Cesare Andrea Bixio. L'attività musicale di Bixio per l'industria cinematografica (1920-1945)

cover_libro_andrea_cesare_bixio.jpgValerio Venturi
Cesare Andrea Bixio.
L'attività musicale di Bixio per l'industria cinematografica (1920-1945)
Libreria Universitaria.it Edizioni, 2010
(ISBN 978-88-6292-022-3)
Pagine 137

 

Monografia agile e contestualizzata quella che il giornalista Valerio Venturi ha dedicato a Cesare Andrea Bixio (1896-1978), personaggio fondamentale che condensa uno dei massimi momenti di genialità e innovazione della canzone popolare italiana. Per abbozzare la figura di Bixio basterebbe citare solo alcuni dei suoi successi strepitosi, che ancora oggi fanno parte del repertorio collettivo dell'italianità in musica: “Parlami d'amore Mariù”, “Violino tzigano”, “Mamma”, “Quanto sei bella Roma”, etc. E’ da sottolineare che il compositore napoletano fu l'artefice della prima colonna sonora di un film italiano sonorizzato (La canzone dell'amore, 1930) e che seppe veicolare molti dei suoi hit discografici proprio attraverso il cinema, per il quale lavorò fino alla fine degli anni '40 per un totale di oltre cinquanta film. Autodidatta, campione della melodia, una vocazione per gli affari che lo portò ad uscire dal pur stimolante contesto partenopeo per sviluppare a Milano una casa discografica nazionale che oggi giganteggia nel settore delle colonne sonore grazie al suo vasto catalogo di mostri sacri (Morricone, Trovajoli, Rota e molti altri), Bixio rimane eppure ancora ai nostri giorni un “illustre sconosciuto”, un artista – scrive Venturi – al quale è toccato “il destino degli anonimi medievali, di cui spesso si conosce l'opera ma non l'identità”. Un aspetto questo senz'altro curioso ma che al contempo spiega, almeno in parte, le dimensioni di un successo che ha saputo amalgamare in una sintesi esemplare un groviglio di tradizioni e aspettative musicali del Bel Paese a cavallo tra Ottocento e Novecento: le arie melodrammatiche, le romanze da salotto, le danze popolari, il cafè chantant, la canzone napoletana e, non ultimo, il cinema come grande bacino di raccolta dell'immaginario borghese novecentesco. Come si legge a pagina 36 del volume, la forza della coppia Bixio-Cherubini (quest'ultimo raffinato paroliere presentatogli dal poeta romano Trilussa e che lavorò in coppia fissa tra il 1925 e il 1930) stava “nella straordinaria capacità di scrivere brani immediatamente cantabili”, in un certo senso dei classici “già storicizzati”. Per tale motivo Bixio è giustamente salutato come il vero padre della canzone italiana, poiché ha saputo esprimere l'unità geografica e lessicale della nazione con brani leggeri accessibili a tutti (e accolti caldamente anche all'estero, in particolare in Francia e Stati Uniti). Interessante al proposito il giudizio che ne dà in appendice il figlio Franco Bixio intervistato in esclusiva dall'autore: “Fu un fatto rivoluzionario – sottolinea – quello di uscire dal nucleo napoletano dove la concorrenza era forte. Di fatto, ha inventato la canzone italiana. Prima in italiano si cantavano le romanze da Puccini della Tosca. (...) Il primo autore a fare il passo dalla lirica alla canzone in lingua italiana è stato mio padre. Quindi una grande divulgazione: il territorio nazionale era certo più vasto di quello della canzone napoletana”. Nella stessa intervista veniamo edotti sulla bizzarra tecnica di composizione adottata da Bixio, che seduto davanti al pianoforte “usava sempre il pedale e c'era una marea di armonici che si incrociavano”. In mezzo a quel caos “dopo un po' il pedale si smorzava e sentivi uscire fuori una canzone, con delle note ben definite... Era un'alchimia, ed era fantastico sotto questo aspetto”.
Più che una biografia il lavoro di Venturi si presenta come un'indagine sullo sfondo socio-culturale ed economico che permise a Bixio di mettere a frutto le sue straordinarie doti musicali attraverso una lungimirante attenzione per l'industria nascente della discografia e del cinema. E proprio su tale versante l'indagine mette a fuoco quel mix di artigianalità e serialità industriale che fu senza dubbio uno degli aspetti più rivoluzionari della carriera. Infatti, anticipando una legge dello show business, Cesare Andrea intuì che il cinema sarebbe stato un medium promozionale di enorme importanza per  la musica leggera e in generale le creazioni musicali. Ma la sua figura di gigante della canzone italiana e dell'industria musicale gli permise anche di comportarsi come assoluto protagonista della nuova stagione del film sonoro, che in Italia muoveva i primi passi grazie alla Cines di Stefano Pittaluga. “Occorreva investire nella musica per film – scrive Venturi –, editando in proprio le creazioni di successo commissionate dalla Cines”, e fu così che il compositore raggiunse un potere contrattuale oggi invidiabile, ovvero la cessione dei diritti di sfruttamento delle sue canzoni per film. Dopo la seconda Guerra Mondiale, Bixio partecipò come autore ad alcuni Sanremo, ma ormai l'Italia non era più quella degli anni Venti, Trenta e Quaranta e nell'ultimo periodo della sua vita tornò a comporre canzoni in napoletano, concedendosi così un meritato commiato dalle scene con un ritorno alle origini. Il volume di Venturi è corredato, come dicevamo, da un'ottima appendice che presenta, oltre all'intervista al figlio Fanco Bixio, anche la filmografia completa dell'autore e un elenco dei documenti d'archivio rinvenuti presso la Mediateca Rai di Milano.

 

 

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