1M1: Goldsmith e Williams, un bilancio

Riproponiamo un interessante scambio/dialogo tra i redattori Gianni Bergamino e Maurizio Caschetto originariamente nato nei mesi scorsi sul vivace Forum di ColonneSonore.net. Tema della discussione: una riflessione generale sulla carriera e sull'arte di due grandissimi compositori statunitensi di colonne sonore, indubbiamente tra i più amati e celebrati nella storia della musica cinematografica: Jerry Goldsmith e John Williams.

Jerry GoldsmithJohn Williams  

Gianni Bergamino:

Un recente scambio per posta privata con un amico del forum mi ha indotto ad una riflessione. Il mio interlocutore chiedeva consigli per approcciare "al meglio" la sterminata opera di  Jerry Goldsmith, ed io, come ho già avuto modo di fare con altri, in passato, gli ho suggerito, prima di tutto, di approcciare questo musicista iniziando dai suoi film, e poi dopo di recuperare la colonna sonora. Il miglior inizio che mi son sentito di suggerire è Il pianeta delle scimmie ma potrebbero andare bene anche Papillon, o Chinatown, o Patton, o Il vento e il leone... L'essenziale, a parer mio, è iniziare con le produzioni del periodo 1966 - 1982, in modo da cogliere Goldsmith al suo livello creativo massimo, scevro da scelte commerciali e da disillusioni creative.

Negli scambi successivi, questo amico poco esperto di Goldsmith mi diceva di aver sentito dire che Goldsmith è soprattutto un "succedaneo" di John Williams, uno che ha passato il tempo a star dietro al più rinomato e venerato autore delle musiche dei film di Steven Spielberg e George Lucas. La replica, che non poteva mancare, è quella che mi ha indotto a spostarmi in questo topic pubblico, in modo da poter scambiare qualche considerazione, già più meditata (visto che Goldsmith è scomparso da ormai sei anni e Williams da due si sta dedicando esclusivamente alla musica da concerto), sul rapporto tra questi due autori.

La mia idea è quella che in realtà qualsiasi proposito di confronto tra i due musicisti sia frutto di un'iniziativa inutile, oltreché priva di qualsiasi effettiva conoscenza della loro opera. Solo chi non sa di cosa sta parlando potrebbe infatti pensare qualcosa del genere. Le carriere di Goldsmith e Williams, in effetti, non sono mai apparse in competizione tra loro, che erano tra l'altro buoni amici e si sono sempre scambiati sincere espressioni di stima reciproca. L'unica cosa che accomuna Williams e Goldsmith è probabilmente la constatazione che entrambi sono dei grandi musicisti, e sono stati anche, probabilmente, i più grandi autori che la musica da film abbia mai espresso in tutta la sua storia fino ad oggi. E' solo un caso (forse anche bizzarro) che le loro carriere si siano sviluppate contemporaneamente, nello stesso arco temporale.

Se si esaminano le opere migliori di entrambi, si vede infatti come mai nessuno dei due abbia seriamente adocchiato (ed imitato) la musica dell'altro, anche se in qualche rarissima occasione Goldsmith ha effettivamente scritto delle partiture à là Williams; e Williams, a sua volta, in qualche raro caso ha scritto della musica à là Goldsmith. Il loro genio, la loro maturità stilistica e autoriale, la loro capacità di rinnovarsi, di crescere e sviluppare un discorso creativo durato, praticamente per tutti e due, una quarantina d'anni buoni: tutte qualità che si sono mosse su piani paralleli, mai soggetti a forme evidenti di intersezione. E sebbene tutti e due abbiano vissuto la grande trasformazione espressiva del cinema hollywoodiano, la più intensa e stimolante che ci sia stata nella storia della settima arte versione USA, ognuno dei due ha contribuito in forme e in opere profondamente diverse.

