11 Nov2014
Calibro 35: quattro gentiluomini al servizio di Sua Maestà, la Musica!
Calibro 35: quattro gentiluomini al servizio di Sua Maestà, la Musica!
Gianmarco Diana, ideatore e conduttore del web radio show “CinematiCA – Suoni da e per il Cinema”, ha incontrato la band dei Calibro 35 per l'evento finale del Mediterraneo Film Festival di Carbonia (CI). Luca Cavina (basso), Massimo Martellotta (chitarre, tastiere), Enrico Gabrielli (fiati, organo, tastiere) e Fabio Rondanini (batteria) ai nostri microfoni!
Cinematica: Visto che la trasmissione si occupa prevalentemente di colonne sonore e musiche per sonorizzazione (e di quelle della Golden Age in particolare), incominciamo proprio dai vostri lavori originali per il cinema: il recente Sogni di gloria (2014) per il collettivo Snellinberg e il precedente Said (2013, ma in realtà inciso prima) per J. Lefevre, due score piuttosto diverse. Ci sono state differenze d'approccio rispetto ai due lavori?
Luca Cavina: Su Said avevamo dei tempi molto stretti, dunque c'è stato tutto quanto un lavoro di scrittura, soprattutto da parte di Max (Martellotta – ndr), su delle immagini che ci avevano spedito, poi sul film intero, corredato da delle musiche “di aiuto” (c.d. temporary music – ndr); successivamente ci siamo ritrovati al Forum Music Village di Roma a registrare in due giorni, una roba serratissima! Dunque, da una parte abbiamo registrato alcune delle cose che Max aveva composto, mentre in alcune parti abbiamo proprio improvvisato sulle immagini, con lo schermo davanti, in presa diretta..
Cinematica: alla vecchia maniera, possiamo dire, una vera e propria sincronizzazione.
Max Martellotta: si, infatti, anche perchè il posto è davvero clamoroso! Ha una sala di ripresa sotto una chiesa, con gli strumenti originali dentro! Era appena uscito il nostro primo disco e ci hanno chiamato a fare questa colonna sonora, tramite il nostro Fabio (Rondanini – ndr) che conosce bene il proprietario dello studio (che è l'attuale studio in cui incidono Ennio Morricone ed altri).
Diciamo che la soddisfazione di registrare come un'orchestra, sopra le immagini che andavano, dovevamo prendercela; e ci siamo dati pure quei tempi strettissimi che, immaginiamo, avessero i compositori: per quanto la maggior parte del materiale fosse già scritto, registrare trenta pezzi in due giorni è stato massacrante, anche se eravamo tutti molto contenti.
Considera che la musica per Said è stata più un esercizio di stile, essendo il film stesso un esercizio di stile sul pulp, realizzato esteticamente molto bene, con la trama di un corto un po' diluita in lungometraggio. Come prima esperienza è stata fondamentale e rispecchia pienamente il suono dei Calibro in quel momento.
Luca Cavina: Per quanto riguarda Sogni di gloria la storia è molto diversa, da un lato per il tipo di musica: considera che il film è una “commedia drammatica” e, quindi, ci siamo confrontati con qualcosa di nuovo per noi; dall'altro lato avevamo da parte dei registi molte più indicazioni precise. Gli Snellinberg avevano le idee molto chiare su quello che volevano ottenere e sono riusciti a dare indicazioni ottime sulle quali cominciare a lavorare: a livello di composizione questo lavoro è stato molto più “concertato”, c'è stato molto più lavoro di gruppo. E così ci siamo visti il film diverse volte, ci siamo trovati in studio con gli spezzoni del film da musicare a provare, registrare, arrangiare. In più, rispetto al lavoro su Said, c'è stata anche più post produzione, perchè – nonostante la distanza fisica – c'è stato un feedback continuo con i registi, che ha portato anche a variazioni sulla colonna sonora, tipo nel “tagliare” anche batterie e sostituirle con le percussioni per rendere il tutto più essenziale ed efficace. Non è stato solo un film sul quale sono state “appiccicate” delle musiche, ma un vero e proprio lavoro di gruppo tra noi e gli Snellinberg, tanto che il film e la colonna sonora sono abbastanza un unicum. Molto bello.
