The Day The Earth Stood Still

cover_day_earth_stood_still.jpgTyler Bates
Ultimatum alla terra (The Day The Earth Stood Still – 2008)
Varese Sarabande 302 066 938 2
28 Brani – Durata: 52’57’’

 

Remake del celebre ed omonimo film The Day The Earth Stood Still (Ultimatum Alla Terra), una delle icone del cinema di fantascienza degli anni 50, la nuova versione targata Scott Derrickson e interpretata da Keanu Revees, Jennifer Connelly e Kathy Bates delude sotto molti aspetti, tra cui quello musicale; la partitura composta da Tyler Bates (300, Slither, L'Alba Dei Morti Viventi) impallidisce difatti non solo di fronte alla composizione originale del grande Bernard Herrmann (Psyco, Taxi Driver, La Donna che Visse Due Volte, Intrigo Internazionale), ma anche in confronto ad altri lavori dello stesso genere. La colonna sonora scritta per la rivisitazione di questo grande classico si presenta carica di luoghi comuni e incastri tipici dell'autore statunitense, il quale nel corso degli anni si è ritagliato un modesto spazio all'interno del panorama cinematografico con pellicole di lieve spessore quali Get Carter (remake dell'omonimo film, interpretato da Sylvester Stallone ), 300 e materiale horror quale L'Alba Dei Morti Viventi o Slither.
L'approccio scelto da Bates sembra voler emulare quella trasversalità, originalità e innovazione che hanno reso grandi autori contemporanei quali Marco Beltrami o John Frizzell, con la differenza che il risultato ottenuto in questa (ed altre) partiture coincide più con un ammasso informe di suoni che non con una scrittura musicale atipica.
Nonostante l'interesse che momenti quali “Mountain Climber”, “National Security” o “Military Approach” possano risvegliare nell'ascoltatore, attraverso costruzioni atonali, dissonanti, atmosfere che oscillano tra effetti elettronici e note tenute da forti sezioni d'archi, intervallate da strappi d'ottoni e ritmiche incalzanti, il quadro generale si mostra assai piatto e monolitico, dal quale è difficile estrapolare momenti realmente stimolanti.
Un vero peccato, perché d'idee da sviluppare, con una pellicola del genere, ce ne sarebbero molte, come numerosi i vari metodi d'approccio plausibili, dai più vigorosi e catastrofici, in cui sicuramente troviamo validi esempi "orecchiabili" quali Independence Day (David Arnold), a quelli più trasversali quali La Guerra Dei Mondi (John Williams).
Il risultato della scrittura di Bates finisce col ricalcare molto di più gli standard MediaVentures piuttosto che guardare a figure importanti della scrittura epidermica, e ciò lascia piuttosto delusi perché, sebbene il film sembri non essere all'altezza delle aspettative (qualora ve ne fossero), la partitura avrebbe potuto eccellere, proprio come accadeva 20 anni fa a Jerry Goldsmith quando scriveva dei veri e proprio capolavori dedicandosi a pellicole che rasentavano il ridicolo, quali The Swarm o altri titoli di serie B.
Non si può negare la presenza d’idee interessanti o quantomeno stimolanti, basti pensare a “This Is Not An Exercise” o “Do You Feel That?”, brani che regalano rispettivamente ostinati d'archi particolarmente seducenti, uniti a temi andanti dal carattere estremamente drammatico, o creazioni d'atmosfera senza dubbio originali e di grande effetto.
Il problema principale resta comunque proprio questa ricerca dell'atmosfera, che se in lavori come Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo, del grande John Williams, sfociava in una costruzione tematica particolare, singolare e unica nel suo genere, qui troviamo in costruzioni ritmiche e marce forzate, incalzanti, con crescendo tanto d'effetto quanto banali la valvola di sfogo di questa estenuante attesa, che assolutamente non rende giustizia ad una buona gestione, per quanto anch'essa banale, della costruzione atta a portare lo spettatore/ascoltatore all'attesa dell'esplosione musicale.
C'è ben poco da dire sulla partitura; l'alternanza di effetti elettronici, atmosfera, note lunghe tenute dalle sezioni d'archi, accenni di temi esposti dai corni, ed una costruzione ritmica piuttosto ciclica e ricorrente sono gli elementi che si susseguono e ripetono all'interno dell'intera composizione, lasciando ben poco spazio alla sorpresa o all'originalità; in parole povere, ascoltati i primi brani, e ascoltato tutto l'album, sebbene momenti come “Aphid Reign” possano far rizzare le orecchie, grazie ad una grandiosa esplosione dal carattere apocalittico, si resta comunque insoddisfatti dal contorno.
Tyler Bates continua a rispettare l'immagine costruita nel corso degli anni, profilo di una figura indubbiamente capace, ma assolutamente inadeguata se si cerca un qualcosa che renda memorabile la colonna sonora di un film. Ottimo per riempire, per accompagnare senza invadere, ma si può stupire anche restando nell'ombra.
In definitiva una partitura che si può tranquillamente evitare. I momenti interessanti, per quanto meritevoli di attenzione, risultano essere davvero insufficienti nel tentativo di risollevare l'intero lavoro.


 

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