Pars vite et reviens tard

cover_pars_vite_reviens_tard.jpgPatrick Doyle
Pars vite et reviens tard (inedito, 2007)
Colosseum LC 03387
16 brani – Durata: 41’23”

 

Dopo le remunerate fatiche hollywoodiane, Patrick Doyle trova nuova occasione per ispessire la sua vena eclettica scrivendo la colonna sonora per la produzione francese Pars vite et reviens tard, diretta da Régis Wargnier. Un mix di dramma e mistero, la storia di un commissario di polizia che ancora soffre per la fine di un amore e che si vede assegnato il compito di indagare su un inquietante morbo che sta paralizzando Parigi. Tinte fosche per un thriller venato di giallo che Doyle ha scelto di non accompagnare giocando colpi bassi ai gangli emotivi dello spettatore, ma sottolineando e assecondando le caratteristiche dell’ambientazione: una Parigi che non splende di luci nella sua scintillante vita notturna, ma che si presta ad essere intrigante location per un poliziesco. Ben si abbina, in quest’ottica, all’umore tetro del protagonista, cui l’OST guarda in modo impeccabile seguendo le vicende senza voler prevaricare sulle stesse; si ascolti come valido esempio la melodia sussurrata di “Les symptômes du fléau”.
Una grigia malinconia attraversa del resto buona parte della soundtrack, che per questo può a volte apparire ostica all’ascolto decontestualizzato, nella sua adesione quasi mimetica ai toni della storia raccontata da Wargnier. Ne sono esempi il canto del pianoforte che gioca su poche note in “Camille”; o il motivo lento, accompagnato però da un controcanto nervoso, di “Révélation”.
Ma la colonna sonora di Pars vite et reviens tard non si adagia su una piattezza monocorde. Gli archi riproducono la sensazione d’avere a che fare con un mistero che ha del sovrannaturale in “”L’archéologue”, accompagnati dai fiati severi. Ancora, echi che paiono ultraterreni si tingono qua e là di sfumature antiche (sembrano strizzare l’occhio al peplum) in “L’érudit”. In “La mort en marche”, poi, la lentezza degli archi e il loro insistere su poche note - in contrasto a un pianoforte agitato - rendono in diversi passaggi la sensazione dell’incombere di un pericolo trascendente in modo simile a quello che Alan Silvestri aveva adottato per l’OST de Le verità nascoste (What Lies Beneath, 2000).
Maggiormente incalzante il finale: in “La coupable” corrono gli archi - ruotando attorno a poche note - così come s’affretta il protagonista nel tentativo di arrivare a una soluzione dell’enigma; le percussioni paiono riprodurre il suono delle lancette dell’orologio, sottolineando l’incalzare del tempo.
Così, se anche le sonorità di Doyle non appagano l’udito con immediatezza, rimane da apprezzare la capacità della colonna sonora nell’adeguarsi all’umore della storia che commenta, mettendosi al servizio delle necessità del racconto filmico.

 

 

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