El laberinto del fauno

El laberinto del faunoJavier Navarrete
El laberinto del fauno (Il labirinto del fauno, 2006)
Milan 399 060-2
21 brani – Durata: 73:57



Dopo i fasti dei comic book movie Blade 2 e Hellboy, il regista Guillermo Del Toro torna alle sue origini firmando un piccolo gioiello: Il labirinto del fauno. Acclamato da pubblico e critica (vincitore di ben 3 premi Oscar) di tutto il mondo, il film è una sorta di “Alice nel paese delle meraviglie” che mescola visionarie suggestioni fantasy ad una forte coscienza storica e civile (il film è ambientato durante gli ultimi giorni della Resistenza spagnola contro il regime franchista nell'immediato dopoguerra). Per il commento musicale, il regista messicano si è rivolto al compositore spagnolo Javier Navarrete (col quale aveva già collaborato nel 2001 in La spina del diavolo), che ha risposto raccogliendo le suggestioni del film attorno, soprattutto, ad una idea musicale. Tutta la partitura si snoda e si dipana a partire da una malinconica ninna nanna (“Hace mucho, mucho tiempo”) affidata a pianoforte, violino e voce bianca solista. La triste melodia (che a dir la verità riecheggia il tema di Assassinio sull'Eiger, una partitura poco ricordata di John Williams del 1975) è il centro nevralgico della composizione di Navarrete, diventando così il generatore di gran parte delle pagine (“El laberinto”, “La rosa y el dragon”) di questo sontuoso ma sorvegliato score. Il tema ritorna infatti in differenti guise nel corso di tutto lo score, ora eseguito dal violino o dal pianoforte solo (“Nana de Mercedes”), ora trasformato in un tragico valzer (“El hada y el laberinto”). Il compositore poi è molto attento a dipingere l'aspetto fantastico della vicenda attraverso una serie di colori orchestrali in cui primeggiano soprattutto legni di ispirazione herrmanniana (“El arbol que muere y el sapo”), interessanti tessiture corali (“El que es no humano”), in taluni casi piegate anche alla dissonanza e all'effetto orchestrale (“El libro de sangre”, “El que es no humano”). Un'altra idea di rilievo, forse ancor più della ninna nanna, è il nostalgico tema che sentiamo per la prima volta in “El refugio” e in “El rio” e che poi ritorna nelle belle pagine “El funeral” e “Mercedes”. Tutto lo score è pervaso da un animo mesto, cupo e quasi struggente (come dimostrano le pagine finali “Ofelia” e “Una princesa”), che dà alla composizione una personalità molto particolare ed originale. L'unica nota stonata (è il caso di dirlo) è nell'esecuzione non proprio brillante della City of Prague Philharmonic (in particolar modo l'intonazione imprecisa della sezione degli ottoni), diretta da Mario Klemens: probabilmente i limiti di budget della produzione non hanno dato la possibilità di curare la concertazione in modo preciso, come non di rado accade nelle produzioni europee, ma è un peccato che la pregevole scrittura di Navarrete non sia stata messa pienamente in risalto da una degna performance orchestrale.

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