Hostel Part II

cover_hostel_2.jpgNathan Barr
Hostel 2 (Hostel Part II, 2007)
Varese Sarabande LC06083
17 brani - Durata: 42’02”



Davvero telentuoso Nathan Barr, capace di creare una colonna sonora efficace per un film horror ultraviolento, odioso, a tratti insopportabile.
Tre studentesse americane vanno in vacanza studio a Praga. Non sanno però che, nell’ostello in cui alloggiano, le aspetta un bellissimo gestore appassionato di tortura e violenze.
La Suite (“Amid a Crowd of Stars”), brano di notevole impatto, parte su arpeggi di arpa, soli di violino ed oboe in un’atmosfera placida, incantata, sospesa ed intensamente melodica.
Si sviluppa nella lirica ariosa degli archi, in un crescendo dilatato e stemperato dai timpani, prolungandosi in un tema patetico e drammatico sempre sostenuto dai cori degli archi.
"Beautiful Skin", spettrale e rarefatta, si aggira tormentata fra le note tenute degli archi ed i pizzicati dell’arpa prima di incappare nel gong della morte ineluttabile, sottolineata dalla fuga in crescendo degli archi e dalle percussioni gravi e inesorabili.
"Train" striscia su lancette sonore ipnotizzate che lasciano presto spazio alla fuga impazzita degli archi, tesi in un tema autoreferenziale e morboso che non lascia via d’uscita. L’impressione che l’infarto sia dietro l’angolo è sempre presente.
Atmosfera di nuovo tragica in "Paxton Meets Sasha", dove ad un certo punto il gong vi dilanierà i timpani per farvi poi precipitare in un inferno di note depresse e senza scampo.
"Bidding War" è intonata da un violoncello stanco, fra dissolvenze sonore e maestosi ottoni, in un accelerando finale senza tregua.
E con "Portrait" siete in un mondo sonoro cupo, esasperato, giocato su un pugno di note che a malapena vedono la luce negli archi stridenti e negli accordi dissonanti.
"Montage" parte su un glissando di effetti sonori fantasmagorici, lontani, appesi ad una voce che articola sonorità arcane e sconosciute pungolate dai tasti nervosi e tratteggiati del pianoforte.
Parentesi di arpa, voce ed oboe con "The Kiss" e "Boat Ride": armonie sempre sospese, senza una risoluzione evidente.
"Stuart" gela il sangue con gli archi striduli e piccati, sonorità pungenti sostenute dagli ampi ottoni.
"The Bath" è un vero e proprio spleen sonoro verso l’abisso, un climax sonoro terrorizzante in cui gli archi annaspano su note scarne e ferite, onomatopee di lamenti, ronzii e urla strozzate.
"Elevator" prosegue sugli archi paralizzati e isterici inseriti su tritoni malefici.
"Escape" è un concitato marciare di percussioni a cui si aggrappano le linee melodiche degli archi, gli smarrimenti e le fughe degli ottoni sconvolti.
"Todd" vede risalire dall’abisso, invano, lo sgomento degli archi funestato dalle esclamazioni degli ottoni. Coda melodrammatica.
"Turning Tables" crea un’atmosfera di attesa che sfocia in un’altra fuga degli ottoni, in preda a veri e propri barriti.
"Snip" esplode in un vortice di note imperative fino alla progressione discendente finale.
Chiude l’arpa di "Axelle", un’arpa interrogativa a cui rispondono le frasi brevi dell’oboe.
Davvero niente male, se siete sopravvissuti alla visione del film.

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