Colpo di Stato

cover colpo di stato marchettiGianni Marchetti
Colpo di Stato (1969)
Beat Records Company BCM 9565
34 brani - durata: 54'20"



Fantapolitica o geniale intuizione profetica? Colpo di Stato, girato da Luciano Salce nel pieno dei fermenti contestatari, è una satira al vetriolo sugli aspetti della politica italiana del tempo: l’eterna lotta tra PCI e DC che si inasprisce durante le elezioni, le prone alleanze rispettivamente con URSS e USA, e il trasformismo, il più grave dei vizi della classe dirigente italica. In un’ipotetica Italia del 1972 (quindi in avanti di tre anni rispetto all’epoca del film), il Partito Comunista vince inaspettatamente le elezioni, creando scompiglio e imbarazzo in tutti, Vaticano compreso: i ricchi borghesi fuggono con i loro lussuosi yacht per paura di perdere i loro privilegi, americani e sovietici si preparano alla guerra atomica, gli stessi comunisti italiani non sanno che fare essendo incapaci di rinnegare la loro atavica vocazione all’opposizione.

Alla fine, per paura di alterare i delicatissimi equilibri nazionali ed internazionali, le parti decideranno di comune accordo di dichiarare nulli i risultati (un vero colpo di Stato), adducendo come pretesto un errore tecnico del calcolatore elettronico responsabile del computo dei voti.
Se il film, tanto originale nella struttura quanto scomodo nei contenuti, ha avuto una limitatissima circolazione e mai ha conosciuto un’apparizione nei cataloghi dell’home video, la colonna sonora di Gianni Marchetti è già stata invece pubblicata due volte: la ristampa della Beat Records in oggetto risale al febbraio del 2016 e vanta molte versioni alternative inedite in più rispetto al vecchio vinile della CAM. Il compositore, alle prese col non facile compito di dare sostanza musicale ad una pellicola che nasce come un’inchiesta per poi diventare racconto, ha impostato il commento lungo tre piani paralleli: uno definibile colto, uno pop(olare), uno di contingenza. Il primo, maggiormente complice dello spessore caricaturale del film, è sviluppato da un coro dʼopera in costume (diretto da Piero Carapellucci) che, come quello di una tragedia greca, adotta il punto di vista dellʼuomo comune, ossia di un ipotetico cittadino italiano medio impegnato ad osservare e giudicare la caotica kermesse elettorale, oppure emette responsi oracolari sempre più tragici. I testi dello stesso Salce si muovono sulle arie orchestrali ora eroiche ora melodrammatiche di Marchetti, creando un effetto grottesco. “I folli democratici” è la prima risposta (sui titoli di testa) al profilarsi della stagione del voto: «Questo è tempo di elezioni, / camarille e confusioni, / ma il paese non si brucia / e rinnova la fiducia / al sistema occidentale. / Libertà, democrazia / con un poco di caviale». “Marcia elettorale” mette subito sul tavolo i dubbi dell’elettorato sugli imminenti scenari: «Chissà cosa ci porta / la nuova società: / forse dolori e lacrime / o forse ilarità». Continua poi “Fratelli elettori”: «Sono gli ultimi momenti, / persuasioni, accertamenti, / interviste, discussioni, / fiati mozzi, previsioni; / mancan solo poche ore, / la parola all’elettore». Da “Il drammone” si sprigiona un cupo scetticismo sulla tecnologia con riferimento al cervello elettronico che dovrebbe ratificare i risultati delle consultazioni: «Né posso nutrire fiducia / nella macchina infernale; / da essa nascerà il pianto / per lʼantica italica terra». Riascoltato oggi, il recitativo di “Iliade 2001” suona terribilmente presago di quello che avverrà nel nostro paese nel corso degli anni di piombo: «Terra di Ascanio, / terra di Romolo e di Cesare, / terra di Dante e Michelangelo, / terra di Manzoni e di Leopardi, / la sciagura sta scendendo su di te / con la sua nera coltre / di paure e di dolori!». E in fondo altrettanto realistica (ed attualissima) é la riflessione contenuta in “Apertura dei sette colli” sul gattopardismo nostrano: «Io già sapevo / che nulla sarebbe cambiato / nella cerchia fatale dei sette colli. / Tutto scorre, panta rei [...] / Nulla si distrugge / e nulla si crea / nellʼantica terra di Enea».
Il secondo piano, il meno testimoniato sul CD, é esclusivamente legato alla forma canzone ed include unʼaperta polemica contro il conformismo della televisione pubblica: mentre si profila la vittoria del PCI, la programmazione canora abbandona lʼinnocua tradizione italiana (“Granada”, “La casa bianca”, “Mamma mi moro”) in favore dei canti rivoluzionari ed antiborghesi della sinistra più oltranzista (ad esempio “Se otto ore vi sembran poche”). Sfilano intanto al microfono artisti dell’epoca noti e meno noti: Claudio Villa, Marisa Sannia, Anna Casalino.
La terza ed ultima parte della partitura di Marchetti è ovviamente la più densa e variegata. “I misteri di Roma quasi jungla” è uno studio su percussioni e suoni elettronici che fa da contrappunto alle trame complottiste illustrate nel prologo, un passaggio narrativo fondamentale per capire l’espediente del ‘film ritrovato’: si finge che qualcuno abbia rinvenuto una pellicola commissionata nel 1972 da una grande potenza, «infida e lontana», per mostrare gli effetti sull’Italia e sul mondo occidentale di un colpo di Stato. “Concerto per un nuovo mondo” è un ricorrente e concitato tema pop corrispondente alle sequenze di mobilitazione militare e diplomatica da parte degli americani, allarmati dalla ‘crisi’ italiana e dal rischio di tracollo del sistema della Guerra fredda. La trionfalistica “Un clavicembalo e 35 voci” vorrebbe celebrare l’avvento del comunismo nel Bel Paese con toni avvicinabili a quelli dell’Internazionale, ma fa da sfondo anche all’incongruo sogno ad occhi aperti della moglie di un fanatico militante comunista, la quale spera di poter assaporare presto i fasti di una vita da first lady. “Fughetta per voce e yachts” è  un breve intervento da operetta che sbeffeggia la fuga dall’Italia dei notabili romani, disgustati ed impauriti dalla vittoria dei ‘rossi’. “Una bossa piccola piccola”, per due chitarre, organo elettronico e percussioni, ritrae, in voluto contrasto con l’importanza della svolta storica in atto, alcune scene di mondanità aristocratica. La swingante “Miracolo a Roma”, con clarinetto solista e interventi jazzistici di pianoforte, accompagna con ironia lo sviluppo di una scena d’amore significativamente parallela al probabile mutamento del costumi morali successivo alle votazioni. L’angosciante “Alba di morte” esordisce con un coacervo di suoni elettronici che sfociano in un serie ripetuta di note di pianoforte riverberato e di accordi di chitarra elettrica distorta. Di identico profilo drammatico risulta “Contestatario”, che annovera percussioni ed  interventi vocali di ispirazione tribale. Infine, come pezzo di raccordo, ecco la frenetica “Clavicembalo in corsa” con voce operistica femminile.

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