Nomad The Warrior

cover_nomad_the_warrior.jpgCarlo Siliotto
Nomad The Warrior (id., 2006)
Varèse Sarabande 302 066 796 2
33 brani – Durata: 71'11"



Il bravo Carlo Siliotto firma la partitura per questo epico kolossal di ambizioni hollywoodiane che narra le vicende di un nobile guerriero kazako del 18° secolo destinato a riunire le tre principali tribù del paese in lotta contro gli invasori Ungari. Il film è la più imponente opera cinematografica mai prodotta in Kazakistan (costato 40 milioni di dollari e fortemente voluto dal presidente dell'ex-Repubblica Socialista Sovietica), sebbene siano poi intervenuti nella produzione i famigerati fratelli Weinstein (che hanno richiesto l'aggiunta di ulteriori scene di battaglia ed una espansione della storia d'amore), distribuendolo alla fine del 2006 sul mercato statunitense.
La partitura di Siliotto si è infatti guadagnata una meritata candidatura al prestigioso Golden Globe dello scorso gennaio ed è un peccato che, soprattutto nel nostro paese, questo ottimo lavoro sinfonico non abbia ricevuto la meritata attenzione ed il giusto plauso. Il compositore ha infatti passato molto tempo a studiare le fonti musicali dei luoghi e del periodo in cui la vicenda si svolge, alla ricerca di suoni e timbri il più possibile autentici. Siliotto non ha però voluto lasciarsi tentare dalla realizzazione di una partitura interamente etnica né tanto meno spingersi nei territori un po' à là page della world music a buon mercato. Piuttosto, il musicista romano cerca di trovare una strada efficace ed espressiva innestando il materiale etnico di origine kazako all'interno di un impianto fondamentalmente sinfonico. A nostro avviso, il risultato è pienamente riuscito. A differenza di molte partiture per pellicole ben più blasonate e famose, qui siamo di fronte ad un'opera estremamente curata e riflettuta, dove l'utilizzo della componente etnica non è mai un mero sapore aggiunto come condimento sopra l'orchestra, ma piuttosto un ingrediente importante e ben mescolato con tutti gli altri. Siliotto è poi da applaudire per il coraggio e l'ambizione: la partitura infatti è costruita per una grande compagine sinfonica (la Bulgarian Symphony Orchestra), a cui si aggiunge un cospicuo ensemble etnico (la Kazakh Gurmangazy Orchestra of Folk Instruments), solisti vocali, il coro femminile delle Voci Bulgare e un'impressionante sfilata di solisti, tra cui un notevole stuolo di percussioni. Tutta questa ricchezza di mezzi infatti è sapientemente maneggiata da Siliotto, sempre attento a non farsi mai prendere la mano da manie di gigantismo. Anzi, il compositore appare molto abile a trattare tutto il materiale musicale, stando sempre molto vicino al cuore e alla sostanza delle sue composizioni. La partitura spicca comunque soprattutto per la sua cifra epica e solenne (“Kazakhstan 1710”), una qualità che oggi è quasi impossibile da trovare in gran parte delle colonne sonore di kolossal epici hollywoodiani. Siliotto inoltre possiede una vena lirica invidiabile (basti come esempio la stupenda “Oraz Tells the History”) che gli consente di scrivere temi e melodie affascinanti, che trovano sempre il loro giusto spazio nello sviluppo di tutta la composizione. Sono molte le idee tematiche di spicco di cui si compone la partitura: il tema principale (che sentiamo esporre per la prima volta in “Looking for the Child” e poi in “Baby Rescued”, oppure con solare lirismo in “Save Your Son!”) è una fluida e nobile invenzione melodica nella tradizione delle migliori partiture “epiche” della musica da film (l'arrangiamento conclusivo in “Nomad” è una vera perla). Un altra bellissima creazione è il tema secondario, che potremmo definire “il leitmotiv dell'amicizia” (esposto con grande rapimento lirico dal clarinetto e poi dal violoncello in “You're Still My Brother”), così come il nostalgico tema d'amore (“Meeting Gaukhar”, “Her Eyes, Her Voice”). Siliotto riesce anche a ritagliarsi delle parentesi di marca riflessiva (“The Scarf”), dove spiccano gli interventi di violoncello, flauto e violino. Non mancano poi pagine di battaglia (“Jungar Attack”, “The Duel”) affidate alla ricchezza sonora dell'intero organico orchestrale, senza però mai cadere in un facile pompierismo. L'imponente brano conclusivo (“Kazakh Victory”) è un ottimo ed appassionante riepilogo di tutte le idee tematiche principali, nel quale Siliotto fa idealmente culminare l'intera partitura. In certi momenti l'approccio stilistico di Siliotto ricorda quello di Gabriel Yared e della sua partitura ricusata per Troy, uno stampo dunque più “europeo” e trasversale rispetto a ciò che si è soliti ascoltare. Sarebbe un vero peccato lasciar sfilare nel dimenticatoio una pregevolissima colonna sonora come questa. Tra tutte le banalità cinemusicali da cui siamo sommersi, un lavoro di tale nobile fattura come Nomad merita davvero tutta la nostra attenzione e tutto il nostro assenso. E dunque: bravo, Maestro Siliotto!



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