Un esempio lampante di quello che ho in mente è dimostrato dal fatto che entrambi abbiano profuso molte energie per il cinema fantastico e spettacolare, ma mentre Williams ha avuto occasione, grazie al suo sodalizio con Spielberg, di dar voce e colore alle emozioni visive della rivoluzione degli effetti speciali messa in campo a partire, soprattutto, dalla fondazione della Lucasfilm, Goldsmith ha bazzicato piuttosto quel cinema fantastico che si preoccupava maggiormente di rivoluzionare i costumi e le idee, con racconti provocatori ed estremistici. E così mentre Willams ha avuto occasione di lavorare su sentimenti ed emozioni a fior di pelle, con gli incontri ravvicinati, le aggressioni animalesche dello squalo, con le guerre stellari o le ricerche dell'arca perduta, con l'amicizia di un bambino e un amichevole extraterreste sperduto, con le gesta del più eroico dei supereroi americani o con quelle della più nota icona horror di tutti i tempi in veste di grande seduttore, Goldsmith si è trovato a confrontarsi con una società dominata da scimmie parlanti, con una famiglia costretta inconsapevolmente a crescere il figlio del diavolo, con un'umanità futura che si impone suicidi di massa a soli trent'anni, con un'agenzia spaziale che simula per ragioni economiche un volo su marte, con un dottore nazista che cerca di clonare Hitler o dottori che rubano gli organi ai loro pazienti per venderli all'asta...

Naturalmente non sono mancati i casi in cui i ruoli sono stati scambiati, e quindi anche Williams ha avuto a che fare con racconti provocatori ed estremisti, tipo un fantapolitico attentato al superbowl di Miami (Black Sunday) o un settore segreto della CIA che alleva mutanti capaci di far esplodere le teste (The Fury), mentre Goldsmith si è dato alle grandi vicende dalle emozioni forti, come quando si è occupato di alieni cattivi che escono dal petto degli astronauti (Alien) o del primo volo cinematografico della più adorata astronave della storia della fantascienza. Eppure, ciascuno dei due, quando operava nel campo creativo più abitualmente frequentato dall'altro, non si è mai fatto nemmeno sfiorare dalla tentazione di "sbirciarne" le partiture. Il Fury di Williams è uno scintillante manifesto di mesto romanticismo e di ineluttabile senso della tragedia, mentre lo Star Trek di Goldsmith è soprattutto un metafisico esplorare gli aspetti più misteriosi ed ignoti che emergono dallo spazio profondo.

Tutti e due disponevano di una fonte di ispirazione ricca e profonda da cui attingere idee per le loro nuove opere, e l'elemento musicale che ne veniva tratto ha sempre assunto forme espressive inconfondibili e diversissime, a seconda di chi dei due ne traesse materia. Tanto Williams ha saputo dar voce a fluenti e grandiose architetture melodiche, potenti narrative orchestrali e colossali costruzioni timbriche, quanto Goldsmith ha sempre preferito dinamismi ritmici trascinanti e imprevedibili, estremismi sonori inusuali e spiazzanti, melodie rarefatte o stravaganti.

L'interprete che cerchi di trovare imitazioni, scopiazzature o punti comuni perde il suo tempo. L'idea che voglio, in sintesi, trasmettere, è che Goldsmith e Williams sono entrambi musicisti di importanza enorme, e gli ascoltatori di musica (in senso ampio) non hanno ancora ben compreso di quanto sarebbe importante approfondire al meglio l'intera loro creazione musicale, esattamente come conviene fare al cospetto delle più importanti personalità creative di sempre.

Maurizio Caschetto:

Sono d'accordissimo con l'ottima analisi fatta da Gianni. A mio modesto parere Goldsmith e Williams (d'ora in poi JG e JW) sono, insieme a Bernard Herrmann, le massime rappresentazioni dell'arte cine-musicale americana, probabilmente il picco più alto di tutto ciò che la musica cinematografica statunitense ha prodotto sin dai suoi albori.

Affermo questa idea con forza sapendo che probabilmente per molti altri appassionati i nomi più rappresentativi o emblematici o più importanti sono altri. Ovviamente non mi interessa fare la classifica di chi è più bravo o più geniale, altrimenti finisce come diceva il professor Keating ne L'attimo fuggente ("Gagliardo Byron, poco ballabile però..."), ossia con la solita mania delle graduatorie e delle hit parade.

