimento e altre, più capillari indagini settoriali, fornendo nel contempo alcune basi imprescindibili di metodo, di materiali, di impostazione storico-metodologica. La convinzione di fondo, che dovrebbe divenire una battaglia collettiva per quanto di difficilissima sostenibilità, è quella ben espressa nella controcopertina e che non sembra necessitare di ulteriori commenti: «una maggiore presenza qualificata della musica non può che migliorare il quadro della diffusione della cultura attraverso i mass media».

 


 

Stampa