Le ragioni dell’aragosta

cover_ragioni_aragosta.jpgRiccardo Giagni e Maurizio Rizzuto
Le ragioni dell’aragosta (2007)
CAM 515437-2
12 brani - durata: 30'25"

 

Nell’ambito della musica per cinema, una figura professionalmente ed umanamente generosa, aperta come quella di Riccardo Giagni resta un punto di riferimento – per alcuni addirittura assoluto. La definizione che più spesso è associata al suo nome, quella di sound designer, appare estremamente limitante se riferita ad un’attività la cui importanza cresce di pari passo con l’approfondimento della ricerca sonora che il compositore conduce da diversi anni. Se l’applicazione per la trilogia di Marco Bellocchio ha finito col rappresentare, nel giro di poco, il capo spartiacque nel grande mare della musica per film, anche la collaborazione di Giagni con Sabina Guzzanti assume, per ragioni differenti, un valore analogo. Le composizioni per i film della regista romana hanno infatti una fisicità, una concretezza più netta rispetto all’importante lavoro, originale e sul repertorio, realizzato per Bellocchio. Fondamentale in questo senso l’apporto di Maurizio Rizzuto, compositore e percussionista già al fianco di Giagni per Viva Zapatero! assieme al quale il musicista mette a fuoco gli obiettivi da perseguire – raggiunti brillantemente e con limitati mezzi, impresa eroica che riesce bene a pochi.
Le istanze poste da questo particolare film non sono banali, poiché la vicenda narrata si snoda lungo un percorso che oscilla tra la finzione e la realtà, delineando caratteri marcatamente terreni – molti dei quali noti per essere stati protagonisti dei più innovativi programmi TV satirici degli anni recenti – ma mostrando anche, dietro ciascuno, un’ombra di fragilità ed etereità evidenziata da una musica chiaramente concepita e sviluppata assieme al film, cresciuta con i personaggi. Un piccolo dramma corale cela grandi tormenti individuali: quello di Piefrancesco Loche, che si ritira nel suo eremo sardo meritando e, forse, desiderando una vita artistica più appagante di quella già vissuta (ben espresso dalla resa acustica di brani come “Le ragioni dell’aragosta” e “Antonello e Pierfrancesco”), così come quello di Cinzia Leone, un momento di realtà cruda e sconcertante che vive di una parallela rappresentazione musicale intitolata “In This Way”, corto circuito sonoro implacabile e partecipe, rilettura in flash e frammenti di una devastante malattia e di uno sfiancante recupero. Si rintracciano poi interessanti associazioni di modelli, come quello dell’eroe granitico Gianni Usai, a topoi musicali radicati nella tradizione del cinema di genere: è il caso di “Gianni l’eroe”, composizione che rimanda a standard western (con una melodia distesa per tromba, un intro ed una conclusione dai toni decisamente epici), di “The Art of Prevention” o del bluegrass “L’operaio e l’aragosta” - violino, plettri, armonica a cercare un parallelo tra i paesaggi sardi e l’ovest dei pionieri statunitensi, dei quali questi personaggi mostrano un aspetto caricaturale e demistificatorio. I velati riferimenti al road movie sono assecondati anche dal blues, evocato più volte nel film e di rado nell’album (“Sul traghetto”). Non sono stati inseriti nel CD alcuni frammenti, tra cui il brano che accompagna la movimentata apertura - una tessitura per tastiera e chitarra con l’inserimento di suoni elettronici e rumori, validissima applicazione di regolare sincrono (il rintocco di campana che sottolinea l’inizio e la fine dell’introduzione con voce over della Guzzanti) ad una sequenza dal montaggio serratissimo, oltre che esempio di sapiente uso dei rumori in partitura a fini narrativi. Escluso anche l’interessante repertorio, come il coro russo opportunamente citato per accompagnare i filmati d’epoca della Torino operaia, ed alcune performance di scena, tra cui l’intervento dei Tenores de Bitti.
La scrittura musicale di Giagni e Rizzuto mostra un tratto apparentemente leggero e in realtà in grado di illuminare elementi importanti all’interno della rappresentazione, oltre che di trasmettere un messaggio concettuale in modo chiaro. Avviene nel finale del film, dove sarebbe stato persino possibile rinunciare ad una chiarificazione verbale - la voce over della regista - valutando le capacità di sintesi dello spettatore e lasciando la conclusione (una splendida conclusione) nelle mani dei musicisti.

 

 

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