Zodiac

cover_zodiac.jpgDavid Shire
Zodiac (id., 2007)
Varèse Sarabande 302 066 799 2
13 brani – Durata: 40'09"



Dopo un film solo parzialmente riuscito come Panic Room (2002), David Fincher ritorna dietro la macchina da presa con un'opera sfaccettata, poliedrica e sorprendentemente matura, confermandosi così come uno dei migliori giovani talenti registici in circolazione. Zodiac è ispirato alla vicenda realmente accaduta dei delitti perpetrati dal serial killer soprannominato “Zodiaco”, che terrorizzò tutta la Bay Area nella prima metà degli anni '70, e della vischiosa indagine su di essi, svolta parallelamente dal giornalista Robert Graysmith e dall'ispettore David Toschi. Forse per via della collocazione temporale della vicenda, Fincher sceglie un lessico ed un registro stilistico mutuati dal grande cinema americano degli anni '70, in particolar modo da film come Tutti gli uomini del presidente, La conversazione e Perchè un assassinio.
Anche dal punto di vista sonoro, il regista di San Francisco opera con una cura del dettaglio ed un'attenzione sempre più rare nel cinema contemporaneo. Il film è infatti accompagnato da una vera e propria partitura nella quale musica, rumoristica e dialoghi formano una fitta e calibratissima tessitura che appunto ricorda quella dei migliori film di Alan Pakula e William Friedkin.

Per quanto riguarda la parte musicale, Fincher inizialmente voleva accompagnare il film solamente da una accuratissima selezione di canzoni di repertorio dell'epoca, ma durante il montaggio divenne evidente la necessità della presenza anche di una partitura musicale composta ad hoc sulle sequenze. Il regista decide così di ingaggiare David Shire, eccellente compositore lontano dalle scene cinemusicali da ormai parecchi anni. La scelta non è casuale: Shire è infatti stata la voce prediletta proprio di quel cinema a cui Zodiac si ispira, commentando con grandissima abilità film come appunto La conversazione e Tutti gli uomini del presidente. E' soprattutto la colonna sonora del film di Francis Ford Coppola (che viene difatti utilizzata da Fincher come temp-track durante il montaggio del film) a dare così lo stimolo e l'ispirazione del commento musicale originale. Come racconta Shire nelle note di copertina, sulle prime si scelse di optare per la presenza di pochissima musica originale, ma successivamente il compositore, Fincher e il sound designer Ren Klyce decidono di ampliare lo score e di portarlo ad una quarantina di minuti. Tuttavia, gli interventi di Shire sono estremamente parsimoniosi e oculati, mai soggiogati dalla piaga della sottolineatura didascalica di immagini e situazioni, né tanto meno dalla tentazione di creare delle sterili atmosfere. Cosciente di dover condividere lo spazio sonoro con una notevole selezione di source songs sempre utilizzate con grande gusto ed intelligenza (tra cui spiccano soprattutto “Soul Sacrifice” di Santana, “Inner City Blues” di Marvin Gaye e “Hurdy Gurdy Man” di Donovan), il compositore organizza la partitura attorno ad un'atmosfera inquieta ed incerta, puntando sulla rarefazione dell'orchestrazione e su un impianto tematico scevro da inutili orpelli. L'ombra della colonna sonora de La conversazione aleggia con evidenza, soprattutto negli interventi pianistici, ma, come riconosce lo stesso Shire, la sfida era proprio quella di evitare una semplice riproposizione o, peggio, rimasticatura di quello storico score.

Come la struttura del film stesso, la partitura viene suddivisa in due grosse sezioni, che distinguono le indagini di Graysmith da una parte e di Toschi dall'altra. La prima è contraddistinta in primis dal pianoforte (“Graysmith”) e, sul piano tematico, il compositore sceglie efficacemente la strada della frammentazione (“Dare to Dream”), come dimostra la notevole “scomposizione” del tema principale associato al protagonista, che trova una vera risoluzione solamente nel finale (“Graysmith's Theme”, forse la pagina più direttamente debitrice de La conversazione). Le indagini del secondo invece sono musicate attraverso una serie di progressioni accordali politonali degli archi, su cui si innestano sovente il pianoforte e la tromba (sicuramente ispirata alla celebre pagina sinfonica “The Unanswered Question” di Charles Ives), creando così degli spettrali ed affascinanti panorami timbrici (“Aftermaths”, “Law & Disorder”) e in cui l'uso della dissonanza e dell'incertezza tonale è sempre sorvegliatissimo (“Avery & Graysmith, Toschi & Armstrong”). Shire ritrae poi l'ossessione del protagonista e della sua indagine attraverso una serie di efficaci disegni ritmici affidati soprattutto al pizzicato degli archi (“Graysmith Obsessed”, “Closer and Closer”) e a sincopati cluster del pianoforte. In queste pagine dalla scrittura preziosa (davvero bellissimo il gioco di rimando tra le sezioni degli archi, in particolare celli e viole), Shire dimostra tutta la sua notevole sensibilità musicale, figlia della scuola dei grandi autori come Bernard Herrmann. Chiudono il disco due interessanti bonus track: si tratta di due versioni dei temi principali scartate dal montaggio finale del film, data probabilmente la natura leggermente più melodica delle pagine. Come nota Shire, si è deciso alla fine di eliminare qualsiasi eventuale nota di “sentimentalismo” o di rassicurazione emotiva per non danneggiare il sottilissimo equilibrio drammatico del film.

Il risultato finale della partitura è sicuramente encomiabile e di singolare profondità, come ormai sempre più raramente capita di trovare nell'attuale desolante panorama della musica cinematografica, dimostrando che l'economia di mezzi può trasformarsi in grandissima ricchezza espressiva. Fa oltremodo piacere trovare in piena felicità creativa un compositore purtroppo lasciato troppo spesso da parte negli ultimi anni. Se il film e la sua partitura descrivono con maestria la coltre di foschia emotiva e l'ambiguità di ciò separa il bene dal male, una cosa però è chiara come il sole: Zodiac è, senza ombra di qualsiasi dubbio, una delle migliori partiture cinematografiche del 2007.



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