Covid-19: Ground Zero
Marco Valerio Antonini
Covid-19: Ground Zero (Id. – 2022)
Produzione indipendente
16 brani – Durata: 34'00"
La cosa che ci viene più facile nella vita è dimenticare per non cadere nel baratro della tristezza perenne e della depressione costante, ed è un atteggiamento egoista ma comprensibile perché, se no, si rischia di non andare avanti. Citando una parte del testo della struggente canzone-tema portante del film di Tornatore Una pura formalità (1988) scritta da Andrea Morricone e interpretata da Gérard Depardieu: <<Ricordare, ricordare è come un po' morire, Tu adesso lo sai, Perché tutto ritorna anche se non vuoi - E scordare, e scordare è più difficile, Ora sai che è più difficile, Se vuoi ricominciare>>.
Quindi, bisogna ricordare, anche se si muore un po' dentro, per tenere ben salda la memoria e non incappare nei medesimi errori (soprattutto quando questi creano stragi e orrori indicibili – vedi la Shoah) e rifarli ciclicamente. Scordare per ricominciare ma sapendo di farlo con la cognizione di non dover più ripetere certi sbagli. Tutto questo discorso introduttivo, forse tortuoso, solo per marcare il fatto che adesso sembra che la pandemia sia un fatto sconvolgente oramai superato e lontano nel tempo ma così non è e dobbiamo ‘ricordare’ di essere sempre vigili e casomai ‘scordare’ le sue brutture per proseguire ma con intelligenza e lucidità tali da non doverne ripetere gli accadimenti nefasti che ci hanno sconvolto l’esistenza e lasciato segni indelebili addosso.
Quindi, ancora una volta, questo film Covid-19: Ground Zero è necessario – come ebbi a dire nell’intervista fatta a suo tempo all’eccellente compositore delle musiche originali Marco Valerio Antonini (Loners) e a sua moglie Elena Maro, autrice della canzone dei titoli di testa, che trovate qui: https://www.youtube.com/watch?v=epeAiiZx324 – perché solo la memoria può insegnarci a sopravvivere, seppur questa può straziarci l’anima e renderci in quell’istante deboli; in verità rafforzandoci a proseguire il nostro cammino con il giusto intendimento.
Covid-19: Ground Zero è una pellicola importante, che bisogna vedere e assorbire perché narrante fatti realmente accaduti, seppur romanzati filmicamente grazie ad una sceneggiatura forte e toccante, scritta dal regista Mustafa Ozgun e dall’attrice protagonista Laura Weissbecker, ambientati a New York nei primi mesi della comparsa dello stramaledetto virus, quando ancora le notizie erano discordanti e tutto veniva comunicato confusamente, anche per merito di una campagna demistificatoria e folle dell’ex presidente (per fortuna!) degli Stati Uniti Donald Trump che addirittura diceva di non preoccuparsi perché il virus non avrebbe ‘toccato’ gli americani. L’intensa e bravissima Laura Weissbecker nel ruolo di un’infermiera newyorkese, innamorata del suo fidanzato interpretato dall’altrettanto egregio Cyril Durel, affronta la sua durissima lotta contro il Covid, avendolo contratto in ospedale, in un’escalation angosciante e assai commovente, anche grazie all’ottimo score di Antonini che sa come toccare le corde più emotive ma senza strafare e cadere in un certo manierismo musicale mieloso proprio dei commenti di questa tipologia di storie sul grande e piccolo schermo.
“Fighting the Virus” apre l’album digitale e delinea alla perfezione lo stato d’animo di una donna prima che infermiera che scoprirà a sue spese cosa significhi questo Covid: archi sottesi, piano in levare a cadenzare l’angoscia, synth atmosferici da incubo e arpa che ne smussa l’ombrosità. “New York is Tough”, seconda traccia, è l’original song composta da Elena Maro, cantata dalla voce candida della Weissbecker e dalla robusta voce maschile di Brennin Hunt, inno pop-rock a tutti i caduti del Covid a New York nei primi mesi di Pandemia e in realtà sorta di ballad della speranza che non deve spegnersi mai. “Taking Care of You” per solo piano e archi in controcanto nella seconda parte, è il leitmotiv che dona spazio a tutta quell’emozionalità insita in noi ma che facciamo fatica certe volte ad esprimere, pertanto chi meglio della musica per svelarne ogni cellula nascosta. “Lost Goodbye (Dedicated To All First Responders)” racchiude ogni sentimento, ogni struggimento e ogni grido di dolore in un potente (per intensità) adagio (di cui potete vedere l’esecuzione orchestrale nella video-intervista di cui sopra) che non vi nego induce alla commozione ascolto dopo ascolto, con quel suo appropriato mix tra archi, piano e synth. Un attimo di relax con la dolcezza enfatica di piano, effetti sintetici e archi in “Back from Work” con chiosa adombra. “This is It” punteggia con piano e sintetismi alienanti, su ritmiche action anni novanta e archi in contrappunto, il sopraggiungere di qualcosa che non sai (o non vuoi) spiegarti. “Duty” è un lungo tappeto sintetico oscuro sul quale si staglia una tastiera che accenna un tema e poi archi sottesi e arpa ondulatoria in controcanto; il tutto infranto dagli archi stessi che si fomentano e il piano che accenna il tema portante, contrastato ancora dal crescendo allertante degli archi. “Outbreak” è un succedersi di sensazioni inconciliabili con quel piano, arpa, modulazioni ritmiche in levare, fiati che cantano il tema dolcemente, archi accorati, synth preoccupanti (appare come un pezzo alla James Newton Howard per i film d’azione anni ’90). “On the Frontline” è una traccia concitata ad esporre una sequenza altamente tensiva e destabilizzante; pura adrenalina con l’orchestra al cardiopalma che viene smorzata sul finire dal sopraggiungere del consolatorio tema principale su tappeti sintetici tetri, nuovamente alleggeriti dagli archi, il piano e l’arpa, elementi strumentali portanti di questa OST dai tratti più che definiti: straniamento, paura e attaccamento si combattono e nutrono a vicenda nel raccontarci una storia che non è stata un caso isolato, anzi rivelatoria di tanta umanità e in special modo di coppie che hanno rischiato di crollare inesorabilmente ma che quella cosa misteriosa denominata Amore è riuscita a sorreggere e spingere oltre – il film si è aggiudicato un premio come miglior pellicola al Festival De Cine y Cortometrajes Sant Andreu de la Barca Y Premios Oriana –. “Smoke Screen” per piano solo è un accorato urlo alla vita, supportato da centellinati sintetismi atmosferici a farne da cornice sonora lieve ma anche penosa. “Dedication”, altra pagina agitata precede “Turning Point” che alterna momenti vividamente romantici e sospesi a tetri e iniziali turbamenti. “Plastic Wrap” si eleva come pagina pastorale nel suo incipit per poi, con quel piano addolorato alla Dave Grusin, gravarsi di quel sentimento che è un misto di amore indissolubile e resa incondizionata. “Chatarsis” con archi, piano e arpa all’unisono in un crescendo in cui prevale oscurità, abbattimento e appunto una catarsi senza fine: strazio e dolcezza al contempo. In “The Best Decision (Love Theme)” tuona in tutta la sua intimistica bellezza il leitmotiv d’amore con gli archi in un’esecuzione davvero rigogliosa e avvinta. Chiude l’album “Wake Up”, ennesimo affranto adagio desolante ma in nuce speranzoso e un grido di speranza che non deve avere mai termine. Mai.