Paranoid Park

cover_paranoid_park.jpgAA.VV.
Paranoid Park (id. - 2007)
Discograph UWe237
16 brani – Durata: 51’21’’

 

All’interno di un’opera cinematografica come Paranoid Park (diretta da Gus Van Sant) respiriamo una fortissima malinconia e un senso di solitudine totale che si nascondono nel profondo di una persona (specialmente in un ragazzo). Tutto questo viene causato da una situazione socio-famigliare che sempre meno si prende cura di ciò che (un giorno) potrà essere la luce di domani. I brani, lentamente, attraversano molteplici stati d’animo del personaggio (Alex), il quale nella sua profonda e difficile adolescenza viene abbandonato da tutti, cadendo così in uno stato di silenzio (apparente) totale. La colonna sonora ci trasporta all’interno di numerosi generi musicali: pop, rock, new age/ ambient music, country e sinfonie di musica classica. E’ proprio questa mescolanza di generi che ci restituisce perfettamente l’immagine di un certo tipo di società, di famiglia (la quale si prende cura di tutto tranne che del proprio figlio, che a fatica conosce). Queste partiture ci fanno soffrire, penare, ma anche sognare: “Outlaw (Cast King)”, “Angeles (Elliott Smith, dall’album: Either/Or, 1997)”, “The White Lady Loves you More (Elliott Smith, dall’album: Elliott Smith, 1995)”, ci trasmettono un senso di colpa incosciente, ma vivo. Tutto cade rovinosamente su Alex, il quale non si è reso conto (ancora) di cosa ha fatto e cosa gli sta succedendo.
La solitudine e il rimorso che queste partiture esprimono accompagnano senza sosta il protagonista. Forti sono i contrasti fra la colonna sonora e le immagini: “I Can Help (Billy Swan, dall’album: Rock ‘n’ Roll Moon, 1997)”, “Strongest Man in the World (Menomena, dall’album: I Am the Fun Blame Monster, 2004)”, “We Will Revolt (The Revolots)”, “Symphony N° 9 “Choral” 4 presto (Ludwig Van Beethoven)”, “La Chambre Blanche (Robert Normandeau, 1985-86)”. Paranoid Park è l’unico luogo (forse) in cui Alex riesce a dimenticare o comunque a vivere, ma tutto questo non basta. Gli skaters che danzano su quella pista si sentono vivi, considerano quel luogo qualcosa di magico nel quale accedervi sta a significare: essere parte di qualcosa, essere riconosciuti, avere un certo valore. In quel luogo tutti si sentono importanti, felici e forse anche consapevoli di essere lontani da una società che si è dimenticata completamente di loro; quel posto rappresenta (se così si può dire) la salvezza da tutto questo. Per quanto strano possa sembrare all’interno di questa OST troviamo brani composti da Nino Rota per i film di Federico Fellini (Amarcord, 1973 “La Gradisca e il principe”; Giulietta degli Spiriti, “ Il giardino delle fate”, “La porticina segreta”, 1965), i quali vengono utilizzati dal regista per descrivere un certo stato di ingenuità e fanciullezza che, troppo prematuramente, è destinata a finire. Ritrovare delle partiture scritte per le pellicole di Federico Fellini all’interno di questo lungometraggio crea un forte contrasto spazio temporale che, per un attimo, ci lascia disorientati, ma non distratti. Possiamo dire che tutta l’opera musicale è un completo delirio psichico che abita nella mente di Alex, il quale è troppo chiuso in se stesso per confessare e gridare a tutti il suo dolore, la sua amarezza, il suo disagio. Credo profondamente che saranno ancora molti (purtroppo!) i “Paranoid Park” da attraversare e da vivere per poter un giorno (finalmente) goderci questo sole.

 

 

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