Alien Covenant

cover alien covenantJed Kurzel
Alien Covenant (Id. - 2017)
Milan Records 3299039991428
22 brani – Durata: 58’57”

Il secondo prequel di Alien arriva a cinque anni di distanza dal suo capostipite, Prometheus, con il quale il regista Ridley Scott è tornato a una delle sue creazioni più famose. La storia che fece rabbrividire il pubblico negli anni Settanta e che fu portata a complessi sviluppi (si contano ben quattro pellicole incentrate sull’eroina Ripley, l’ultima risalente al 1997, più un filone “apocrifo”, Alien vs. Predator) presentava un “buco” di eventi, a cominciare dall’alieno fossilizzato sullo space jokey, che a detta di Scott potevano essere sfruttati per dare uno sfondo storico più ampio al primo Alien.

Tuttavia lo sforzo del regista britannico si è rivelato problematico per via delle nuove idee inserite nel franchise. Altro che horror e fantascienza. La nuova storia ambientata alla fine del XXI secolo ha preso una coloratura filosofica e vagamente religiosa, in quanto lo spettatore è chiamato a porsi domande assolute a proposito dell’origine dell’umanità. Molti argomenti hanno un sapore “forteano”: dalla confutazione del darwninismo alle teorie, sempre più in voga, sugli antichi astronauti. Una razza superiore di alieni, gli Ingegneri, avrebbe creato l’uomo in un’epoca passata. Di qui la tentazione prometeica del vecchio Weyland, deciso a volare su un tetro pianeta per chiedere vita immortale ai suoi “dèi” creatori. Fan rimasti spiazzati e perplessi. In questa seconda pellicola Scott ha deciso di tornare a un canovaccio più snello e ortodosso, fors’anche troppo sanguinario, ma senza abbandonare le nuove idee. Dal punto di vista cinemusicale l’universo di Alien si caratterizza per le seminali partiture di Goldsmith e Horner, che hanno segnato il mood di tutta la saga, influenzando gli autori successivi. La OST di Prometheus, affidata a Marc Streitenfeld, si è posta in questo filone di respiro fondamentalmente sinfonico, dove la tensione adrenalinica convive con le importanti visioni melodiche. Da questo punto di vista Alien Covenant riesce ad essere una colonna sonora innovativa ma restando nel solco della tradizione. Dopo una serie di rumors che volevano lo stesso Streitenfeld in sella poi rimpiazzato da Gregson-Williams (autore di The Martian. Sopravvissuto), la musica del film è stata affidata al poco più che esordiente Jed Kurzel, un songwriter e compositore australiano non particolarmente applaudito dalla critica. Alien Covenant può essere considerato il suo exploit inatteso, un lavoro che lo posiziona tra gli emergenti da tenere d’occhio nel prossimo futuro. Senza dubbio l’ottima performance di Kurzel va ascritta a Scott (che com’è noto riesce sempre a spremere i suoi compositori come limoni). La scelta di fare ricorso a percussioni asciutte e violini sottovuoto riesce ad evitare i risultati bombastici di cui abbiamo piene le tasche. La soundtrack sembra quasi scivolare in un abisso senza fondo, nel quale i temi iconici goldsmithiani brillano in tutta la loro purezza. Il risultato è una score che ingloba il passato musicale con dedizione, ma non restando impantanata nell’ipse dixit, tantomeno nel sinfonismo vintage. Due note graffiate sono il tema nichilistico dell’album, che comincia con i claustrofobici effetti di “Incubation” e prosegue con sottile contegno. Un’imponente ascesa orchestrale regala l’estasi di “Sails”, ma l’atmosfera si fa via via più tesa. A prendere il sopravvento sono le ossessive scansioni ritmiche (“The Med Bay”, “Grass Attack”, “Payload Deployment”) e i glissando dei violini che sembrano contorti come le mascelle di uno xenomorfo (“Lonely Perfection”). “Face Hugger” fa saltare dalla sedia, “Cargo Lift” è un crescendo spettacolare di adrenalina. L’album si conclude con “Alien Covenant Theme”, un omaggio a Goldsmith che fa virare la soundtrack verso un epilogo malinconico.

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