Secondo me JG e JW (insieme a Herrmann, ribadisco) sono le massime espressioni dell'arte cinemusicale americana perché rappresentano davvero una sintesi ideale e perfetta di ciò che il cinema americano ha inteso con il termine "colonna sonora", soprattutto da un punto di vista storico. Come osservava Gianni, gli aspetti estetici che differenziano i due sono assai di più e molto più importanti dei tratti che hanno in comune. Verissimo e condivisibile. Ma i due hanno caratteristiche che ne fanno due figure sì diverse ma comunque estremamente consonanti. Entrambi sono nati e cresciuti nella medesima epoca (gli anni '30 e '40), hanno avuto una educazione e una formazione molto simile (addirittura lo stesso insegnante di composizione, il nostro Mario Castelnuovo-Tedesco) e hanno mosso i primi passi nel mondo di Hollywood frequentando gli stessi ambienti (in primis gli studi televisivi della CBS, poi quelli cinematografici della Universal e della Fox). Le loro strade artistiche si sono dunque incrociate sovente e hanno avuto percorsi affini soprattutto nella fase iniziale della loro carriera. Ma soprattutto si sono fatti le ossa all'interno di una struttura (quella dei cosiddetti dipartimenti musicali) in cui sono entrati in contatto con i grandissimi dell'epoca come Alfred Newman, Bernard Herrmann, Franz Waxman, Miklos Rozsa e via dicendo. JW addirittura era pianista di studio e ha suonato praticamente con tutti (compreso un giovanissimo Goldsmith).

JG e JW hanno dunque respirato un'aria molto speciale in gioventù. Oltre ad avere un percorso formativo accademico molto solido, hanno potuto attingere in un ambiente creativo molto stimolante, dove si faceva musica vera tutti i giorni (sebbene concepita e realizzata con ritmi industriali), dove potevano suonare insieme a musicisti sopraffini praticamente ogni giorno della settimana. Insomma un ambiente dove c'era ancora rispetto e venerazione nei riguardi della figura del compositore. Credo che questo aspetto sia assolutamente fondamentale per poter comprendere al meglio l'arte di questi due geni.

Poi, nel momento delle rispettive affermazioni sulle scene, JG e JW si sono distinti in modo sempre più spiccato l'uno dall'altro, fino ad arrivare ad essere due amichevoli competitors. E qui ognuno dei due ha regalato al mondo il meglio della propria arte, arrivando ad essere quei due massimi e più genuini alfieri dell'arte della film music così come Hollywood l'ha intesa. Hanno saputo filtrare al meglio la tradizione delle scuole sinfoniche dei grandi autori europei di fine '800/inizio '900 riproposti dai pionieri della Golden Age; hanno portato il mondo coloratissimo della musica sinfonica russa "sovietica" (Stravinskij/Prokofiev/Shostakovich) al centro della musica da film americana in modo ancora più perentorio di quanto fatto da alcuni loro predecessori; non hanno avuto timore di "sporcarsi" con linguaggi più moderni e popolari come il jazz e la musica orchestrale americana (Copland, Sousa, Ives e Barber) in modo non dissimile da come fece Leonard Bernstein (quest'ultimo senza dubbio in modo più "colto" e programmatico). E infine hanno saputo comunicare e rapportarsi tramite la loro arte con un pubblico vasto.

Insomma sono diventati nel tempo due compositori puri e totali, che hanno trovato nel Cinema il veicolo ideale per il loro enorme talento creativo. Ecco perché, secondo me, sono i più Grandi di tutti, insieme all'irascibile Benny (che senza dubbio sbraiterebbe come una furia ad entrambi).

Jerry GoldsmithJohn Williams

Gianni Bergamino:

Aggiungo qualcosa.

Sarebbe davvero curioso capire perchè JG abbia alla fine subito questa attrattiva e questo fascino perverso per pellicole borderline, mentre JW si sia sentito decisamente più ispirato da racconti con contorni più netti e marcati, con una maggior separazione tra "buono" e "cattivo". Lo so, alla fine uscirà di nuovo un vecchissimo confronto tra "spirito dionisiaco" e "spirito apollineo", ma vorrei evitare di tornare a questioni già affrontate, seppure magari non conosciute da molti dei presenti, perchè quelle erano piuttosto frutto di constatazioni analitiche, facilmente constatabili, e non di speculazioni e di interpretazioni, a cui mi piacerebbe si puntasse questa volta.