Cinematica: A tale proposito, quando componete tenete presente la valenza del disco a prescindere dalle immagini? Il musicista/compositore John Zorn racconta che il miglior consiglio che gli diede il Maestro Ennio Morricone a proposito dello scrivere musica per il cinema fu quello di pensare al disco della colonna sonora. Questo modus operandi lo portava a scrivere concentrandosi sul suono puro della sua musica, che infatti sviluppava già con la sola sceneggiatura. Mi riferisco anche al fatto che voi non utilizzate quasi mai delle immagini proiettate durante i vostri concerti, nonostante suoniate un genere strumentale e fortemente legato al cinema. Anche in occasione dello spettacolo “Indagine sul cinema da brivido”, che avete portato nei teatri, avete preferito investire sull'ensemble allargato (archi, fiati, percussioni, theremin) più che sui visuals.
Vi chiedo: è una scelta, tesa a valorizzare la Musica e l'esecuzione, o è casuale?
Fabio Rondanini: In realtà all'inizio lo facevamo, giravamo con i visuals, poi abbiamo visto che era un po' complicato portarli in giro, al di là della questione diritti, che non è da poco.
Enrico Gabrielli: Tolta la questione dei diritti, che comunque non è stata indifferente in particolare per quel che riguarda proprio “Indagine sul cinema da brivido” - la prima al Teatro Del Verme a Milano – perchè si pose un problema di film VM 14 e di rispetto al pubblico, perchè noi potevamo anche suonare la musica di Cannibal Holocaust ma gli shots, le immagini erano un po' fortine. Ma, in qualche maniera, ci siamo un po' affrancati dall'idea di fare musica per film. Abbiamo una nostra forma mentis, facciamo delle musiche che possono avere un'immagine applicabile, ma a volte anche no, tutto sommato. I titoli a volte sono interessanti perchè sono dei riferimenti lanciati così per qualcuno che voglia applicarci delle immagini sopra, però non è necessario; anzi noi siamo abbastanza convinti che il pezzo funzioni nel momento in cui non abbia così tanto bisogno di immagini.
Poi c'è anche un discorso di film: nel primo disco che abbiamo fatto erano tutte cover e, obbiettivamente, le musiche erano spesso molto più belle dei film stessi.
Per quanto riguarda il discorso musica per il film/disco della colonna sonora, viene un po' da se: ad esempio, in Sogni di gloria abbiamo usato un'economia di mezzi, di temi che tornano, un po' come faceva appunto Morricone, il che crea grande unità e, una volta che metti i brani su disco, crea una cosa abbastanza omogenea. Non ci abbiamo pensato prima, poi quando lo completi, funziona da se. Dipende forse da quanto sei eterogeneo: alcune colonne sonore non riescono ad avere una forma disco perchè usano stilemi musicali talmente diversi che risulterebbero una compilation. Noi da questo punto di vista qua siamo sempre molto monolitici.
Max Martellotta: Però può succedere anche il contrario: pensare che le cose che facciamo debbano per forza stare in piedi da sole: cioè premi play e, senza immagini, le musiche funzionano.
Io a volte mi ritrovo a pensare, mentre scriviamo o lavoriamo a brani nuovi: “se questo pezzo andasse a finire in un film funzionerebbe?”, quindi in un certo senso la sfida è cercare di scrivere un pezzo che stia in piedi da solo con la musica, ma sia adattabile ad un film: un esempio semplice, un'intro pulita solo chitarra, poi il break di batteria e l'ingresso del basso, cioè strutture che agevolino il lavoro al montaggio nel film.
Enrico Gabrielli: ci è successo con un brano per il film R.E.D. che hanno inserito nei titoli di coda. Evidentemente la valenza cinematografica era nel brano stesso.
Cinematica: il vostro ultimo album in studio è “Traditori di tutti”, un disco che puo' essere definito la summa delle vostre diverse esperienze in questi anni: colonne sonore, musiche per sonorizzazione, colonne sonore immaginarie, grande letteratura (il romanzo di Scerbanenco), reading poetici (l'esperimento con Cesare Basile), spettacoli teatrali.
