I Vicerè

cover_vicere.jpgPaolo Buonvino
I Vicerè (2007)
CAM 515443-2
23 brani - durata: 55’44’’

 

Ricreare il suono di un’isola come la Sicilia, il suo sapore, il suo colore, nelle cose e nei luoghi, le voci degli uomini, la voce della sua storia, credo possa essere un’avventura difficile quanto stimolante. La musica, lo sappiamo, è una componente importante nella costruzione dell’universo, un unicum di immagini e suoni, attraverso cui un film prende vita. Ed il ruolo giocato dalla musica di Buonvino nella definizione dei caratteri dei personaggi, degli ambienti, e nella sottolineatura dei nodi narrativi di questa pellicola, firmata da Roberto Faenza, è certamente di primo piano. Il M° Buonvino riesce, attraverso la costruzione di un leitmotiv semplice, diretto, a tracciare i contorni di un mondo fatto di luci ed ombre, le stesse con cui ha, con sapienza, giocato Maurizio Calvesi, che del film ha curato la fotografia.
La musica di Buonvino è capace di mettere a nudo forze e debolezze, le fragilità di un’isola, di una famiglia, di un momento della storia siciliana e dell’Italia difficili, quanto importanti. I Vicere’, film liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Federico De Roberto del 1894, è un affresco degli anni segnati dalla caduta dei Borboni, quelli precedenti la nascita dello stato Italiano, un affresco della società siciliana vista attraverso la lente, lo sguardo, del protagonista, Consalvo Uzeda, che racconta gli intrighi, le invidie e le cattiverie di una famiglia, discendente dei vicerè spagnoli.
Nei brani della OST vengono ad essere rielaborati elementi della tradizione musicale dell’isola attraverso la poetica propria dell’autore. E’ facile riconoscere nel tema che si lega alla famiglia Uzeda, ad esempio, le sonorità, i movimenti, delle bande di paese che con la loro musica hanno sempre accompagnato i momenti importanti nella vita delle comunità (feste religiose, funerali, momenti ludici). Un impasto orchestrale che guarda indietro, alla tradizione, ma che sa anche trovare lo spazio per l’utilizzo di suoni di sintesi e per elementi sonori/musicali come la voce umana. Quest’ultima è usata come uno strumento che ricerchi mondi sonori e timbri nuovi, in cui resta comunque forte l’eco delle sonorità arabe come nel canto di dolore per “Consalvo ferito”  o, in modo più convenzionale,  utilizzata all’interno di un coro, come nei brani “La principessa Uzeda” o “Donne al monastero”. Si faceva riferimento alle tradizionali bande di paese cui è legato in parte il respiro musicale dell’isola, ed è questo un legame che si avverte fin dal principio ascoltando la OST. Pur utilizzando una orchestra d’archi, infatti, (buona la prova della Orchestra Roma Sinfonietta diretta dallo stesso Buonvino), sembra quasi, soprattutto all’attacco del brano principale che contiene il leitmotiv ("I Vicerè"), di ascoltare una orchestra di fiati, una formazione bandistica, soprattutto per il “portamento”  con cui si distende il tema sul tre quarti che segna un ritmo di danza stanca, che accompagna l’entrata in scena della famiglia protagonista del racconto.
Il suono, il sapore, i colori della Sicilia in questo score rilevano l’anima oscura, tragica, dell’isola; una musica per certi versi religiosa, fatta di slanci verso l’alto e di momenti in cui l’incalzare degli archi sotto i colpi delle percussioni acquistano un carattere marziale e drammatico. Come isole sonore, in cui tutto sembra essere calmo, quieto, restano infine alcuni momenti musicali “La via della semplicità”,  “Giacomo”, che sempre tradiscono, però, un sentimento di impotenza, di resa dell’uomo nei confronti della storia, del destino che guida, come in un gioco cinico e crudele, loro malgrado, la vita di tutti i personaggi.


 

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