Lo chiamavano Jeeg Robot
Michele Braga & Gabriele Mainetti
Lo chiamavano Jeeg Robot (2016)
RTI/Ala Bianca Group Srl.
32 brani – durata: 59’30”
“Per me la colonna sonora di un film è una costante. C’è persino quando non avvertiamo gli strumenti emettere suono. Il silenzio non è altro che una pausa musicale” dichiara il regista Gabriele Mainetti; in questo specifico caso anche compositore del primo vero e sorprendente film di supereroi Made in Italy, Lo chiamavano Jeeg Robot, il quale, insieme all’altro compositore della pellicola, Michele Braga, afferma ancora che “L’idea musicale è stata quella di seguire il percorso emotivo del protagonista…”: nella fattispecie Claudio Santamaria (Enzo nel film) che da ladruncolo di una borgata romana, inseguito dalla polizia, cade per sbaglio in un barile di sostanze radioattive (un classico dei classici dei cinefumetti!) e ne esce zeppo di poteri, come la superforza, e per amore di una ragazza problematica, la quale ama a tal punto il cartone di Jeeg Robot d’acciaio da credere che esista per davvero, si fa convincere a combattere la malavita del suo quartiere, incarnata dal volto del supercattivo Luca Marinelli, detto “lo zingaro”.
Mainetti e Braga (autore delle score per Come tu mi vuoi, Tutto l’amore del mondo, Good as You, Più buio di mezzanotte) creano una partitura efficace sulle immagini che procede per gradi: dai molti brani iniziali con uso parco del piano e abbondanza di effetti sintetici e suoni elettronici si giunge ai pezzi conclusivi in cui un eroico incedere orchestrale esplode in tutta la sua incandescente forza, perché il supereroe Enzo sbaraglia il Male e libera il suo quartiere sotto assedio. “Intro” è la raffigurazione di un lungo pad elettronico atmosferico che quasi prosegue nel successivo “Titoli di testa”, traccia cupa, con un crescendo dei synth e un lieve sopraggiungere degli archi, con ritmiche metalliche compulsive e suoni distorti, un piano elettrico che accenna un tema di poche note, malinconico, affranto che grida rivalsa e preannuncia nel suo ostinato l’arrivo di li a poco di un nuovo Eroe a Tor Bella Monaca: un leitmotiv che sembra provenire più che dai film Marvel con gli Avengers schierati e musiche simil zimmeriane, dalle serie sui supereroi, tipo Arrow, Flash, con quelle sequenze sonore affidate agli archi e a synth in cui il tema più che altro è un inciso e serve a creare il background emotivo dell’uomo divenuto Super suo malgrado. Quello di Braga e Mainetti è un tema o inciso, se si vuol essere più precisi come accennato qui sopra, che nel piano (“Corri ragazzo laggiù” o “Casa, budini e pornazzi”), correlato a elementi sintetici stranianti e incalzanti, cerca di svelare il percorso sentimentale interiore e la trasformazione fisica esteriore di Enzo che prima usa i suoi poteri per commettere dei furti ma poi, per merito di Alessia (Ilenia Pastorelli), la sua innamorata, trova il coraggio di diventare il protettore dei più deboli (“Dove sta papà”, “Vole du spicci?”). “Enzo e Alessia” intenerisce con un tema d’amore per piano e archi di vibrante intensità e intonata bellezza (peccato per la sua brevità che lo rende un attimo di quiete melodica sfuggente). In verità una buona parte dei brani del CD sono di breve durata e per lo più paesaggi sonori lancinanti, drammatici, disturbanti e sospesi di puro commento (vedi “Metti la maschera”, “Lontani”, “Andiamo a cercare papà”, “So’ arrivate ‘e napulitane” o i quattro bonus track finali). “Obitorio e canile” sembra un pezzo uscito di peso dal Batman zimmeriano-nolaniano. “Enzo e Alessia – Adesso ci sei tu” per fortuna ci ripresenta il love theme di cui sopra in forma più lunga per solo piano e chitarra acustica, dall’andamento lento e appassionato. “Tu che puoi diventare Jeeg” parte col piano che accenna il leitmotiv di Enzo per mutarsi quasi subito in un lungo rabbrividente tappeto elettronico da paura, una paura che assale il protagonista quando è “Di nuovo solo” a lottare non solo contro il cattivo ma con se stesso, su quel suono prolungato e alienante dei synth. Ma tutto si rasserena (almeno così sembra!) in “Hiroshi Shiba” dove gli archi e il piano la fanno da padrone. “Allo stadio olimpico” punta su archi sospesi e ritmi metallici pressanti che in un crescendo ansiogeno guidano il nostro eroe alla resa dei conti finale (sul chiudere di questo brano si accenna al tema portante che sembra quasi parafrasare il main theme di Zimmer per L’uomo d’acciaio, score che deve aver molto influenzato i due compositori), scontro che si fa tensivo e decisivo nei successivi e frenetici pezzi “Acchiappa lo zingaro” e “Conto alla rovescia”, ancor più in “Supereroe” che inizia sospensivamente, diluendo il tema principale per piano su ritmi lenti e sincopati che decollano all’improvviso con un ostinato eroico per archi, synth, ritmiche svolazzanti e chitarre distorte – il supereroe vola alto in cielo per nuove avventure e salvataggi – che sanciscono la fine della storia di questo Jeeg Robot de noantri. Claudio Santamaria interpreta la celebre canzone-sigla iniziale del cartone animato giapponese che ha influenzato il film, “Jeeg Robot l’Uomo d’Acciaio” scritta originariamente da Paolo Moroni e arrangiata da Braga e Mainetti per i titoli di coda: una cover lenta e incisiva che la performance di Santamaria rende ancora più nostalgica e vissuta, di quel vivere di periferia che si nutre di disperazione e dolore ma che desidera ardentemente la rivincita. Forse storceranno il naso i puristi della sigla arrangiata ai tempi da Detto Mariano sulla base di quella originale composta da Michiaki Watanabe, cantata da Roberto Fogu, in arte Fogus, con l’utilizzo del minimoog ideato e sovrapposto sulla base giapponese originale dal musicista Carlo Maria Cordio, ma vi garantisco che questa cover per il film di Mainetti è davvero seducente e ipnotica.