09 Giu2015
Youth – La giovinezza
David Lang/AA.VV.
Youth – La giovinezza (Youth, 2015)
Indigo Film 5021763
Cd 1, 8 brani – Durata: 34’00”
Cd 2, 7 brani + 2 bonus track – Durata: 49’00”
Il clou si ha certamente nel finale, dove interviene un ulteriore elemento forte: ossia l’introduzione di un brano originale, la “Canzone semplice n.3”, composta per l’occasione da David Lang, ma attribuita al protagonista del film Fred Ballinger, il compositore e direttore d’orchestra interpretato da Michael Caine. Una soluzione non inedita (ricordiamo il Concerto Macabre di Herrmann in Nelle tenebre della metropoli, la Sinfonia Americana di Michael Kamen in Goodbye Mr. Holland, o il Concerto in mi minore di Zbigniew Preisner per La doppia vita di Veronica e il “Vide cor meum” di Hans Zimmer per Hannibal, entrambi su testi di Dante), di fatto brani di un musicista “fantasma” che creano un corto circuito elettrizzante con l’ascoltatore, spiazzato dinanzi ad una pagina che simula una preesistenza in realtà fittizia.
Accanto a questo apice il soundtrack di Youth annovera brani classici autentici, pezzi pop, esercizi di vocalità medioevalista, canzoni francesi, il tutto in un puzzle che si traduce anche in una coralità caleidoscopica di contributi artistici evocando suggestioni spaiate e un ampio ventaglio di sensazioni. Vediamone i punti salienti.
La band inglese delle Retrosette Sisters apre letteralmente le danze nei titoli di testa con “You got the love” di Candi Staton e le prosegue con “Reality” di Richard Sanderson, all’insegna di quello stile disco-vintage che è proprio del gruppo di Manchester; ma ecco le due ballate quasi “alla Leonard Cohen”, “Onward” di Chris Squire e la lunga “Third and Seneca”, per chitarra e voce di Mark Kozelek, dove il cantautore americano, già fondatore dei Red House Painters e Sun Kill Moon (dal cui repertorio proviene il secondo brano), immalinconisce il clima in un’aura magicamente neoromantica. Kozelek tornerà poi anche con la propria “Ceiling gazing”, scritta con Jimmy Lavalle, ma nel suo procedere il film si avvolge, sempre lasciando intendere si tratti di source music, o meglio ancora di ambient music, di repertorio classico. Qui i riferimenti si fanno ampi e volutamente disomogenei: si passa dalla misteriosa Berceuse de “L’uccello di fuoco” stravinskyano diretta da Terry Davies nella scena della sauna, al quarto preludio pianistico dal primo Libro, “Des pas sur la neige” di Claude Debussy per approdare alla cavatina “Figlia ti scuoti” (canta Susan Patterson) dal primo atto, scena quinta, della “Virginia” di Saverio Mercadante (1866), laddove il libretto di Salvatore Cammarano è sussunto con chiara allusività al complesso rapporto tra il personaggio di Caine e la figlia. Di nuovo source music è “A’ ma manière”, celebre cavallo di battaglia di Dalida che vi intitolò un album (la canzone non va confusa con una omonima di Charles Aznavour), e che qui è riproposta con passionalità quasi disperata dall’attrice Maria Letizia Gorga, che interpretò la cantante franco-italiana in Avec le temps Dalida, uno spettacolo teatrale, divenuto poi film, di Pino Ammendola; con “She wolf” del rocker e deejay francese David Guetta è invece la volta di Sia, cantautrice australiana nota per il suo lavoro con la band Zero 7, e qui siamo nuovamente in piena ambient music descrittiva, in un clima post-modern-pop che si rifà a momenti analoghi de La grande bellezza.
Il finto-vero videoclip trash di Paloma Faith, cantante disco-soul inglese e qui anche interprete di se stessa in un piccolo ma significativo ruolo, è forse uno dei momenti metalinguisticamente più spassosi del film; “Can’t rely on you” è infatti una consapevole ed esagerata parodia di un certo stile aggressivamente kitsch del genere, quindi ancora una volta situata in una posizione intermedia fra source music e deviazione demenziale. Ben diverso è “The Breeze/My baby cries” del cantautore statunitense Bill Callahan più noto con lo pseudonimo di Smog, una nuova, e carezzevole ballata d’altri tempi; “Dirty hair “di David Byrne ci immerge invece nelle atmosfere trasognate, avviluppanti e vagamente allucinatorie care al musicista americano, che inserì questo brano nel suo album “Lead us not in temptation” del 2003, concepito per il film Young Adam di David McKenzie.
Ma eccoci, come dicevamo, al clou musicale del film; i quasi 13 minuti dei titoli di coda di “Just (Song of Songs)” con i quali David Lang ipnotizza letteralmente l’uditorio. Il 58enne compositore ebreo californiano, premio Pulitzer per “The little girl match passion” e già autore di “I lie” utilizzato da Sorrentino in La grande bellezza, ha strutturato il brano per un trio femminile vocale, accompagnato da un trio strumentale dalle sonorità essiccate (percussione, pianoforte e viola), scegliendo la cadenza di una nenia fissa, continuamente iterata sui versi del Cantico dei Cantici biblico, di cui viene sottolineata la valenza metaforica ed erotica, e scandita da un rintocco percussivo abbinato a note acute del pianoforte ed evoluzioni melodiche molto elementari della viola. Il risultato del brano, accennato nel corso del racconto e ripreso poi in coda, è quello di incantare l’ascolto con una specie di ieratica, filiforme immobilità che alla lunga produce un senso di estasi davanti all’inconoscibile; sensazionale, da questo punto di vista, l’esecuzione vocale del trio norvegese Mediæval composto da Anna Maria Friman, Linn Andrea Fuglseth, Torunn Østrem Ossum e accompagnato dal Saltarello Trio del violista Garth Knox.
Nella “Simple Song n.3” che Fred Ballinger dirige come propria composizione nel finale Lang si rivolge ad uno schema concertante per violino e voce, coinvolgendo direttamente il soprano sudcoreano Sumi Jo e la grande violinista russa Viktorija Mullova (a dirigere la London Philharmonic “doppiando” Caine c’è di nuovo Terry Davies), in un’andatura pacata e solenne, dove la “semplicità” del percorso melodico è in realtà contrappuntata dalla sorvegliata e lirica presenza della violinista.
I due bonus tracks, ”Mick’s dream” e “Wood symphony” perfezionano il concetto di questo polittico sonoro, soprattutto il secondo, che ripropone brevemente i “naturlaute”, i suoni di natura in cui s’immerge Ballinger nella sequenza del bosco. Una sintesi eloquente dell’intero score, architettato secondo fonti, provenienze e suggestioni varie quanto le “emozioni” che costituiscono il nucleo programmatico e fondativo del film.
Per approfondire l'aspetto filmico di Youth - La giovinezza leggete la recensione della pellicola al seguente link:
http://www.cineavatar.it/recensioni/youth-la-giovinezza-la-recensione/