Il linguaggio della musica da film

Resoconto del workshop “Il linguaggio della musica da film”, con Pasquale Catalano e Giovanni Guardi, 6-7 novembre 2008

pasquale catalano e giovanni guardì

Nella suggestiva atmosfera serale di una grande sala del castello federiciano di Sannicandro, comune dell’interland barese, si è svolto il workshop “Il linguaggio della musica da film”, quinto appuntamento della rassegna “Le Porte dell’Occidente”, progetto di residenza teatrale del gruppo musicale Radiodervish. Il seminario, articolato in due giorni, è stato tenuto da due protagonisti della musica cinematografica italiana: Pasquale Catalano, compositore napoletano fattosi meritatamente largo nella musica da film nostrana grazie al film di Paolo Sorrentino Le conseguenze dell’amore (2003), e Giovanni Guardi, music supervisor e responsabile delle edizioni musicali per Radiofandango. Il primo giorno è stato completamente dedicato a tutte le problematiche editoriali connesse all’inserimento di musica di repertorio, dalla più sconosciuta alla più famosa, all’interno di un film. Guardi ha spiegato nel dettaglio l’iter necessario per tentare di ottenere i diritti di sincronizzazione di questa o quella canzone: la richiesta dell’utilizzo di una musica già edita da parte di una produzione cinematografica passa al vaglio di due soggetti, ovvero la società proprietaria dei diritti di edizioni musicali, e la società proprietaria dei diritti di riproduzione fonomeccanica. Esse in alcuni casi coincidono, rendendo più semplice il rapporto e la contrattazione; altre volte invece, quando i soggetti sono separati, la situazione può essere più complicata, in quanto le trattative da intraprendere sono due, entrambe con esiti non sempre prevedibili. Le case discografiche, anche a causa della caduta a picco dell’introito proveniente dai diritti legati alla vendita di cd, sono oggi particolarmente interessate alla vendita del proprio catalogo di brani da inserire in una colonna sonora; attraverso i responsabili dei diritti di sincronizzazione (esistono uffici appositamente creati), editori e proprietari dei diritti di riproduzione fonomeccanica, metteno a disposizione il loro repertorio dietro pagamento (direttamente proporzionale alla popolarità del brano e dell’artista), ma solo dopo aver raccolto più informazioni possibili intorno alla qualità del film, al suo cast, alla produzione, alla scena specifica in cui verrà inserita la canzone e alle modalità di utilizzo. Così, non è infrequente che qualche editore possa ostacolare o negare l’inserimento del brano se, per esempio, esso non si allinei con la personalità dell’artista, se la scena implicitamente o esplicitamente suggerisca valori o tematiche violente, negative, che per accostamento potrebbero venire attribuite alla musica e al suo autore. Altro aspetto non trascurabile della musica di repertorio inserita in un film è, continua Guardi, proprio la sua popolarità: se da un lato ogni brano sufficientemente conosciuto tende a richiamare una situazione legata ad un momento del passato che la lega all’ascoltatore, dall’altro proprio questa capacità di “agganciare” lo spettatore è spesso la leva di marketing che le case di produzione cinematografica utilizzano per tentare di spianare la strada alla vendita del cd della colonna sonora (ammesso che venga stampata) e per attirare pubblico nelle sale cinematografiche. Per le ragioni elencate, la scelta di una musica di repertorio è ponderata, sempre discussa con l’autore, il regista e il produttore, a volte mossi da motivazioni non sempre conciliabili, ma tutte, seppur in modi diversi, tese alla realizzazione del film migliore possibile.
workspop bariIl secondo giorno di seminario è stato invece completamente dedicato alla musica originale scritta appositamente per un film, ed è stata quindi la volta di Pasquale Catalano. Egli, dopo un breve excursus sulle tappe storiche fondamentali dello sviluppo della musica da film, ha con passione raccontato della sua esperienza di compositore, non senza aneddoti e curiosità, e soffermandosi su aspetti legati alle problematiche legate alla funzione e agli attuali modi di fruizione della musica, non solo cinematografica. Con diffusa sorpresa dei partecipanti, Catalano ha spiegato come anche il suono nel cinema sia compresso; infatti sulla pellicola da 35mm, lo spazio fisico dedicato alla colonna sonora è ridottissimo; se in passato il suono mono, veicolato da un solo canale ed un solo altoparlante dietro lo schermo, lo occupava completamente, oggi quello stesso spazio è occupato non più da uno ma da ben otto canali, che dovranno necessariamente essere ridotti singolarmente per lasciare spazio a tutti. È qui che interviene la compressione dei dati contenuti in ogni canale, procedimento che per ridurre deve tagliare parti di suono, esattamente come gli mp3, che per mezzo del loro algoritmo mascherano informazioni che il cervello umano tenderebbe a non considerare, perchè apparentemente poco udibili, e quindi giudicate superflue. Ma è proprio su questo punto che Catalano non è d’accordo, sostenendo che l’audio multicanale delle attuali produzioni cinematografiche sia faticoso da percepire in quanto il nostro cervello, a causa della incompletezza dei suoni che ascolta, deve lavorare faticosamente e inconsapevolmente, per recuperare e reintegrare quelle informazioni perdute. Questo fenomeno della psicoacustica invece non si compie quando si utilizzano sistemi lineari non compressi di ascolto della musica: essi permettono una fruizione rilassata in quanto il cervello lavora meno nella sua fase di elaborazione dei segnali che percepisce. Pur riconoscendo tutti i vantaggi che attualmente l’elettronica e l’informatica offrono a musicisti e compositori, Catalano ha raccontato di come a volte realtà e virtualità si scambino. Infatti, capita spesso che il compositore fornisca al regista o al montatore provini realizzati velocemente con campionamenti di strumenti reali, da appoggiare temporaneamente sul montaggio provvisorio, con l’idea di sostituirli con strumenti reali; ma a volte, a causa degli innumerevoli rimaneggiamenti del montaggio, il regista può finire con l’abituarsi tanto a quei suoni sintetici così perfettamente realizzati che, una volta sostituiti con i brani incisi in studio con musicisti in carne ed ossa, egli non riesca a riconoscere l’umanità e il calore dei suoni registrati nel mondo reale. È questo, secondo il compositore napoletano, uno dei rischi attuali di questo mestiere da artigiano quale è il compositore di musica da film, ovvero che il riferimento sia il campionamento perfetto ed epurato del violino, e non la lieve imprecisione e il rumore dell’esecuzione che sta accanto al suono del violino stesso e al momento della sua registrazione; come se la riproduzione fosse più reale dell’originale.
Un doppio incontro estremamente interessante che in entrambe le giornate non sembrava volersi concludere, per i diversi contributi video proposti, per la profondità e la qualità degli argomenti e per l’estrema disponibilità dei due esperti, anche prima e dopo le ore ufficiali del seminario. Un uditorio attento ed eterogeno, fatto di musicisti, degli allievi dell’Accademia del Cinema di Enziteto (Bari) e di semplici appassionati, i quali sono stati tutti ripagati, come se già non fosse bastato il workshop, di thè verde caldo e di una compilation di brani tratti dalle colonne sonore dei film prodotti da Fandango, messi gratuitamente a disposizione.

