L’uomo dalla pistola d’oro

cover_uomo_dalla_pistola_oro.jpgAngelo Francesco Lavagnino
L’uomo dalla pistola d’oro (1965)
GDM MUSIC 4111
23 brani - durata: 52’55’’

 

Negli anni ’50 iniziarono ad essere prodotti molti film italiani nella vicina Spagna, a quel tempo molto più conveniente per i produttori italiani rispetto all’Italia e agli studi di  Cinecittà.

Si trattava di coproduzioni che potevano essere maggioritarie o minoritarie e che negli anni a cavallo tra il 1965 ed il 1966 fecero raggiungere la cifra record di 167 titoli, che venivano prodotti anche con il sostegno di finanziamenti statali, a cui era possibile accedere soltanto rispettando complicate leggi e norme. Tra questi film anche questo particolare spaghetti western diretto da Alfonso Balzacar (regista e produttore insieme al fratello di un numero discreto di pellicole in quegli anni). È la storia di Doc “Manos de Plata”, un medico che non valeva gran ché come professionista, e che dopo aver assistito all’omicidio di un famoso e temuto pistolero, detto appunto l’uomo dalla pistola d’oro, pensò di rubarne l’identità e di presentarsi nella città di Baldosas spacciandosi per lui. Tutti gli abitanti della città lo salutano come l’unico uomo in grado di difenderli dalle angherie del sindaco e delle bande criminali che imperversano nella zona. Soltanto Slade, un bounty killer, sospetta qualcosa, ma lavorerà al suo fianco per rimettere ordine nella cittadina. Le scene sadiche e violente sono più numerose che in altre pellicole dello stesso genere, e non sfuggirono all’attenta censura spagnola. La musica del Maestro Lavagnino risulta essere ben costruita e capace di descrivere e suggerire con suoni e atmosfere riconoscibili, chiare, un racconto che ha il sapore del viaggio. Il tema iniziale “Golden Gun” torna in modo circolare, in una versione vocale nei titoli di testa, strumentale dopo, due volte, e chiude infine la OST sempre con la versione vocale.
L’aspetto divertente dello score è che ad un ascolto della musica non accompagnata dalle immagini del film, consente comunque di immaginare una storia fatta di quadri sonori, capaci di evocare momenti carichi di tensione e pericolo, che si alternano ai fumi, alle risa, ai balli del saloon in modo perfetto per poi tornare al ritmo del galoppo di purosangue e mustung che si lanciano in corse, sempre composte e controllate, come i cowboy che li cavalcano, per spazi grandi e deserti.
Nel tema principale e negli arrangiamenti curati nei dettagli e dal sapore acre di polvere e sudore si ritrova il mondo del western, le sue sonorità pensate e rese in modo originale e al tempo stesso immediato, riconoscibile. Ben riuscito l’impiego di dissonanze “morbide” e delle percussioni utilizzate per rendere un certo sentimento di paura e tensione insieme che è ricercato come motore sempre mobile dell’azione e a cui fa da contraltare il tema principale che sa farsi, a volte, canto, persino romantico. Questo non è certo l’unico dei lavori per il cinema western all’italiana del maestro ligure, autore, tra le altre, anche delle colonne sonore de Il Bandolero stanco di F. Cerchio con R. Rascel e de I due sergenti del generale Custer, di G.C. Simonelli con Franco e Ciccio –  il secondo film che contaminava il genere western con la coppia comica siciliana dopo il successo di Due mafiosi nel Far West. E anche in questo caso, come in tanti suoi lavori legati al viaggio, all’esplorazione, sembra abbia voluto prestare attenzione ai suoni, ai ritmi dei luoghi che ospitano l’azione per poterli reinventare e fare nuovi.


 

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