Solamente nero

cover_solamente_nero.jpgStelvio Cipriani
Solamente nero (1978)
Digitmovies CDDM099
35 brani – Durata: 41’42’’

 

Antonio Bido, nel 1978 quando ormai il genere del giallo all'italiana sembrava destinato a scomparire del tutto trasformandosi in qualcosa di diverso, diresse il suo secondo lungometraggio Solamente Nero, le cui musiche in un primo momento erano state affidate ai Goblin.

L’opera di Bido, che segue il successo ottenuto con Il Gatto dagli occhi di giada, contiene al proprio interno molti elementi che rimandano ad altri importanti film di quegli anni. Forse la presenza di Lino Capolicchio, protagonista della pellicola, basta da sola a ricordare La casa dalle finestre che ridono (1976) di Avati, anche perché ancora si troverà alle prese con preti e oggetti d'arte, come il quadro che nasconde la soluzione del mistero e che rimanda ad un altro classico L'uccello dalle piume di cristallo (1970). La filmografia del Maestro romano sembra essere ben presente al giovane Bindo che suggerisce allo spettatore punti di contatto con capolavori come Profondo Rosso (1975) attraverso la presenza delle bambole (soprattutto di quella impiccata), e che aveva pensato ai Goblin, anima musicale di Dario Argento in quegli anni. In realtà Bido ricercava per il suo film delle sonorità diverse, distanti sia dalle scelte fatte per l’opera di esordio, che da quelle che  Simonetti e gli altri componenti del gruppo avevano operato lavorando con Argento, ma riconosceva nei Goblin  un interlocutore comunque privilegiato.
Pur avendo iniziato a lavorare sul progetto i Goblin però non realizzarono, come sappiamo, la colonna sonora perché la loro casa discografica non trovò un accordo con la produzione. Il regista si rivolse così a Stelvio Cipriani, e in lui scoprì l’artista capace di leggere nel modo giusto la storia e la pellicola costruendo una atmosfera sonora in cui elementi melodici e ritmici si fondono per sottolineare il senso di sospensione, circolarità, spaesamento vissuti dal protagonista. Venezia e i piccoli paesi della laguna che ospitano il film sono spazi ambivalenti in cui luci e ombre si rincorrono, si alternano, così come i suoni scelti da Cipriani sono ora luminosi e piani, ora duri e freddi. Il suono di una fisarmonica o di un pianoforte si alternano a suoni elettronici, chitarre, batterie. Non manca ovviamente l’organo, e l’utilizzo di strumenti elettronici è spesso accompagnato dalla presenza di strumenti acustici proprio a sottolineare quel senso di ambiguità e tensione che corre per tutto il film. Sono riconoscibili almeno quattro o cinque temi distinti che vengono utilizzati anche in funzione di sostegno alla struttura narrativa, in funzione di parafrasi del testo filmico con forti effetti di congruenza sinestesica ed espressiva, come è proprio del genere. Quello che caratterizza l’intera OST è comunque una certa  attenzione alla costruzione melodica, tipica del suo autore, che ci fa apprezzare brani come quello intitolato “La fattucchiera” con il suo finale che sembra spegnersi come una fiamma innaturale, e che rappresenta per certi versi la forza di questo lavoro. Per concludere una piccola curiosità, di questa tendenza di Cipriani alla valorizzazione della dimensione melodica si era reso conto anche il regista e di questo era un po’ preoccupato. Per questa ragione si scelse di far eseguire tutte le musiche ai Goblin, che diedero così il loro contributo al film lavorando in stretto contatto con Cipriani e il regista stesso che di questo lavoro fu felice, come ha avuto modo di ricordare in occasione dell’uscita di questo CD. Da conservare.

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