Il sogno di Zorro & Il giustiziere di mezzogiorno

cover il sogno di zorroUbaldo Continiello
Il sogno di Zorro / Il giustiziere di mezzogiorno (1975)
Beat Records – BCM 9573
27 brani – durata: 73’23’’

Nel suo libro Così nuda, così violenta, poderosa cavalcata tra le colonne sonore del cinema di genere italiano, l’autore Alessandro Tordini dedica un intero capitolo ai compositori “most wanted”, ovvero quegli artisti che a causa delle pochissime o nulle uscite discografiche sono stati per anni confinati in un oblio pressoché irreversibile. In tale novero da buco nero rientra senz’altro la figura di Ubaldo Continiello. Il compositore, scomparso nel 2014, è naturalmente apprezzato da molti appassionati del nostro cinema cult, che lo ricordano dispensatore di note in pellicole quali Ultimo mondo cannibale o Uomini si nasce, poliziotti si muore, entrambi diretti da Ruggero Deodato nel 1976. Ma, complice una scarsissima diffusione discografica dei lavori del maestro irpino, almeno fino a oggi, il suo nome non risulta tra i più immediati nell’ambito della musica da film nazionale. La Beat Records, che da anni sta compiendo un mirabile lavoro di recupero, tira fuori dal cilindro un’inaspettata doppietta cinemusicale d’etichetta 1975 che non si può non salutare con gioia.

Il sogno di Zorro e Il giustiziere di mezzogiorno: Continiello ha servito questa doppia portata al grande Franco Franchi, un amico fraterno che ha sviluppato in quegli anni una florida collaborazione con il musicista. L’incontro con il memorabile comico siciliano si consuma nel 1972 sul set della parodia argentiana I due gattoni a nove code… e mezza ad Amsterdam (regia di Osvaldo Civirani) e proseguirà per altri sei film che racchiudono principalmente il periodo solista di Franchi, giunto dopo un doloroso divorzio artistico dal compagno di mille avventure Ciccio Ingrassia (oltre al citato film di Civirani, Continiello è anche autore di un solo altro film della coppia, Farfallon di Riccardo Pazzaglia del 1974). Spinto così dal desiderio di incidere canzoni non necessariamente legate a un contesto filmico, Franchi commissiona al compositore il singolo di successo “L’ultimo dei belli” (1972), una vera scintilla innescata nella collaborazione tra i due, che sfocerà in un proficuo binomio artistico durato fino alla brusca fine della filmografia franchiana, testimone di quella crisi che travolgerà gran parte del sistema produttivo nella seconda metà dei Settanta.
Per Il sogno di Zorro (stesso titolo di un film di Mario Soldati con Walter Chiari del 1952), Franco si ritrova diretto da Mariano Laurenti, un nume tutelare del filone della commedia-sexy e che già si era contraddistinto come ottimo direttore della coppia Franchi-Ingrassia (Satiricosissimo; I due maghi del pallone del 1970, tra i migliori dell’intera filmografia). Per questa ennesima parodia del celebre ripara-torti mascherato, Continiello, studi classici in composizione, organo e pianoforte, si avvale di uno sferzante stile funky-elettronico, contaminando le immancabili note della tradizione latina con moog, organo elettrico e modaiola disco-music. Un impazzito cocktail squisitamente anacronistico e miscelato alla perfezione nel brano dei titoli di testa e di coda (“Titoli vocal”; “Finale vocal”), ripreso e distorto con gusto nel corso della vicenda (“Tema principale ripresa”; “Tema principale moog”) e cantato in inglese nel classico stile funky-disco anni Settanta (un espediente che il compositore utilizzerà più volte per le title-track dei suoi lavori, come nelle celebri collaborazioni con l’attore-cantante Ray Lovelock). I temi più classici sono quelli denotativi: l’immancabile marcetta “identificativa” (“In azione”; “Azione moog”) dedicata a Franco (un richiamo in piccolo della factory Sordi-Piccioni?), le melodie pizzicate quasi rinascimentali, le distorsioni comiche dello stile “mariachi” (“Tema d’amore”; “Mariachi pop”; “Alla corte del re”). Uno score che rispetta in pieno la vena parodistica di uno scenario caricaturale, innervato da sonorità saporite e sapientemente evocative di un esotismo un po’ fiabesco, seppur virato in farsa comica.
Ne Il giustiziere di mezzogiorno, diretto da Mario Amendola (già con Franchi nel divertente Storia di fifa e di coltello – Er seguito der Più del 1972), l’attore si trasforma in un Charles Bronson pasticcione, parodia di uno dei personaggi-icona e di un filone molto in voga anche nel nostro cinema commerciale del tempo, seppur in ambito “serio”. Piombo e sangue sono qui sostituiti dalle maldestre avventure di un impiegato vessato dalla vita che decide di riparare i numerosi torti subiti dalla gente tramutandosi in un alter-ego baffuto e vendicativo. Ancora una volta ascoltiamo una title-track “alla Continiello” (“Titoli vocal”; “Titoli strumentale”), un fresco country-rock con testo in inglese ad invocare le gesta del “revenger” siculo. Frizzante la variazione in chiave charleston per seguire il protagonista “in borghese” (diventa il “Tema principale” in tre versioni), mentre le trasformazioni bronsoniane sono commentate da un pezzo funky con strizzatina d’occhio a Shaft, must assoluto dell’epoca che non avrebbe di certo sfigurato in un nostro classico “poliziottesco” (“Franco Funky”, capolavoro già a partire dal geniale titolo). Ispiratissimo dalle tante chiavi di lettura che può offrire la farsa parodistica, Continiello completa questa soundtrack con temi metropolitani e “noir” grazie a dei pezzi di matrice jazz-blues e soffusamente lounge, come “Momento sexy”, “Franco Blues”, “Atmosfera criminale”.
Fondamentale il lavoro di recupero da parte della Beat per questa doppia soundtrack piacevolissima anche all’ascolto slegato dalle opere di riferimento. La speranza è che sia solo l’inizio di un riemergere di composizioni misconosciute che si pensava fossero perdute per sempre.

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