Un disco che chiude, in qualche modo, un primo cerchio per i Calibro 35.
Max Martellotta: prima di tutto, grazie. In effetti è un disco in cui ci sono i Calibro come Suono, da dove arrivavamo, ci sono cose nuove, come scrittura è più corale, è un disco anche abbastanza eterogeneo, però senza essere il sampler che era il precedente “Ogni riferimento...”, quasi una library.
Enrico Gabrielli: proprio perchè anche “Traditori di tutti” rientra in quel metodo di economia di temi applicato in Sogni di gloria, il che lo rende un disco di brani singoli, ma anche una colonna sonora.
Cinematica: tra le altre cose, sono rimasto molto colpito dalla vostra collaborazione col producer di Los Angeles, Adrian Youngee. Come è nata la cosa?
Max Martellotta: Ci siamo incrociati all'Hit Week festival di Los Angeles, una sorta di contenitore del meglio delle produzioni discografiche italiane nel 2009, poi al South by Southwest Festival in Texas dove ci ha chiesto di collaborare. Non ci siamo visti in studio, la collaborazione è avvenuta attraverso il classico file sharing.
Enrico Gabrielli: splendide esperienze quelle americane, come la partecipazione a Morning Becomes Eclectic dell'emittente KCRW, una delle trasmissioni di musica live più importanti degli Stati Uniti, con il grande Daniele Luppi, che vive e lavora la in un bel giro di musicisti per il cinema e la tv. Ci siamo rincontrati per “Mondo Cane”, il progetto con Mike Patton.
Cinematica: Volevo concludere con una riflessione che vi riguarda: in qualche modo voi costituite un ritorno alle atmosfere della Roma anni '60/'70, in particolare nel giro dei musicisti della RAI e della RCA, cioè un gruppo di musicisti, provenienti in particolare dal jazz e dal conservatorio, chiamati a lavorare dai diversi arrangiatori, compositori e direttori d'orchestra a sessioni di registrazione che prevedevano Gianni Morandi come le colonne sonore di Morricone, Bacalov o Trovajoli, e producevano musica legata alla radio (e voi avete appena realizzato tutti i jingle per RAI Radio 1), al cinema e alla televisione. Vi chiedo: vi sentite in qualche modo in affinità con questo mondo, che ci hanno raccontato musicisti e compositori?
Max Martellotta: Beh in qualche modo i Calibro sono diventati uno staff creativo a tutto tondo, quindi un pochino il parallelismo c'è: Fabio è dentro a un sacco di progetti (da Pierpaolo Capovilla a Daniele Silvestri o Niccolò Fabi), Luca ha il suo progetto Zeus, Enrico sta dentro a miliardi di dischi, io tengo più sott'occhio l'aspetto del jingle, appunto le musiche per Radio Rai o cose così che mi divertono molto. Quindi, il paragone ci fa molto piacere, ma la grossa differenza è che ai tempi c'era mercato per queste produzioni. Come dice Alessandro Alessandroni “io non è che me davo da fa più de tanto..c'era lavoro, me chiamavano..c'era la chitarra..facevo il fischio e sono andato avanti così per 30 anni”.
A noi quando arriva mezza richiesta di mezza colonna sonora da lontanissimo stiamo in agitazione! (ride- NDR)
Enrico Gabrielli: In realtà siamo diventati un gruppo di lavoro, un'equipe con risultati, perciò un minimo di sopravvivenza riusciamo ad ottenerlo. Con quell'attitudine li. C'è sicuramente molto artigianato, nel senso buono del termine, molto lavoro di studio, anche poco ponderato, molto istintivo. Noi veniamo tutti da città diverse, l'epicentro è Milano, non proviamo praticamente mai, quando ci vediamo è subito finalizzazione su qualcosa, per cui magari facciamo una session di 24 ore in studio. Non siamo la classica band di ragazzi che è cresciuta assieme: io lo chiamo gentlemen agreement, un accordo tra gentiluomini, per cui va bene anche un mondo di provenienza e una competenza diversa, al servizio di uno stesso lavoro artistico.
