Score: A Film Music Documentary

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Score: A Film Music Documentary (Score: La Musica nei Film, 2017)


È passato più di un secolo dall’invenzione del cinematografo, la grande idea innovativa dei fratelli Lumière. Eppure, non era stata creata solo un’invenzione, ma una nuova arte. Anzi, più di una.
Nel tempo, il cinema ha sempre appassionato in tutto il mondo, eppure quasi mai si è data troppa considerazione al genere musicale che il cinema stesso aveva spontaneamente portato alla luce: la musica da film. Solo in questi ultimi anni si sta iniziando a rivalutare il peso e la validità artistica (e commerciale) di questo genere: lo dimostrano i concerti dedicati sempre più frequenti, le associazioni che stanno fiorendo, le premiazioni a tema, i concorsi, i nuovi corsi di musica applicata etc. Ma il progetto più ambizioso (e più mirato sulla divulgazione culturale) è sicuramente il documentario americano pubblicato a giugno 2017 Score: A Film Music Documentary, scritto e diretto da Matt Schrader.

Il documetario, della durata di 93 minuti, ha lo scopo di indagare su cosa rende indimenticabile una colonna sonora, attraverso interviste a volti noti del settore cinematografico: James Cameron, Marco Beltrami, Thomas Newman, Hans Zimmer, Howard Shore, Danny Elfman, John Williams, James Horner, John Debney, Rachel Portman e altri ancora. Non si tratta di un semplice trattato di storia sulla musica nel cinema, ma di un vero e proprio insieme di interviste incastrate fra loro, di aneddoti e anche di spiegazioni scientifiche sulle reazioni fisiche e psicologiche che essa può provocare.
L’argomento delle colonne sonore cinematografiche è vastissimo, Matt Schrader questo lo sa di certo: ma con grande maestria è riuscito a condensare in un’ora e mezza tutto il materiale necessario a capire l’essenza della musica da film. Infatti, la struttura del documentario, che ripercorre in parte la storia e ci presenta a poco a poco le dinamiche del mestiere del compositore, è perfetta per chi non conosce il settore e fa emergere al contempo spunti interessanti per gli appassionati del genere. Per chi già conosceva le figure intervistate e i loro lavori, si renderà conto senza dubbio che queste interviste, rispetto alle solite, hanno qualcosa di diverso: ognuna delle personalità intervistate esprime i propri sentimenti e le proprie idee nei riguardi del proprio e altrui lavoro. La forza di questo documentario è proprio questa: non si limita a trovare risposte tecniche, ma a cercare quelle più intime nell’animo di compositori e registi.
Chiamarlo documentario a questo punto diventa quasi riduttivo: è una ricerca filosofica. Si vogliono creare riflessioni, non risposte definitive. Dare stimoli, non dettagli. Si cerca di cogliere l’essenza del potere della musica.
Il regista di Titanic, James Cameron, in un pezzo del film, afferma: “il compositore è come un terapeuta”. Una figura professionale dunque, con tutti gli attrezzi necessari, ma che deve essere dotata della capacità di capire la mente del regista, per giungere al cuore del pubblico. Un compositore non è solo tale: è indirettamente un membro del team narrativo del film, come ci fa notare Mychael Danna. Qualcun altro fa notare come in effetti si stia parlando sopratutto di un’arte che non possiamo toccare, un qualcosa che vive e si tramuta nell’aria, in minuscole particelle. Ma quelle particelle di suoni, paradossalmente possono darci persino la sensazione di immensità, di tristezza o di felicità, di paura o di coraggio.
Viene citato il film Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg, che ha un’importanza fondamentale per prendere consapevolezza di un messaggio davvero suggestivo: la musica è un linguaggio universale. Non c’è bisogno di traduzioni, è una lingua eccezionale che pochi sanno parlare e tutti possono comprendere. Essa è già di per sé uno strumento capace di tradurre i sentimenti in suoni.
A livello scientifico, ci viene spiegato come le sensazioni piacevoli provocate dal cioccolato siano le stesse provocate dalla musica. Occorre soffermarsi su questa constatazione scientifica: come è possibile che un artificio dell’uomo possa innescare tali reazioni fisiologiche al pari della natura che ci circonda? Forse la musica in sé non è esattamente un’invenzione, ma una scoperta. Forse ha ragione J. Ralph quando afferma che “c’è musica in tutto”.
Questo film documentario è stato pensato per omaggiare un’arte. E questo omaggio lo si fa con una grande sensibilità ed una fine consapevolezza, riuscendo a restituirci una lezione molto importante di musica da film, che ci fa comprendere la vera importanza delle colonne sonore nel cinema e nel patrimonio culturale dell’umanità. Anche solo due note, possono fare la differenza.

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