Fantastic Beasts and Where to Find Them

cover fantastic beastsJames Newton Howard
Animali fantastici e dove trovarli (Fantastic Beasts and Where to Find Them, 2016)
WaterTower Music WTM39833
Cd 1, 17 brani – Durata: 73’16”
Cd 2, 9 brani – Durata: 25’46”

Svezzato all’universo fantasy grazie a score come Maleficent, Biancaneve e il cacciatore e sequel, o comunque ad una dimensione anti-realistica, grazie soprattutto all’imponente saga di Hunger Games, James Newton Howard continua a mantenere elevato il proprio profilo creativo senza mai voler strafare e mantenendosi dentro i parametri di una classicità sontuosa e insieme austera, eclettica ma contemporaneamente rigorosa. Si tratta infatti di un compositore di estrema affidabilità e adattabilità, capace di cambiare stile a 360 gradi e in pochi secondi (si ascolti qui l’incipit del Cd 2, “A man and his beasts”, con relative variazioni jazz) eppure di rimanere sempre fedele a se stesso nella ricercatezza delle atmosfere e nella ricchezza dell’orchestrazione.

Sono doti importanti e preziose quando si è alle prese con un prequel/spin-off impegnativo come questo, situato cronologicamente settant’anni prima della saga di Harry Potter, ma senz’altro memore del lascito musicale che John Williams ha consegnato, e non a caso prontamente raccolto dai compositori che si sono succeduti nei diversi capitoli. Apparentemente, il debito viene qui onorato all’inizio dei “Main title”, con una citazione in lontananza, quasi fantasmatica (in realtà esso si riaffaccerà anche altrove, così come riappariranno anche tracce del tema di Edvige nel leit-motif principale); ma a dire il vero lo score del 65enne compositore californiano presenta caratteristiche che si discostano abbastanza sia dai precedenti williamsiani che dai modelli dei vari compositori (Doyle, Hooper, Desplat) alternatisi nella saga. Colpisce soprattutto la sobrietà della scrittura, quasi sempre orchestrale tranne pochi effetti di raccordo e sottofondo: non che Howard rinunci a quell’atmosfera magica e surreale che è una caratteristica del contesto, ivi compreso un utilizzo del coro che a tratti (“Tina takes Newt int”, “Inside the case” e la splendida, commovente “A close friend”) ricorda quasi certi momenti elfmaniani. Ma anche questa è inserita in una struttura formale severa, schiettamente contrappuntistica, e ammantata da un colore orchestrale liquido, fluttuante, dove largo spazio è delegato agli strumenti solisti, soprattutto i legni, e dove la “féerie” somiglia più ad una categoria dello spirito, o a una devozione dell’autore verso il “Sogno di una notte di mezza estate” di Mendelssohn, che non al trionfalismo rumoroso e vacuo di tanti scores che vanno per la maggiore. Howard, insomma, è un artista sofisticato e rigoroso, che disdegna il facile effetto a favore dell’approfondimento e della cura per il particolare; e non è un caso che abbondino qui le pagine di puro “mickeymousing”, come “Pie or strudel” (deliziosa versione del motivo principale per celesta) o “The erumpent”, oppure di raccoglimento estatico (“Tina and Newt Trial”), magari venato di quella misteriosa malinconia sottotraccia, affidato ad una flautata linea di violini, che è un tratto distintivo di questo compositore. Interessante è anche osservare come le pagine action non si risolvano mai in direzione pompieristica o altisonante ma si appellino costantemente all’emozione melodica o ad una tensione ottenuta con mezzi e modalità squisitamente e nobilmente accademici: come accade ad esempio nel complesso ribollire di “The Obscurus/Rooftop chase”, con il moto dei violini a precedere una pagina di violento ma controllato dinamismo sonoro, o in un dialogo serrato e calibratissimo fra archi e ottoni (“Relieve him of his wand”).
Altro imprinting molto forte della partitura è costituito dall’opzione per tonalità gioiose, quasi festose, comunque ottimistiche, ben lontane dalle vibrazioni “dark” e a tratti addirittura horror dei precedenti Harry Potter: il dilagare libero del leit-motif in “Newt releases the thunderbird” seguito dalla composta tristezza degli archi in “Jacob’s farewell”, ne è una riprova, così come il ritmo incalzante e giovanile e il tema quasi da western che gli ottoni sfoggiano nei battaglieri “End titles”.
I materiali contenuti nel secondo Cd dell’edizione deluxe si rivelano in tal senso ancora più interessanti perché sembrano sintetizzare mirabilmente le varie anime della partitura. La lunga “A man and his beasts” cui si è già accennato ruota ad esempio intorno ad una serie di variazioni sul tema principale, prevalentemente affidato a clarinetto e flauto, ma anche celesta, in un caleidoscopio di sonorità “magiche”, e chiosato da una spassosa e perfetta esposizione del clarinetto in stile jazz anni ’20 (collegata al personaggio di Jacob Kowalski/Dan Fogler, a dimostrazione della quantità di linguaggi e stilemi che Howard è in grado di padroneggiare); climi più thriller agitano “Billtwig” e soprattutto “The Demiguise and the Lollipop”, mentre sonorità arcaicizzanti e misteriose insieme si propongono in “I’m not your ma”, affacciandosi prepotentemente sul “lato oscuro”. Ancora anni ’20 in “Blind pig”, cantata dalla britannica Emmi su testo di Joanne K.Rowling, in un gioco di rinvii e ammiccamenti vintage che trova il suo compimento nel divertente “Kowalski rag”, dal citazionismo esemplare e perfetto: sino alla breve, movimentata ricapitolazione degli “End titles pt.2”, che non aggiunge idee nuove ma esalta con un pizzico di liberatoria enfasi le suggestioni del tema conduttore, e più in generale di una partitura nella quale incanto, favola, intimismo e umorismo formano un corpus unitario, coeso dalla classe e dalla professionalità di un compositore straordinariamente sensibile e ricettivo.

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