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Gianmarco Diana, ideatore e conduttore del web radio show “CinematiCA – Suoni da e per il Cinema”, ha incontrato la band dei Calibro 35 per l'evento finale del Mediterraneo Film Festival di Carbonia (CI). Luca Cavina (basso), Massimo Martellotta (chitarre, tastiere), Enrico Gabrielli (fiati, organo, tastiere) e Fabio Rondanini (batteria) ai nostri microfoni!
Cinematica: Visto che la trasmissione si occupa prevalentemente di colonne sonore e musiche per sonorizzazione (e di quelle della Golden Age in particolare), incominciamo proprio dai vostri lavori originali per il cinema: il recente Sogni di gloria (2014) per il collettivo Snellinberg e il precedente Said (2013, ma in realtà inciso prima) per J. Lefevre, due score piuttosto diverse. Ci sono state differenze d'approccio rispetto ai due lavori?
Luca Cavina: Su Said avevamo dei tempi molto stretti, dunque c'è stato tutto quanto un lavoro di scrittura, soprattutto da parte di Max (Martellotta – ndr), su delle immagini che ci avevano spedito, poi sul film intero, corredato da delle musiche “di aiuto” (c.d. temporary music – ndr); successivamente ci siamo ritrovati al Forum Music Village di Roma a registrare in due giorni, una roba serratissima! Dunque, da una parte abbiamo registrato alcune delle cose che Max aveva composto, mentre in alcune parti abbiamo proprio improvvisato sulle immagini, con lo schermo davanti, in presa diretta..
Cinematica: alla vecchia maniera, possiamo dire, una vera e propria sincronizzazione.
Max Martellotta: si, infatti, anche perchè il posto è davvero clamoroso! Ha una sala di ripresa sotto una chiesa, con gli strumenti originali dentro! Era appena uscito il nostro primo disco e ci hanno chiamato a fare questa colonna sonora, tramite il nostro Fabio (Rondanini – ndr) che conosce bene il proprietario dello studio (che è l'attuale studio in cui incidono Ennio Morricone ed altri).
Diciamo che la soddisfazione di registrare come un'orchestra, sopra le immagini che andavano, dovevamo prendercela; e ci siamo dati pure quei tempi strettissimi che, immaginiamo, avessero i compositori: per quanto la maggior parte del materiale fosse già scritto, registrare trenta pezzi in due giorni è stato massacrante, anche se eravamo tutti molto contenti.
Considera che la musica per Said è stata più un esercizio di stile, essendo il film stesso un esercizio di stile sul pulp, realizzato esteticamente molto bene, con la trama di un corto un po' diluita in lungometraggio. Come prima esperienza è stata fondamentale e rispecchia pienamente il suono dei Calibro in quel momento.
Luca Cavina: Per quanto riguarda Sogni di gloria la storia è molto diversa, da un lato per il tipo di musica: considera che il film è una “commedia drammatica” e, quindi, ci siamo confrontati con qualcosa di nuovo per noi; dall'altro lato avevamo da parte dei registi molte più indicazioni precise. Gli Snellinberg avevano le idee molto chiare su quello che volevano ottenere e sono riusciti a dare indicazioni ottime sulle quali cominciare a lavorare: a livello di composizione questo lavoro è stato molto più “concertato”, c'è stato molto più lavoro di gruppo. E così ci siamo visti il film diverse volte, ci siamo trovati in studio con gli spezzoni del film da musicare a provare, registrare, arrangiare. In più, rispetto al lavoro su Said, c'è stata anche più post produzione, perchè – nonostante la distanza fisica – c'è stato un feedback continuo con i registi, che ha portato anche a variazioni sulla colonna sonora, tipo nel “tagliare” anche batterie e sostituirle con le percussioni per rendere il tutto più essenziale ed efficace. Non è stato solo un film sul quale sono state “appiccicate” delle musiche, ma un vero e proprio lavoro di gruppo tra noi e gli Snellinberg, tanto che il film e la colonna sonora sono abbastanza un unicum. Molto bello.
