Pete’s Dragon
Daniel Hart/AA.VV.
Il drago invisibile (Pete’s Dragon, 2016)
Walt Disney Records 050087328306
28 brani (8 canzoni + 20 di commento) – durata: 76’18”
Vi ricordate il tenero, divertente e commovente film Disney Elliott, il drago invisibile del 1977, misto live action e animazione? Ecco questo Il drago invisibile, sempre targato Disney, del 2016 ne è il remake riveduto, aggiornato e corretto, solo in live action, in cui si affronta la storia del bimbo Pete salvato e allevato da un Drago verde, dal bambino nominato Elliott, dall’aspetto dolcemente buffo, per nulla pauroso, che dovrà scontrarsi come sempre contro le ottusità della pessima società contemporanea, con tutto il carico di problematiche odierne che si porta con sé, soprattutto quelle inerenti le famiglie allargate! Una storia dai forti connotati emozionali che viene musicata dal giovane compositore Daniel Hart (la serie The Exorcist, Senza santi in Paradiso) che nei suoi venti brani di commento al film delinea un’atmosfera tra il fiabesco e l’avventuroso come è giusto che sia per questa storia, per l’appunto, tra fiaba e realtà.
In verità, agli inizi della preproduzione del film era stato segnalato come compositore incaricato alla score originale l’arcinoto Howard Shore ma ad un tratto le notizie sulle musiche, nuovamente apparse in rete, hanno assegnato la partitura ad Hart che in precedenza aveva già lavorato con il regista di questo film, David Lowery, per Senza santi in Paradiso. In ogni caso crediamo vivamente che Shore non abbia composto nulla che poi sia stato scartato dalla produzione, bensì Hart si è trovato a comporre una score dignitosa e molto appropriata sulle immagini ed anche separata da esse. Il brano di apertura della partitura originale, “An Adventure” inizia lentamente su archi morbidi e dolci timpani per lasciare spazio ad una chitarra acustica che suona un tema folk molto adatto all’ambientazione montana del Nord America in cui si svolge la vicenda e in cui abitano Pete ed Elliott; un coro di voci bianche fa da ninnananna in un certo passaggio per poi cedere il passo all’orchestra tutta che si fa misteriosa e tremebonda. “Are You Gonna Eat Me?” usa il coro London Voices sul suono sospeso del clavicembalo come passaggio quieto e astratto mentre il tema iniziale si fa largo e l’orchestra sale fino a diventare un grido di speranza e gioia rinata. “Brown Bunny” in principio con il suono quieto del banjo e del violino che sottolineano la ruralità dell’ambiente, viene scosso all’improvviso dalla corsa furiosa dell’orchestra in levare: brano breve ma efficace. “Reverie” profuma di fiaba folk con la sua ballata scatenata e ariosa che diviene un’epica cavalcata dalle reminiscenze celtiche (score ottimamente orchestrato e diretto da Kevin Kaska), come il successivo “Tree Fort”, vera e propria ballad celtica in cui il tema portante diviene narrativamente intenso. “North Star” è una nenia amorevole che ricorda alcuni momenti horneriani che risaltano ancor di più nel seguente “Bedtime Compass”. In “Timber” risuona maggiormente la lieve sonorità folk che pervade l’intera partitura, invece in “Breathe” si gioca a rimpiattino con i vari strumenti dell’orchestra che cerca qualcosa ma non la trova. “Gavin Knows What He’s Doing” all’inizio suona misterioso con i suoi archi sottesi e gli ottoni vibranti ma subito dopo diventa un’ennesima cavalcata eroica dai tratti sinfonici per classici film western hollywoodiani: un bel pezzo action epico! “You Are Not Alone” vede il leitmotiv dipanarsi mestamente con il suo sound folk fiabesco che prevale. “Elliot Gets Lost” ottiene dagli archi sottesi e dal clavicembalo che appare e scompare un ambiente sonoro carico di delicati astrattismi orchestrali. “Takedown” incupisce bruscamente la score con un passaggio altamente drammatico ed energico in cui tutta l’orchestra esegue il tema portante dapprima dolorosamente per poi esplodere in un diluvio sinfonico dirompentemente epico. “It’ll Be Just Like It Used to Be” si apre maestosamente ad una risoluzione positiva con gli archi, i legni e gli ottoni in crescendo. “Follow That Dragon” tira fuori gli artigli (è proprio il caso di dirlo!) con una corsa orchestrale furibonda ed eroica verso il gran finale, finale che vede nel drammatico exploit di “Elliot at the Bridge” un ‘tutti’ dell’orchestra molto intenso. “Abyss” ha un andamento in levare davvero bello e ricco orchestralmente, in cui il tema principale esplode in un’enfasi sinfonica puramente horneriana. “Go North” è il canto dell’’Addio’, un motivo celtico antico si palesa con tutta la sua carica sentimentale profonda. “Saying Goodbye” che viene subito dopo è ancora una volta una dichiarazione di separazione in forma delicata e commovente per archi, legni e fiati che ci abbracciano in uno struggente e caloroso ‘Addio’ conclusivo. La score originale si conceda con “The Bravest Boy I’ve Ever Met”, un morbido volo orchestrale dai colori spumeggianti intrisi di suoni di matrice folk e rarefazioni celtiche nel quale il leitmotiv si libra arioso in un susseguirsi di fuochi d’artificio sinfo-horneriani ancora più marcati: splendido!
Le restanti otto canzoni di contorno sono piacevoli incursioni nella musica country e folk tra inediti e classici con rimandi a Bob Dylan abbastanza evidenti: su tutti “Something Wild”.