Taranta on the Road

cover taranta on the roadStefano Lentini
Taranta on the Road (2017)
Edizioni musicali Coloora
10 brani + 5 canzoni – Durata: 37’10”

Avevamo lasciato Stefano Lentini alle prese con le atmosfere ellittiche e profumate di mistero per la serie La porta rossa, tra citazioni beethoveniane e raffinate astrazioni timbriche, e lo ritroviamo ora a ribadire il proprio fertile eclettismo per questa “fiaba migratoria” di Salvatore Allocca, raro esempio di commedia intrisa di musica e affettuosa partecipazione intorno al Problema Numero Uno della nostra epoca, ossia l'accoglienza dei profughi. La cifra preponderante del film è infatti quella della leggerezza, pregio tanto più vistoso stante la delicatezza della materia, ed è una leggerezza che si libra proprio sulle ali della musica: intesa anche come arma di riscatto e linguaggio condiviso, koinè unificante tra i popoli e i destini. Tali sono quelli che accomunano la coppia di giovani fuggiaschi dall’inferno nordafricano che si fingono marito e moglie, e una band alternativa di musicisti salentini in cerca di fortuna e certezze.

Quest’ultima trova una precisa raffigurazione nel soundtrack grazie alla presenza dei Mascarimirì, acclamato quartetto di musicisti pugliesi che viaggiano tra “pizzica”, tarantella e world music con brio multietnico e pieno possesso di notevoli doti di strumentisti: le loro canzoni, in particolare “Lu Rusciu te lu Mare” cantata dal vocalist Claudio Cavallo, insaporiscono il soundtrack non tanto di elementi meramente folkloristici o dialettali a scopo esornativo, quanto di un’autenticità allusiva e profondamente ironica, quindi intrinsecamente sdrammatizzante.
Un approccio, questo, che tocca alla frizzante partitura di Lentini completare, soprattutto con l’oculata scelta di una tavolozza timbrica semplice ma ficcante, dove si segnalano chitarre, tamburelli, pianoforte, percussioni ma soprattutto il clarinetto vibrante e vivace, quasi pettegolo, di Paolo Rocca. A questo strumento Lentini affida lunghi assoli e complesse cadenze (la suggestiva, notturna “Taranta opening”), o variegate aperture mediterranee (“In cammino”), ma soprattutto un linguaggio di tipo jazzistico che sposa provenienze eterogenee (“Taranta on the road”) all’insegna di quello spiccato polistilismo che continua a rimanere la vocazione prediletta del compositore romano.
La ritmica movinentata (“La France”) e il frequente ricorso a movimenti di danza popolare (“Gli infedeli”) restituiscono poi molto efficacemente il carattere itinerante del film (“on the road”, appunto) in una chiave espressiva volutamente disincantata e scorrevole, anche quando si aprono parentesi più drammatiche nelle quali lo strumento di Rocca si agita in lunghi fraseggi non privi di tensione (“Clandestini”), o spicca il volo in un registro sovracuto sostenuto dal rintocco incessante del tamburello (ancora “La France”), oppure si adagia liricamente sui toni di una sorta di ballabile da spiaggia (“Honeymun”). Pagine dalla costruzione più elaborata come “Un tentativo disperato” si collocano invece sul versante più meditativo e malinconico della partitura, appellandosi al sobrio utilizzo di qualche dissonanza e più in generale ad un tono crepuscolare e lirico che rappresenta pur sempre uno degli aspetti principali del film, insieme appunto a quella saltellante e giovanile esuberanza (“Anelli d’oro”) che è l’altro lato della medaglia: quasi a trasmettere anche in musica il messaggio, difficile ma necessario, di una sorridente speranza a sconfiggere la disperazione dei vinti.

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