Cinematica: A tale proposito, quando componete tenete presente la valenza del disco a prescindere dalle immagini? Il musicista/compositore John Zorn racconta che il miglior consiglio che gli diede il Maestro Ennio Morricone a proposito dello scrivere musica per il cinema fu quello di pensare al disco della colonna sonora. Questo modus operandi lo portava a scrivere concentrandosi sul suono puro della sua musica, che infatti sviluppava già con la sola sceneggiatura. Mi riferisco anche al fatto che voi non utilizzate quasi mai delle immagini proiettate durante i vostri concerti, nonostante suoniate un genere strumentale e fortemente legato al cinema. Anche in occasione dello spettacolo “Indagine sul cinema da brivido”, che avete portato nei teatri, avete preferito investire sull'ensemble allargato (archi, fiati, percussioni, theremin) più che sui visuals.
Vi chiedo: è una scelta, tesa a valorizzare la Musica e l'esecuzione, o è casuale?
Fabio Rondanini: In realtà all'inizio lo facevamo, giravamo con i visuals, poi abbiamo visto che era un po' complicato portarli in giro, al di là della questione diritti, che non è da poco.
Enrico Gabrielli: Tolta la questione dei diritti, che comunque non è stata indifferente in particolare per quel che riguarda proprio “Indagine sul cinema da brivido” - la prima al Teatro Del Verme a Milano – perchè si pose un problema di film VM 14 e di rispetto al pubblico, perchè noi potevamo anche suonare la musica di Cannibal Holocaust ma gli shots, le immagini erano un po' fortine. Ma, in qualche maniera, ci siamo un po' affrancati dall'idea di fare musica per film. Abbiamo una nostra forma mentis, facciamo delle musiche che possono avere un'immagine applicabile, ma a volte anche no, tutto sommato. I titoli a volte sono interessanti perchè sono dei riferimenti lanciati così per qualcuno che voglia applicarci delle immagini sopra, però non è necessario; anzi noi siamo abbastanza convinti che il pezzo funzioni nel momento in cui non abbia così tanto bisogno di immagini.
Poi c'è anche un discorso di film: nel primo disco che abbiamo fatto erano tutte cover e, obbiettivamente, le musiche erano spesso molto più belle dei film stessi.
Per quanto riguarda il discorso musica per il film/disco della colonna sonora, viene un po' da se: ad esempio, in Sogni di gloria abbiamo usato un'economia di mezzi, di temi che tornano, un po' come faceva appunto Morricone, il che crea grande unità e, una volta che metti i brani su disco, crea una cosa abbastanza omogenea. Non ci abbiamo pensato prima, poi quando lo completi, funziona da se. Dipende forse da quanto sei eterogeneo: alcune colonne sonore non riescono ad avere una forma disco perchè usano stilemi musicali talmente diversi che risulterebbero una compilation. Noi da questo punto di vista qua siamo sempre molto monolitici.
Max Martellotta: Però può succedere anche il contrario: pensare che le cose che facciamo debbano per forza stare in piedi da sole: cioè premi play e, senza immagini, le musiche funzionano.
Io a volte mi ritrovo a pensare, mentre scriviamo o lavoriamo a brani nuovi: “se questo pezzo andasse a finire in un film funzionerebbe?”, quindi in un certo senso la sfida è cercare di scrivere un pezzo che stia in piedi da solo con la musica, ma sia adattabile ad un film: un esempio semplice, un'intro pulita solo chitarra, poi il break di batteria e l'ingresso del basso, cioè strutture che agevolino il lavoro al montaggio nel film.
Enrico Gabrielli: ci è successo con un brano per il film R.E.D. che hanno inserito nei titoli di coda. Evidentemente la valenza cinematografica era nel brano stesso.
Cinematica: il vostro ultimo album in studio è “Traditori di tutti”, un disco che puo' essere definito la summa delle vostre diverse esperienze in questi anni: colonne sonore, musiche per sonorizzazione, colonne sonore immaginarie, grande letteratura (il romanzo di Scerbanenco), reading poetici (l'esperimento con Cesare Basile), spettacoli teatrali.
