Eastern Promises

Cover Eastern PromisesHoward Shore
La promessa dell’assassino (Eastern Promises, 2007)
Sony Classical 88697166872
14 brani – Durata: 40’36’’

C’è un’essenzialità particolare nella messa in scena di Eastern Promises: un nitore che non diventa mai freddezza o rigore eccessivo ma anzi, proprio in virtù di tale pulizia e questa purezza di sguardo, tocca punte di grande delicatezza e coinvolgimento empatico. Howard Shore, alla dodicesima collaborazione con David Cronenberg, compone una colonna sonora di pudica bellezza (e il regista nel film ne fa un uso estremamente essenziale, sotterraneo perfino), organizzando il lavoro intorno ad una serie di temi, di cui quattro dedicati ai personaggi principali; il tema centrale è chiaramente “Eastern Promises”, brano di apertura dell’album che definisce subito la qualità distintiva dell’intero score: una forte passionalità costruita attraverso sonorità ricche e pastose, una passionalità mai libera o lieta ma anzi angosciata, carica d’ansia. Alla freddezza dell’ambientazione scelta da Cronenberg per il suo racconto, Shore contrappone una partitura avvolgente eseguita in massima parte dagli archi: il violino, come spiega Semyon nel film, è uno strumento che va “fatto piangere”. La violinista solista è la ventunenne italo-scozzese Nicola Benedetti, e la giovane età della musicista non è probabilmente cosa trascurabile, alla luce di ciò che il film racconta. In questo senso, l’operazione ricorda quella attuata da James Newton Howard per The Village, dove il violino era affidato all’altrettanto giovane Hilary Hahn. Si pensi infatti alla ricchezza emozionale che l’esecuzione di una ventenne può portare ad un brano come “Tatiana”: si tratta del tema musicale dedicato ad una quattordicenne eppure non ha nulla di dolce o infantile, è aspro ma anche affascinante, sinuoso nello sviluppare una melodia carica di tensione, di violenza. Il violino di Nicola non si rilassa mai. Piange, come direbbe Semyon. La seconda parte del pezzo inizia rapida, sembra quasi festosa: è una danza che si satura progressivamente di un senso di ansia e paura e assomiglia ad una fuga, ad una corsa disperata verso una salvezza falsa, o forse una falsa promessa. Da notare poi come di fatto la presenza fisica di Tatiana nel film sia quasi irrilevante: il suo tema musicale è perciò un’entità immateriale all’interno del racconto, proprio come la voce fuori campo della ragazzina che legge le pagine tristi del suo diario. Sul finale Shore re-introduce il tema di “Eastern Promises”, presente in diversi altri brani, primo fra tutti “Nikolai”, sorta di personaggio gemello di Tatiana nel suo farsi carne sacrificale da gettare in un meccanismo senza senso di violenza e sopraffazione. “Kirill” è più aggressivo, scuro, trattenuto, in assonanza con il personaggio a cui si lega; palpitante e lieve è invece “Anna Kithrova”, probabilmente il brano con le sonorità più luminose, malgrado l’immancabile tristezza: Anna del resto è l’unica che, malgrado le esperienze dolorose, riesce a tenersi fuori dal pozzo di sangue e disperazione in cui affondano inesorabilmente Tatiana e gli altri protagonisti maschili. Tra le tracce originali Howard Shore inserisce “Slavery and Suffering”, un canto tradizionale russo che aggiunge ulteriore drammaticità ad una colonna sonora già intollerabilmente forte sul piano emotivo: e questo cupo coro maschile che si ascolta, quasi impercettibile, nella cerimonia di iniziazione a cui viene sottoposto Nikolai per entrare nel clan criminale dei Vory V Zakone, è davvero una scelta musicale brillante e carica di strazianti significati (basterebbe considerare solo il titolo del pezzo), come spesso si rivelano essere le intuizioni del compositore americano.

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