Paul – Apostle of Christ

cover paul apostleJan A. P. Kaczmarek
Paolo – Apostolo di Cristo (Paul – Apostle of Christ, 2018)
Sony Classical 0190758430928
19 brani – durata: 44’46’’

Quando si ascolta la musica di Kaczmarek, la cifra stilistica del compositore polacco è chiaramente distinguibile. L'uso che egli compie della strumentazione classica, a volte ridotta a livelli quasi minimalisti, fa del compositore polacco un musicista unico nel panorama delle colonne sonore. Il substrato musicale europeo distingue nettamente Kaczmarek dal resto dei colleghi impegnati a Hollywood. Fin dalla pregevolissima score di Neverland la sua musica risulta quanto mai distante dalla moda imperante.

Con Paolo, apostolo di Cristo, Jan A.P. Kaczmarek si trova di fronte a una pellicola dalla coloritura religiosa, sforzo nel quale si erano già impegnati grandi compositori del passato (basti pensare a Miklos Rozsa) o anche alcuni musicisti del presente come John Debney, chiamato da Mel Gibson ne La passione di Cristo. Ognuno ha interpretato il cinema religioso in modo proprio, dalla grandezza classicista di Rozsa, all'uso di una strumentazione orientale venata di lirismo di Debney. Kaczmarek, come nel suo stile, elabora una partitura dai caratteri molto ristretti, quasi eterei, con rari slanci di lirismo puro, destinati ad accompagnare le vicende bibliche.
La via sulla quale si avventura il compositore polacco, naturalizzato americano, è visibile già dal primo brano “Love is the only way” dove il piano e gli archi creano un tessuto musicale dalla forte componente meditativa che sarà la cifra stilistica di tutta la partitura. L'intromissione di percussioni nel secondo brano, “Nero's Rome”, non altera significativamente il repertorio musicale che prosegue nei brani successivi. In “Mamertime prison” si accenna a un tema con note lunghe che si intesse nei successivi brani. Sempre presente ma mai chiaramente manifesto, questo tema eseguito da archi è ripreso nei brani successivi (“The community”, “An arrangement”) ma è in “The hope” che per la prima volta la timidezza lascia spazio a un'esecuzione limpida ma comunque sempre “minimale”. L'approccio di Kaczmarek rimane sempre lo stesso, sottile, intimo e mai ingombrante, basti pensare ai pezzi “A blind love”, “Road to Damascus” dove l'evanescenza della musica trova il suo acme e si sviluppa nei successivi “Storming the prison” e “Heavenly vision” dove effetti elettronici uniti a fiati creano quella classica atmosfera di sospensione che sembra essere la vera essenza della score. Si ha l'impressione che, infatti, la OST, al di là della sua pregevolissima orchestrazione, manchi di un vero centro musicale. Nei brani finali sembra che venga dato qualche suggerimento di sviluppo di quanto fatto fino a qui ma senza conseguire un grande risultato. In “Luke heals Celia”, ad esempio, il compositore accenna a concludere il viaggio musicale definendo il nucleo tematico il quale, in ogni caso, rimane sfuggente. Solo nel pezzo finale, “Exodus”, nel quale ritroviamo elementi della prima traccia, Kaczmarek scrive la pagina migliore di questa sua partitura. Il nucleo tematico degli archi trova il suo centro, come mai aveva fatto prima, e tutte gli effetti di evanescenza e sospensione riescono bene a incorniciarlo nella sua, pur grande, umiltà.
Kaczmarek con Paolo - apostolo di Cristo, fornisce il suo personale contributo al genere religioso e lo fa a suo modo, con il suo stile, minimale, trascendente e a tratti evanescente. Lontano dal trionfalismo di Rozsa e distante dalla strada etnica percossa da Debney, la score del compositore polacco ha una personalità e unicità che avrebbe potuto svilupparsi in maniera più completa.

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