The Infliction

cover_infliction.jpgMarco Werba, Nicola Royston
The Infliction (2012)
Kronos Records KRONCD010
24 brani + 1 bonus track – Durata: 52’00”



Benché ancora giovane, Marco Werba ha già accumulato sufficiente prestigio e carisma artistico da poter essere considerato un musicista-trademark, una garanzia per i registi che esordiscono sotto l’egida di generi e atmosfere fortemente caratterizzati. È appunto il caso del 27enne americano Matthan Harris, attore e autore di corti, qui al suo primo lungometraggio a soggetto con un fosco e sanguinoso psycho-killer-movie che ha per protagonista uno studente di medicina maniaco omicida che rapisce, violenta e uccide giovani donne. Quasi un horror psicologico, dunque, nel realizzare il quale Harris confessa di aver subìto decisamente l’influenza del cinema di Dario Argento: di qui a puntare l’attenzione sul compositore della violenta, scolpita partitura per il penultimo film del nostro maestro del brivido, ossia Giallo, il passo è stato breve. Al compositore italo-spagnolo Harris ha chiesto, senza mezzi termini, una partitura “classica, violenta, piena di suspense e psicologica”.
E ha ricevuto in risposta un lavoro denso di tutti questi elementi ma, come nello stile di Werba, mescolati secondo criteri di associazione non convenzionali, ibridi e a tratti di eccitante, scintillante provocazione.
Tutta la partitura si avvale di un colore dark, attraversato da armonie minori e da una sorta di cupo, crepuscolare fatalismo. Il tema associato al serial killer è una melodia obliqua e drammatica, esposta sin dai Main Titles ma sorprendentemente evocata dalla chitarra acustica (“David meets Kristen”) sull’eco allucinata di sibili del synth. La tecnica adottata da Werba mescola infatti le risorse dell’orchestra con quelle dell’elettronica in un doppio binario: da un lato la riproduzione vitrea, inquietante di sonorità acustiche tramite la tecnologia, dall’altro il ruolo precipuo degli archi solisti (cello e violino) in chiave eminentemente lirico-elegiaca. Una tendenza, quest’ultima, cui sembra adeguarsi volentieri anche Nicola Royston, giovane compositrice inglese e collaboratrice di Werba (da non confondersi con l’omonima attrice della serie Love ‘N’ Dancing), che è autrice in proprio di “Melissa’s Seduction”, severo assolo di cello raddoppiato da piano e archi, e di “Det. Frederick’s death”, brano di penetrante atmosfera thriller su rimbombi della percussione, evoluzioni acute degli archi, accordi ascendenti e glissandi da brivido. L’impianto classicheggiante, quasi corrucciato, sembra dominare le pagine intenzionalmente più minacciose dello score, risolte in percorsi orizzontali e striscianti, più che in facili effettismi a sorpresa. Notevoli anche le opzioni timbriche: il lavoro investigativo della polizia alle calcagna del “mostro” (“Police theme 1” e “Police theme 2”) è ad esempio accompagnato da un ostinato della chitarra basso su figurazioni degli archi, mentre in “Father and son” è di nuovo il sound anomalo, spiazzante e melodico della chitarra acustica a interagire con i violini conferendo un andamento lamentoso, carico di pietà, alla pagina. Si evince chiaramente l’intento psicologico del compositore di entrare in relazione con le zone oscure dei personaggi, in particolare del protagonista, assai più che limitarsi ad una semplice descrizione onomatopeica degli eventi. Questo procedere per sfumature, allusioni e dinamiche interiori non esclude momenti quasi horror (l’incipit di “Peeping hole”, che peraltro si sviluppa nell’impasto dolente del quartetto d’archi) ma predilige un lavorìo più complesso e laborioso sulla strumentazione e sulle armonie, come la serie di accordi cromatici discendenti a cascata degli archi in “Kristen is killed”. Gli orizzonti strutturali dei singoli brani sembrano a volte sottoposti a percorsi di mutazione interna, come in “The Fireplace”, che inizia con un teso tremolo degli archi, poi presenta un intervento carillonistico che ricorda molto da vicino alcune soluzioni gobliniane per Argento, seguito da un’aggressiva incursione degli archi su un ostinato in sottofondo del cello, che infine viene lasciato da solo ad una conclusione desolata. Ancora il solista si produce in un canto esacerbato, quasi disperato e in lotta con le dissonanze dei violini, in “Melissa escapes”, alternato con un disegno più dinamico e incalzante. Violente esplosioni orchestrali sul glissando degli archi caratterizzano “Copycat killer”, con l’aggiunta dell’intervento alieno, spettrale del coro muto impiegato in frustate rapide, malvagie: ancora una volta l’economia dei mezzi adottati da Werba sortisce i risultati più efficaci. Del tutto singolare, nel suo sapore quasi di mesta ballata, il lungo “Final Escape” per voce e orchestra, composto (come anche “The Farm” e “Prostitute Killing”) a quattro mani con la Royston: qui il ruolo solistico del violoncello assume con chiarezza quello di una voce umana aggiunta al coro, in un amalgama espressivo che sfiora persino i connotati di una musica religiosa, mistica. Il bonus track dell’”End theme” ricapitola il tema del killer affidandolo al corno e poi al cello sull’accompagnamento di una percussione ostinata e degli archi synth.
Appare dunque in questa partitura con esemplare evidenza l’intento di Werba di descrivere, pedinare un “viaggio” anche sonoro nei torbidi labirinti della mente umana e della follia omicida, ma in un’alternanza di dolcezza e brutalità, di minaccia e compassione che emergono con forza dalla sua tavolozza sonora chiaroscurata, accattivante e nello stesso tempo allarmante.

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