Dragonball Evolution
Brian Tyler
Dragonball Evolution (id. – 2009)
Varese Sarabande 302 066 954 2
23 brani – durata: 60’46’’
In un periodo ricco di produzioni cinematografiche di personaggi ispirati a fumetti e serie animate non poteva mancare Dragonball, celebre manga e animè di origine giapponese che ha affascinato intere generazioni di giovani appassionati.
Il film, diretto da James Wong (Final Destination, The One), si fregia della colonna sonora composta e diretta da Brian Tyler, autore sempre più presente tra le pellicole commerciali, i blockbuster e le grandi produzioni di Hollywood cariche di effetti speciali.
L’artista, alle prese per la prima volta con una trasposizione cinematografica di un fumetto o film d’animazione, si trova a doversi confrontare con un prodotto che, seppur fortemente occidentalizzato, possiede una natura differente dagli action-movie e i film horror a cui è solito dedicarsi.
Questo cambio mette in luce tanto le sue buone doti artistiche quanto quelle pecche ricorrenti che, inserite in contesti differenti, risultano meno evidenti e quindi non troppo gravi nella resa finale dell’opera.
D’altra parte Dragonball è una serie animata che da oltre 20 anni viene trasmessa in TV, e vista la spiccata personalità dei singoli personaggi che nel corso degli anni sono stati delineati sempre con maggior precisione, non è possibile affidarsi completamente ad un metodo d’approccio che già nell’ambito dei thriller e horror cominciano ad accusare qualche colpo, a causa di soluzioni un po’ troppo abusate.
Brian Tyler affida il tema principale, esposto nei brani “Dragonball Evolution” e “Dragonball Evolution Main Titles”, ad una costruzione molto ricorrente nella sua produzione, caratterizzata da prorompenti ritmiche interpretate dai timpani ed arricchite da una buona varietà di percussioni, sopra le quali gestisce un movimento tematico dall’incipit assai simile ai temi principali di Timeline, The Hunted o Darkness Falls.
L’artista riesce comunque a gestire bene il tutto grazie ad un arricchimento della paletta timbrica piuttosto convincente, che da spazio sia ad una scelta abbastanza ampia di percussioni, sia ad un incastro tra il coro e le varie sezioni orchestrali che esprimono con un gusto massiccio e drammatico la natura apocalittica della pellicola.
Fortunatamente questo è forse l’unico movimento, nella sua comunque innegabile importanza, ad accusare lo stile un po’ ripetitivo del musicista; infatti lo sviluppo della partitura vera e propria contiene una serie di situazioni musicali e costruzioni molto interessanti, che guardano tanto alla sua produzione dagli inizi fino ad oggi quanto a nuove sponde forse mai toccate prima.
A dimostrazione di ciò basti pensare a brani come “The Legend”, il quale risulta essere particolarmente interessante e seducente grazie ad una costruzione crescente che esplode in un trionfo d’insieme molto potente, o meglio ancora alla variegata “Fulums”, nella quale risaltano le intenzioni dell’egregio compositore di scrivere musica molto più personale rispetto al suo solito, conferendo alle costruzioni tematiche, agli incastri ritmici e all’orchestrazione una cura più attenta, e interrompendo per un momento la sua solita abitudine di portare avanti passaggi formati da grossi blocchi monolitici, favorendo invece la combinazione d’incastri piuttosto brevi, organizzati su di una base di supporto comune, che alterna scritture melodiche, sessioni ritmiche che passano da maestosi timpani a pungenti percussioni e numerose presenze di strumenti differenti, variando le interpretazioni andanti per archi agli strappi degli ottoni, in alcuni punti rafforzati da una quasi impercettibile presenza di chitarra elettrica.
Altro elemento da tenere in considerazione è una buona ricerca del singolo, che seppur ricalcando i classici stilemi della sua scrittura più ricorrente, riesce ad esprimere avventura ed eroismo attraverso temi esposti da sezioni isolate.
