Tutta la vita davanti

cover_tutta_vita_davanti.jpgFranco Piersanti
Tutta la vita davanti (2008)
GDM 2088
15 brani – durata: 36’14”

 

Per un film come Tutta la vita davanti sarebbe stato plausibile tentare dei prelievi dalle migliori partiture per commedie degli anni Sessanta e Settanta, cosa che peraltro potrebbe corrispondere ad una precisa richiesta del regista che ha qui elencato, assemblandoli alla meglio, molti degli elementi chiave della commedia all’italiana. Affrontare il genere semplicemente declinandone le componenti quasi sempre ne circoscrive le potenzialità espressive, così come limitarsi a coltivare il vezzo dell’ironia (e questo è il caso) di rado porta a risultati migliori. Franco Piersanti è riuscito dove Virzì ha fallito, solo evocando la potenza espressiva di certe pagine musicali di Rota, Rustichelli, Trovajoli. Nessun ricorso alla citazione bensì, più efficacemente, una scrittura che di quei compositori e delle loro migliori opere conserva il potenziale ironico, sostenuto da una capacità di assecondare il messaggio in maniera intima e riservata integrando in una metodologia compositiva consolidata (in quegli anni ancora piuttosto limitata alla pratica artigianale) una duttilità comunicativa sempre più rara nei musicisti della sua generazione.
Non è di molta utilità e neppure di grande interesse ricercare nella musica di Piersanti riferimenti agli autori del passato, per cinema e non solo (Stravinskij, North, Rota), poiché se tracce vi sono ancora in questa intelaiatura musicale esse sono certamente ben integrate in uno stile personalissimo che rende ogni composizione immediatamente riconducibile al suo autore, anche per via di strumentazione ed orchestrazione curatissime.
Il punto è che non sempre il compositore si trova a collaborare con registi in grado di posizionare la sua musica correttamente. È per fortuna avvenuto in passato con Amelio, con Moretti, persino con un regista per lo più dedito a produzioni televisive come Alberto Sironi, ma non succede con Virzì. Uno spettatore mediamente attento al sonoro finisce inevitabilmente col soffrire per le mutilazioni e l’uso banalmente didascalico che si fa di brani di grandissima forza comunicativa come “Marta sentimentale”, di cui si apprezzano l’accurata scrittura della parte per i bassi (che è una peculiarità dell’intero lavoro musicale) assieme alla delicatezza e all’incisività degli interventi dei solisti. Analogo, banale trattamento per “Amaro espressionista”, una vivace ed ironica versione per soli fiati del tema portante con un effetto timbrico che velatamente rimanda al Rota felliniano, per arrivare a “La follia di Daniela”, complessa composizione in cui il procedimento di astrazione al quale il compositore fa ricorso rappresenta puntualmente la deriva interiore di un personaggio inquietante.
Nella parte centrale di un corpo musicale esteso è posizionata la migliore composizione, “Sbrokkamenti forti”, quella che per elaborazione e sviluppo del nucleo tematico, strumentazione ed equilibrio nell’orchestrazione può orgogliosamente stare accanto ai più conosciuti e celebrati temi della storia della musica per cinema - viene da pensare al Morricone di Indagine, già opportunamente citato da Luca Bandirali a proposito del lavoro di Piersanti per Il Caimano di Moretti. In equilibrio perfetto tra rimandi alla musica per film del passato (Nino Rota per Fellini) e l’autocitazione (ancora Il Caimano e, altrove, Mio fratello è figlio unico), il pezzo trova una sua prosecuzione nei due minuti di "La caverna di Platone", un episodio breve ma estremamente suggestivo, rappresentazione musicale efficace del mito platonico della caverna che è anche una summa delle suggestioni armoniche “aperte” cui tipicamente il musicista ricorre col sostegno dei consueti, misurati interventi degli strumentisti.
Ogni traccia presenta potenzialità espressive notevoli ed è caratterizzata da delicati equilibri coloristici; delicatezza e misura non indicano fragilità neppure in quest’ultima partitura di Piersanti il quale sparge piuttosto prove di una scrittura competente ed accuratissima, che oltretutto non potrebbe avere una direzione migliore di quella dello stesso autore.
L’equilibrio, ancora una volta, è invece carente nella trattazione delle composizioni la cui complessità e ricchezza restano impossibili da cogliere durante la visione (e l’ascolto) del film. Un episodio purtroppo non isolato in Italia, dove è ancora tristemente limitante il ruolo che molti registi assegnano alla musica.

 

 

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