Avengers: Infinity War

cover avengers infinity warAlan Silvestri
Avengers: Infinity War (Id. - 2018)
Hollywood Records – Digital Download  
30 brani – Durata: 117’00”



Reduce dalla pirotecnica score per Ready Player One di Steven Spielberg, Silvestri colpisce di nuovo con una partitura ancor più movimentata. Ennesimo episodio dedicato ai supereroi della Marvel, Avengers: Infinity War vede i famigerati paladini, da Capitan America a Iron Man, da Hulk a Black Panther, da Vedova Nera a Thor, alle prese con un villain di nome Thanos che intende conquistare l’universo. Ma alla visione della pellicola la sfida più grande – e impari – risulta quella di Alan Silvestri contro gli effetti sonori; fra colpi ed esplosioni, il maestro ce la mette tutta per far emergere la sua musica, con procedimenti già ampiamente sperimentati in capolavori come Judge Dredd o The Mummy Returns: il titanico coinvolgimento di ottoni e percussioni, l’emergere infuocato di fraseggi agli archi, l’ampio uso di ostinati, ma soprattutto quell’eccezionale escursione dinamica che si può dire abbia fatto ormai la storia della musica per immagini.

Oltre a tutto ciò, Silvestri si porta dietro anche il motivo ideato per i Vendicatori in occasione della loro prima avventura insieme (The Avengers di Joss Whedon); ma del suo prezioso contributo all’universo Marvel, l’invenzione tematica risulta uno degli aspetti meno interessanti, come attesta anche il tema, puramente accessorio, scritto per Captain America - il primo vendicatore di Joe Johnston. Così come in quei due titoli, anche in quest’ultimo lavoro il tratto distintivo e insieme la carta vincente è l’eccezionale colore orchestrale, che evoca da subito un senso pesante dell’avventura, anche grazie alle entrate del coro, e che si dimostra capace non solo del solito sfolgorio parawilliamsiano (e tuttavia tipicamente silvestriano), ma anche di picchi dissonanti e financo orrorifici (come in “Travel Delays [Extended]”, dove poi però emerge il fragore percussivo dell’azione pura). Silvestri traduce così il clima apocalittico del film, tra insistiti toni gravi e assordanti deflagrazioni sonore, rinforzandolo talvolta con soluzioni imprevedibili, come lo spuntare del violino solo in “Undying Fidelity”, stemperandolo molto più raramente con aperture miti, come il dolce commento dei legni in “No More Surprises”, che riporta allo “stile pastorale” tipico del Silvestri più posato. Ma in generale anche i momenti meno esplosivi sono tutt’altro che rassicuranti – compreso il mirabile contrappunto per archi di “Porch”, che sembra uscito da un quartetto romantico – e tutto il resto è una vera e propria crestomazia dei modi dello “stile concitato” silvestriano: i lancinanti scarti di semitono di “We Both Made Promises” e “Haircut And Beard”, gli archi in modalità quasi percussiva e i virtuosismi degli ottoni di “Forge”, la rigorosa conduzione delle frasi di “Field Trip”; ogni traccia d’azione ci ricorda la sua consumata abilità nel genere.  
Quest’opera di Silvestri vibra anche di un dilaniante afflato melodrammatico, lontano da quella dimensione meramente decorativa che vige in tante score dello stesso genere, e propulsore invece di una carica epica finalmente avvincente: è quanto accade in “Family Affairs [Extended]”, nella già menzionata “Undying Fidelity” e soprattutto nella seconda parte di “Get That Arm/I Feel You [Extended]”, traccia che, almeno in quanto a pathos, risulta il vertice dell’album; ma prevale un genuino senso di minaccia e pericolo, talora strepitante (“More Power”, pagina in cui poi il coro e i glissandi di arpa riportano ad atmosfere fantasy, o “Charge!”, dove da dissonanze horror si passa a un tripudio del più silvestriano spirito d’avventura) talaltra sottile e persino macabro,  e che sembra non contemplare alcuna ironia, se non quella generalmente sottesa nella scrittura di un musicista per cui la sfacciata adesione a un manierismo così eccessivo – e quasi cinico – è divenuta nel tempo straordinaria cifra stilistica.
Sembra inutile tentare l’analisi esaustiva di una scrittura ricca a tal punto da giungere, almeno in questa versione deluxe di circa due ore, quasi a saturazione completa: la musica, da sola, ribadisce ad ogni battuta la sensazionale impetuosità dell’arte di Alan Silvestri, vero eroe, se può esserci in musica, dell’action.

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