Mi sono chiesto invece, negli ultimi tempi, se JG non avesse in qualche modo una sorta di leggera "devianza" psicologica, una sorta di deriva, nel proprio background inconscio, che lo spingeva a riconoscersi più facilmente in percorsi umani non lineari. Dimodoché la sua musica finiva con l'offrire il meglio di sè quando raccontava la storia di eroi negativi, di uomini "al margine" tra giusto e sbagliato, oppure segnati da una negatività e da un destino di morte. Anche questo è stato un tema già affrontato: il fatto che JG abbia spesso preferito storie senza lieto fine, arrivando a scrivere alcuni bellissimi brani musicali proprio sulle sequenze della "morte" dei suoi personaggi, protagonisti o comprimari che fossero.

Mentre JW, sia pure avendo bazzicato anch'egli racconti mesti e psicologicamente oscuri (non c'è un confine marcato, ovviamente, nelle scelte creative dei due, sarebbe assurdo pretendere il contrario), abbia reso il meglio di sè (con temi e brani immensi ed indimenticabili) quando raccontava di sentimenti puri, di capacità di recupero, di fuga dai luoghi bui dell'anima, dalla tristezza della vita, di capacità di riscatto dal peccato o dalla cattiveria, o semplicemente di sacrificio per alti e nobili ideali e di confronto manicheo tra contrapposti avversari. Quasi che nella sua mente ci sia una maggior compostezza e una maggior limpidezza di intenti...

Maurizio Caschetto:

Riguardo alle differenze psicologiche tra i due, come già notato da altri, sicuramente i caratteri di entrambi potrebbero essere sufficienti ad inquadrarne le rispettive peculiarità/idiosincrasie. Ma più che mettermi a fare l'analista dei compositori, mi sento più a mio agio ad analizzare il contesto storico/biografico:

In primis, una grande differenza: JW è nato e cresciuto a New York, dunque è nell'anima uno statunitense della East Coast (e si sente anche dal suo accento ancora smaccatamente newyorkese). JG invece è californiano, nato, cresciuto e sempre vissuto a Los Angeles, ossia un americano della costa occidentale. Le diversità culturali tra le due coste sono da tenere in considerazione, poiché NY e L.A. sono sempre stati due bacini culturali/intellettuali/artistici in competizione.

JW è poi nato in una famiglia di artisti: il padre era un musicista di gran razza (percussionista jazz del Raymond Scott Quintette e timpanista classico nelle orchestre della CBS), aveva addirittura conosciuto Gerhswin; la madre era una cantante. Dunque JW ha respirato l'aria della grande musica probabilmente già nella culla.

JG è nato da una famiglia borghese middle-class (il padre se non ricordo male era un ingegnere elettrico) dove nessuno aveva predisposizioni musicali: il giovane Jerry ha cominciato a suonare il piano quasi più per costrizione che non per naturale predisposizione (una volta era d'uso insegnare uno strumento "a forza" ai propri figli, era considerato un bagaglio necessario della persona perbene). E' stato il suo insegnante Jakob Gimpel a tirar fuori l'anima di JG e a indirizzarlo sulla strada dello studio della composizione.

Tutto questo per dire che anche nella biografia possiamo trovare spunti per capire le differenze estetiche tra i due. La scelta dei film che i due hanno musicato credo sia un intreccio di casualità e attitudine naturale. Senza dubbio JG è stato un vero maestro nel mettere su pentagramma musiche di storie complesse, ambigue, dominate da personaggi inquieti e spesso anche emarginati. Mentre la musica di JW sembra essere nata per descrivere le favole e le avventure dei film che lo hanno reso una celebrità.

Tuttavia credo che nessun compositore di colonne sonore sia così programmatico nell'approccio al suo mestiere. Oddio, forse qualcuno lo è (mi viene in mente  Howard Shore, che sembra in effetti scegliere i film in base ad una sua predisposizione personale), ma più spesso ad Hollywood un compositore si trova a lavorare ad un tal film per ragioni probabilmente più pratiche e contigenti: chissà quanti e quali film JW e JG hanno fatto più per ricambiare un favore a un tal amico produttore e che magari avrebbero volentieri evitato...

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