The Hurricane Heist

cover hurricane heistLorne Balfe
Hurricane – Allerta uragano (The Hurricane Heist, 2018)
Filmntrax Ltd. Records
14 brani – Durata: 40'15”

Il disaster movie, o cinema catastrofico, è sempre stato una palestra particolarmente fruttuosa per compositori decisi a mostrare i muscoli, tanto nelle sue varianti aviatorie (Airport e seguiti) che in quelle climatologiche (terremoti, uragani, valanghe, eruzioni vulcaniche, glaciazioni), passando ovviamente per incendi di grattacieli (da L'inferno di cristallo all'attuale Skryscraper), naufragi di piroscafi (Titanic su tutti), disastri in galleria, treni sfreccianti verso il baratro, e quant'altro, comprese vere e proprie fini del mondo, come insegnava (fortunatamente smentito) il 2012 di Roland Emmerich...

 Se però risaliamo alle sue origini, pur senza necessariamente arrivare sino alla preistoria del cinema ma fermandoci ad un quarantennio fa, ricordiamo doverosamente che a fare da apripista fu il nume tutelare di John Williams con un trittico di partiture (L'avventura del Poseidon, L'inferno di cristallo, Terremoto, tutte degli anni '70 e precedenti l'Oscar de Lo squalo e l'esplosione di Star Wars) in cui il maestro newyorkese dimostrava come si potesse aderire all'epica apocalittica e angosciosa di situazioni “al limite” senza necessariamente forzare i toni in direzione fracassona ma al contrario seguendo ansiosamente e con partecipazione palpitante le vicissitudini dei vari protagonisti coinvolti, con una drammaturgia e una “sceneggiatura” musicali di indimenticabile e coinvolgente potenza.
 Da allora acqua sotto i ponti, nonché dal cielo e dagli oceani, ne è arrivata tanta: ma per rimanere al sottocapitolo “uragani & C.” potremmo risalire addirittura al 1937, anno in cui il re del western John Ford realizzò appunto il suo Uragano, un melodramma avventuroso in cui la furia finale degli elementi svolge funzione prettamente catartica, su musiche di un Alfred Newman nemmeno accreditato nei titoli! Non sarà poi forse un caso se proprio il grande compositore di New Haven, capostipite di una gloriosa dinastia cinemusicale, firmerà poi nel '70 poco prima della scomparsa la splendida, nervosa e modernissima partitura per Airport di George Seaton, primo capitolo di un lungo ciclo e filone sconsigliati a chi ha paura di volare...
 Ma per restare agli uragani, ricorderemo anche il remake omonimo del film di Ford consegnato nel 1979 dallo svedese (per l'occasione americanizzatosi) Jan Troell, con una sontuosa e drammatica score del nostro grande Nino Rota: anch'egli qui al suo congedo dal mondo, a dimostrazione che forse il genere non porta proprio benissimo ai suoi musicisti...
 Hurricane – Allerta uragano di Rob Cohen induce però ad un altro possibile raccordo: si tratta infatti della storia di un tentativo di megarapina da 600 milioni alla Zecca di Stato che un gruppo di malviventi mette in atto pensando di approfittare della concomitanza con un uragano di classe 5 (la più devastante secondo la scala Saffir-Simpson). Il che ci ricorda il fulminante action-meteo-thriller del '98 Pioggia infernale di Mikael Salomon, dove la banda di Morgan Freeman assaltava il portavalori Christian Slater durante una violentissima tempesta, il tutto accompagnato da una delle più selvaggiamente grandiose partiture di Christopher Young.
 Diciamo invece subito che Lorne Balfe sembra qui lasciarsi pericolosamente tentare da uno stile “spaccatutto” che aveva già esperito l'anno scorso nel “cata-climatico” Geostorm di Dean Devlin, senza lasciare tracce particolarmente memorabili. Si sente infatti aria (anzi, tornado) di Brian Tyler o Junkie XL, se capite cosa intendiamo: percussioni rinforzate a raffica (“The compound”), ostinati martellanti su una nota sola (“In on it”), abdicazione quasi programmatica a tematismi di sorta, rinuncia in partenza ad un'identità musicale come invece era avvenuto per 12 Soldiers. Ed è un peccato, perché la prima parte sia di “Hurricane Heist” che di “Brothers” ci raccontano invece un altro clima, più composto e raccolto, con lunghe frasi meditative degli archi e dolorosi cenni di melodie che però vengono subito abbandonate.
 C'è però un problema tecnico-estetico in questi film che rende la vita difficile a qualsiasi per quanto dotato compositore: ed è, semplicemente, quello di riuscire a farsi sentire sovrastando le montagne di decibel della colonna rumore ed effetti. Il che spinge i musicisti ad una assordante gara a “chi ce l'ha più lungo” con i tecnici del suono, che si risolve spesso in un'emicrania dello spettatore. Il guaio è che poi, all'ascolto degli album, non sempre il gioco valeva la candela: ci si rifugia allora in oasi di pace non particolarmente geniali ma comunque rasserenanti e anticonformiste come “Follow me”, con il suo timido pianoforte e gli effetti “atmosferici” quasi da sospiro della natura, In realtà tutte le tracce dell'album iniziano – ed è un tratto caratteristico dello stile di Balfe – in apparente pacatezza, promettendo una concentrazione melodica e una sobrietà di eloquio che però di rado (“The garage”) vengono mantenute, lasciando rapidamente il posto agli abituali crescendi schiaccianti e alle solite raffiche elettroniche. Qualche episodio, come il misterioso ed evocativo, quasi fantascientifico “The Rutledge boys go to work”, fa eccezione, lasciandoci immaginare come sarebbero potute andare le cose magari con un regista musicalmente più esigente o una storia psicologicamente più coinvolgente; ma è evidente che se l'input è soltanto quello dell'azione, delle scariche di adrenalina e della furia degli elementi, miracoli non ne fa nessuno.
 E così, anche “The chase”,“Final showdown” e “The storm” sfilano chiassosamente facendo il proprio ripetitivo dovere senza che emergano elementi in qualche modo memorizzabili. La sensazione di fondo, conoscendo altre prove recenti del compositore britannico, è quella di un gran spreco di energie e di talento. Intendiamoci: per funzionare funziona, nel suo contesto. Ma è la classica montagna che ha partorito il topolino: o se si preferisce, la tempesta che partorisce una pioggerellina...

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