Giorni e nuvole

cover_giorni_nuvole.jpgGiovanni Venosta
Giorni e nuvole (2007)
Warner Chappel Music Italiana 5051442 – 4799-2-8
15 brani – Durata: 36’39”



Miseria e nobiltà di una normale famiglia felice italiana. Silvio Soldini porta sul grande schermo la storia di Elsa e Michele (Margherita Buy e Antonio Albanese) e della loro figlia Alice. Una famiglia appagata e, apparentemente, benestante. Apparentemente, però, perché tutto crolla con la confessione di Michele di essere da tempo disoccupato e di nascondere condizioni economiche che definire precarie è un eufemismo. La vita cambia radicalmente, bisogna rimboccarsi le maniche, mettere la casa in vendita e rinunciare a tutte le piccole e grandi comodità date per scontate fino a quel momento.
La colonna sonora è opera di Giovanni Venosta, quarantacinquenne, collaboratore “storico” di Soldini, già autore delle OST di Brucio nel vento, Agata e la tempesta e vincitore del Ciak d’Oro con la partitura di Pane e tulipani.
In Giorni e nuvole, Venosta si preoccupa di trasmettere in musica l’atmosfera a tratti cupa e inquietante del film, anzi, più che inquietante, malinconica. Dalle note del tema principale (ripreso praticamente in tutti i brani) traspare infatti una tristezza velata, la nostalgia di un tempo spensierato, economicamente e non solo (Elsa e Michele, infatti, attraversano una profonda crisi che li porta quasi sull’orlo del divorzio), che non esiste più. A farla da padrone sono gli strumenti a corda, violoncello e viola da gamba, che con il loro timbro struggente trasportano l’ascoltatore in un’atmosfera carica di segreti, di sotterfugi, di verità nascoste, quella stessa verità della disoccupazione che Michele tanto si preoccupava di celare alla moglie. A tratti, la musica ha un che di etnico, non un etnico preciso, una sorta di fusione tra ritmi orientaleggianti e spagnoli, uniti in un mix al tempo stesso vivace e malinconico.
Un buon lavoro, seppure abbastanza ripetitivo: il tema viene ripreso in modo pressoché identico per tutta la durata della colonna sonora e ogni brano somiglia forse un po’ troppo agli altri, ma Venosta è senza dubbio riuscito a rendere magistralmente l’atmosfera tesa e a tratti addirittura cupa dell’intreccio.


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