Gridiron Gang

cover_gridiron_gang.jpgTrevor Rabin
La gang di Gridiron (Gridiron Gang, 2006)
Varèse Sarabande Records LC 06083
18 brani – Durata: 55’19”

 

Il tessuto musicale che Trevor Rabin ha creato per accompagnare Gridiron Gang (in uscita sugli schermi italiani con il titolo La gang di Gridiron), il nuovo film di Phil Joanou, riesce a coniugare facilità d’ascolto e assenza di banalità nell’elaborazione dei passaggi melodici. I temi debitori della tradizione sinfonica, che si susseguono spesso, non sono astutamente lasciati a far mostra di sé gonfiandosi con sterile magniloquenza, ma si inseriscono in uno schema compositivo abbastanza complesso.

I brani della soundtrack non restano infatti mai piatti e monocordi; il sentire di ogni traccia sa mutare attraverso l’utilizzo sapiente delle componenti orchestrali che ora si alternano e ora cooperano alla creazione di un’atmosfera che preclude al lavoro di Rabin la possibilità di scivolare nella freddezza; l’OST mette anzi in successione una serie di toni e sfumature abili nel connotare emotivamente la pellicola cinematografica, e riesce a giovarsi di un’orchestrazione particolarmente abile – opera dello stesso Rabin con Steve Kofsky e Gary May –.
Il sinfonismo, spesso davvero trascinante, può essere guardato con sospetto, accusato d’essere facile richiamo per l’orecchio non allenato, allettante condimento chiamato a dilatare l’ingrediente emozionale del film. Ma l’alternarsi di registri espressivi differenti sa rendere le musiche di Gridiron Gang particolarmente apprezzabili anche nell’ascolto separato dalla visione cinematografica.
Quanto alle componenti tecniche, si fa notare (come spesso accade ormai in creazioni musicali per la produzione mainstream) l’impiego degli archi, ora lenti e solenni (in "Camp Kilpatrick") ora rapidi e incalzanti, capaci di sostituirsi alle percussioni per quel che riguarda l’impronta ritmica (in "Letter Writing Montage"). Il ritmo stesso sa farsi davvero incalzante in più punti, e l’uso degli strumenti a percussione fa tornare alla mente atmosfere belliche (si ascoltino "We’re Better Than This" e "Mustang Challenge") o tribali (soprattutto "Roger’s Dead"), rendendo talvolta il risultato simile a creazioni del miglior Thomas Newman (chi non ha ancora ascoltato il suo Little Women, per il film di Gillian Armstrong, corra a farlo).
Palpitante e vigorosa, la colonna sonora affida qua e là il canto al pianoforte ("Forgiveness") e attraverso strumenti di tipo diverso – non solo archi e percussioni, anche fiati –  riesce ad alternare crescendo e diminuendo; in "We’re Better Than This (Part 3)" ne sono presenti addirittura due, uno largo e costruito sull’aumento di intensità, uno tutto giocato sul serrarsi del ritmo; con "Junior Returns", invece, Rabin ha ottenuto un effetto simile attraverso la ripetizione dello stesso tema melodico da parte di strumenti diversi: prima un fiato, poi gli archi.


 

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