Un disco che chiude, in qualche modo, un primo cerchio per i Calibro 35.
Max Martellotta: prima di tutto, grazie. In effetti è un disco in cui ci sono i Calibro come Suono, da dove arrivavamo, ci sono cose nuove, come scrittura è più corale, è un disco anche abbastanza eterogeneo, però senza essere il sampler che era il precedente “Ogni riferimento...”, quasi una library.
Enrico Gabrielli: proprio perchè anche “Traditori di tutti” rientra in quel metodo di economia di temi applicato in Sogni di gloria, il che lo rende un disco di brani singoli, ma anche una colonna sonora.
Cinematica: tra le altre cose, sono rimasto molto colpito dalla vostra collaborazione col producer di Los Angeles, Adrian Youngee. Come è nata la cosa?
Max Martellotta: Ci siamo incrociati all'Hit Week festival di Los Angeles, una sorta di contenitore del meglio delle produzioni discografiche italiane nel 2009, poi al South by Southwest Festival in Texas dove ci ha chiesto di collaborare. Non ci siamo visti in studio, la collaborazione è avvenuta attraverso il classico file sharing.
Enrico Gabrielli: splendide esperienze quelle americane, come la partecipazione a Morning Becomes Eclectic dell'emittente KCRW, una delle trasmissioni di musica live più importanti degli Stati Uniti, con il grande Daniele Luppi, che vive e lavora la in un bel giro di musicisti per il cinema e la tv. Ci siamo rincontrati per “Mondo Cane”, il progetto con Mike Patton.
Cinematica: Volevo concludere con una riflessione che vi riguarda: in qualche modo voi costituite un ritorno alle atmosfere della Roma anni '60/'70, in particolare nel giro dei musicisti della RAI e della RCA, cioè un gruppo di musicisti, provenienti in particolare dal jazz e dal conservatorio, chiamati a lavorare dai diversi arrangiatori, compositori e direttori d'orchestra a sessioni di registrazione che prevedevano Gianni Morandi come le colonne sonore di Morricone, Bacalov o Trovajoli, e producevano musica legata alla radio (e voi avete appena realizzato tutti i jingle per RAI Radio 1), al cinema e alla televisione. Vi chiedo: vi sentite in qualche modo in affinità con questo mondo, che ci hanno raccontato musicisti e compositori?
Max Martellotta: Beh in qualche modo i Calibro sono diventati uno staff creativo a tutto tondo, quindi un pochino il parallelismo c'è: Fabio è dentro a un sacco di progetti (da Pierpaolo Capovilla a Daniele Silvestri o Niccolò Fabi), Luca ha il suo progetto Zeus, Enrico sta dentro a miliardi di dischi, io tengo più sott'occhio l'aspetto del jingle, appunto le musiche per Radio Rai o cose così che mi divertono molto. Quindi, il paragone ci fa molto piacere, ma la grossa differenza è che ai tempi c'era mercato per queste produzioni. Come dice Alessandro Alessandroni “io non è che me davo da fa più de tanto..c'era lavoro, me chiamavano..c'era la chitarra..facevo il fischio e sono andato avanti così per 30 anni”.
A noi quando arriva mezza richiesta di mezza colonna sonora da lontanissimo stiamo in agitazione! (ride- NDR)
Enrico Gabrielli: In realtà siamo diventati un gruppo di lavoro, un'equipe con risultati, perciò un minimo di sopravvivenza riusciamo ad ottenerlo. Con quell'attitudine li. C'è sicuramente molto artigianato, nel senso buono del termine, molto lavoro di studio, anche poco ponderato, molto istintivo. Noi veniamo tutti da città diverse, l'epicentro è Milano, non proviamo praticamente mai, quando ci vediamo è subito finalizzazione su qualcosa, per cui magari facciamo una session di 24 ore in studio. Non siamo la classica band di ragazzi che è cresciuta assieme: io lo chiamo gentlemen agreement, un accordo tra gentiluomini, per cui va bene anche un mondo di provenienza e una competenza diversa, al servizio di uno stesso lavoro artistico.
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