I mostri/ Il Gaucho
Armando Trovajoli
I mostri/ Il Gaucho (1963/1964)
GDM Music 2072
13 brani (I mostri) – Durata: 24’86’’
12 brani (Il Gaucho) – Durata: 28’45’’
Twist, ballate incalzanti, blues, allegretti e ritmi jazzati, sono la perfetta fotografia di un popolo (quello italiano) in fase di cambiamento dopo il così detto “miracolo italiano”).
Armando Trovajoli si trova a dover scrivere partiture musicali le quali sottolineano il comportamento di un certo tipo di società che sta diventando sempre più laida, capitalista, furba e cinica. Tutto messo in versione comica dalla macchina da presa di Dino Risi, il quale riesce (insieme agli interpreti Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi) a restituire ne I mostri un’immagine decisamente chiara di un Italia in piena mutazione socioculturale. Ciò che viene fuori è un perfetto mosaico cinico, crudele (spesso melanconico e disperato) e senza dubbio divertente che, nonostante tutto, lascia l’amaro in bocca. Il lungometraggio si esprime con la stessa intensità della colonna sonora, entrambi strizzano l’occhio a un’atmosfera comica che molto spesso diventa inquietante, spietata e triste. All’interno di ogni brano la ritmica è scandita dalle azioni dei personaggi che, in ogni episodio, puntano il dito contro un certo tipo di società che li ha resi tali. “Samoa Tamoure”, “Mostri Twist”, “Mostri Blues”, “Burlesque”, “Luna park”, “La nobile arte”, “Kriminal mood”. Una satira graffiante senza un minimo di forzatura o indulgenza, non risparmia nessuno. Ogni partitura si prende gioco dello spettatore il quale incredulo, divertito e perplesso si sente un perfetto complice (e vittima al tempo stesso) di un mondo che (anche lui) ha contribuito a creare. Ma alla fine poi, diventa tutto normale anche ciò che non lo è. L’Italia descritta ne I mostri da Dino Risi e Armando Trovajoli non è altro che un’estensione (o meglio un evoluzione!) di ciò che stiamo vivendo oggi, dove il ridere sta diventando sempre di più un modo per far finta di non capire.
Atmosfere latine a ritmo di samba dall’animo profondamente nostalgico e passionale in Il Gaucho. Questa partitura ci porta in una dimensione sospesa fra un sentimento di profonda nostalgia per la propria terra (ormai lontana) e la voglia di sentirsi (nonostante tutto) pieni di vita, lasciandosi alle spalle tutto ciò che preoccupa di più. Gli archi e i violini assieme alle percussioni fanno da elemento melodico portante, dando al film un’immagine leggera, lieta, di pura evasione e divertimento: “La cumbia de Manuela” e “Arrivo all’aeroporto”. La colonna sonora si affianca morbidamente a questo lungometraggio (diretto da Dino Risi), sottolineando la natura nostalgica per l’Italia di un emigrato che è riuscito a fare fortuna e di un altro (invece) che è rimasto un poveraccio. Armando Trovajoli si diverte (magistralmente) a giocare con ritmi che vanno dalla samba al tango, dalla tarantella (in versione latinoamericana) alle melodie popolari argentine. Tutto si colora di malinconia e comicità: “Gaucho tango”, “Terra del sol”, “Tarantella fuga”, “Cumbia party”. Regia e sceneggiatura riescono a farci percepire perfettamente gli aspetti più nascosti del nostro cinema, restituendo così un’immagine di “compiaciuta cattiveria”. Vittorio Gassman realizza una delle sue migliori interpretazioni di “impunito cialtrone”, lasciandoci con il sorriso fra le labbra e un po’ di nostalgia negli occhi.