Notes on a Scandal

cover_notes_on_a_scandal.jpgPhilip Glass
Diario di uno scandalo (Notes on a Scandal, 2007)
Decca Records 475 8661
20 brani – Durata: 50’49”

 

Il film di Richard Eyre Diario di uno scandalo è tratto da un romanzo (opera di Zoë Heller) narrato in prima persona. La sua colonna sonora, scritta da Philip Glass, diviene in quest’ottica strumento fondamentale nel tentativo di portare sullo schermo quel surplus di soggettività che la traduzione cinematografica di un testo scritto difficilmente riesce a conservare. La vicenda, intricata e complessa, vede confrontarsi due donne. Barbara (Judi Dench), fredda insegnante di mezza età sempre più sola, e Sheba (Cate Blanchett), docente d’arte e nuovo acquisto dell’istituto scolastico, che con i suoi occhioni e i capelli biondi arriva a portare scompiglio fra il corpo insegnante e gli studenti. L’attaccamento di Barbara nei confronti di Sheba si fa ogni giorno più morboso, superando la soglia della semplice amicizia; la prima, frustrata e manipolatrice, saprà mascherarsi dietro una cortina di apparenti buone intenzioni perfino dopo la scoperta che Sheba ha una relazione con uno dei suoi studenti. I vivaci consigli di troncare la relazione nasconderanno sempre meno bene l’ombra del ricatto e della gelosia.
Glass costruisce per Diario di uno scandalo un fascinoso tema principale e lo affida spesso, su accompagnamento degli archi, ai fiati, che scivolano con ambigua e carezzevole facilità lungo le note: rapidi aumenti e diminuzioni di intensità che ben ritraggono la doppiezza psicologica e l’incessante, malato lavorio della mente di Barbara. Si ascolti a titolo d’esempio l’incipit della OST, “First Day of School”, che parte con la scura austerità degli archi, ma anche “A Life Lived Together”, in cui è tenace l’ostinazione del violino.
La scala cromatica del lavoro di Philip Glass, pur all’interno dei toni del dramma psicologico, è straordinariamente ampia come già in The Hours (2003), di cui Diario di uno scandalo riprende le rapide scale e il vasto mutare dei colori, sempre intensi.
Si sviluppa in modo assai complesso la melodia degli archi in “The History”, che sparge di tanto in tanto accordi di pianoforte. Le percussioni sostengono la tensione in “Confession” e soprattutto in “Betrayal”, che diviene violento, dalle connotazioni quasi belliche. Le tinte scure sono invece quelle tipiche del thriller in “Discovery” e in “Someone Has Died”, sempre più nervoso.
La musica cambia, muta ritmo e tonalità, sussulta e s’azzittisce. “Sheba & Steven” parte con un crescendo che somma al violino prima i fiati, poi le percussioni per arrivare infine al tema completo. Vivido e palpitante è il brano “Invitation”, che trasuda impalpabile nervosismo con le sue impennate e le scale ascendenti e discendenti.
Così l’intera soundtrack riesce in modo brillante a commentare lo sleale e torbido attaccamento di Barbara a Sheba, definendo attraverso il linguaggio sonoro l’intera portata equivoca dei fatti. Ma lo fa senza essere sgradevole. Unendo anzi alle necessità narrative una nota di seducente ed enigmatica attrattiva.

 

 

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