Tyler affida poi gran parte della musica di puro commento ad un leitmotiv per archi che ricalca un po’ le scelte ormai più che consuete per il film di fantascienza o ambientate nello spazio, che in alcune soluzioni di “Kaiou Samma” riportano alla mente il sapore di Independence Day, composto da David Arnold.
“Goku”, nel suo essere forse un po’ deludente rispetto alle aspettative, in parte pecca come tema del personaggio, ma al tempo stesso gode di una scrittura in cui mai prima d’ora l’artista si era cimentato: una costruzione tematica e ritmica cucita sui movimenti del combattimento che commenta, quasi una sorta di mickeymousing moderno, dal quale traspare grande attenzione e sincronizzazione con le immagini, ben impastato però di quello stile personale che riesce a fondersi con un metodo d’approccio sicuramente nuovo per il compositore.
D’altra parte Tyler si rivela molto più a suo agio nelle costruzioni drammatiche e prorompenti di brani come “Master Roshi” o “Mai Vs Chi Chi”, entrambi manifesto dei suoi incastri action-eroici migliori, ma lodevole è sicuramente l’impegno che l’artista mette nello sviluppo di un qualcosa che cerchi il legame, il punto di contatto con la serie animata originale: “Chasing Dragonballs”.
Il brano, completamente elettronico, vede un massiccio impiego di batteria campionata, chitarra elettrica ed una presenza di effetti sintetici che richiamano molto alla mente il gusto fanciullesco, quasi videoludico della serie originale, fornendo finalmente quell’elemento che gli appassionati dell’animè si aspettano, ovvero uno sviluppo musicale che metta in evidenza tanto la grandiosità dei combattimenti e degli effetti speciali quanto la vena ironica, avventurosa e a tratti anche demenziale che da sempre caratterizza Goku e i suoi inseparabili compagni. Questa soluzione torna ad assumere un aspetto ancora più interessante in “Body Work”, dove Tyler non solo ripropone il simpatico movimento con una serie di arricchimenti timbrici differenti, ma lo integra ad una costruzione per percussioni ed orchestra, che genera un risultato finale molto piacevole e convincente sotto tutti i punti di vista.
Il pezzo “Battle”, composto da 6 lunghi minuti di costruzione action-eroica muscolosa, prorompente e carica di sfumature stilistiche personali, racchiude una serie di situazioni musicali, costruzioni tematiche, incipit marziali, presenze corali e timbriche in parte già conosciute durante l’ascolto dell’album, unite ad un arrangiamento più cupo e vigoroso delle stesse e a soluzioni molto variegate, che spaziano tra gli incisivi istanti con ostinati e strappi d’orchestra, intervallati da trionfi di timpani, nella parte iniziale del brano, a temi eroici ed epici, in cui la sezione dei corni fa la sua comparsa interpretando il leitmotiv portante dell’intera partitura.
Brian Tyler compone una colonna sonora che per molti versi esprime numerosi elementi della sua crescita artistica. Egli si confronta infatti con un approccio che mai prima d’ora aveva affrontato, costruito non tanto sui temi vigorosi e prorompenti che è solito gestire, quanto sullo sviluppo di commenti molto attenti a seguire i fatti che avvengono nella pellicola evidenziandone passaggi, azioni e situazioni; particolarmente convincente è la cura timbrica, che fornisce nuova luce ed interesse ai suoi standard.
Da apprezzare poi l’intenzione di sviluppare sia pagine dalla vena romantica che si staccano dalla banalità del classico arpeggio o melodia per archi, generando una costruzione particolarmente colorata in “I Dream of Chi Chi”, sia situazioni musicali atte a creare un indiretto contatto con la serie originale, fornendo quei sapori e quel carattere videoludico e spensierato che ha sempre contraddistinto l’animè nipponico.
La potenza e il vigore penetrante del tema principale restano le uniche pecche evidenti della OST, non per il carattere stesso del movimento, quanto per l’eccessiva somiglianza con altre partiture di questo autore. Tuttavia il lavoro svolto nel resto della composizione è innegabilmente buono, magari differente da ciò che ci si aspetta per commentare una figura ben delineata come Goku e le sue avventure, ma meritevole sia dal punto di vista tecnico che da quello compositivo.