 

IL LINGUAGGIO DELLA MUSICA DA FILM
di Antonio Tuzza (23/11/2008)

Resoconto del workshop “Il linguaggio della musica da film”, con Pasquale Catalano e Giovanni Guardi,
6-7 novembre 2008

Da sinistra: Curatore del Workshop, Pasquale Catalano e Giovanni Guardi

Nella suggestiva atmosfera serale di una grande sala del castello federiciano di Sannicandro, comune dell’interland barese, si è svolto il workshop “Il linguaggio della musica da film”, quinto appuntamento della rassegna “Le Porte dell’Occidente”, progetto di residenza teatrale del gruppo musicale Radiodervish. Il seminario, articolato in due giorni, è stato tenuto da due protagonisti della musica cinematografica italiana: Pasquale Catalano, compositore napoletano fattosi meritatamente largo nella musica da film nostrana grazie al film di Paolo Sorrentino Le conseguenze dell’amore (2003), e Giovanni Guardi, music supervisor e responsabile delle edizioni musicali per Radiofandango.
Il primo giorno è stato completamente dedicato a tutte le problematiche editoriali connesse all’inserimento di musica di repertorio, dalla più sconosciuta alla più famosa, all’interno di un film. Guardi ha spiegato nel dettaglio l’iter necessario per tentare di ottenere i diritti di sincronizzazione di questa o quella canzone: la richiesta dell’utilizzo di una musica già edita da parte di una produzione cinematografica passa al vaglio di due soggetti, ovvero la società proprietaria dei diritti di edizioni musicali, e la società proprietaria dei diritti di riproduzione fonomeccanica. Esse in alcuni casi coincidono, rendendo più semplice il rapporto e la contrattazione; altre volte invece, quando i soggetti sono separati, la situazione può essere più complicata, in quanto le trattative da intraprendere sono due, entrambe con esiti non sempre prevedibili. Le case discografiche, anche a causa della caduta a picco dell’introito proveniente dai diritti legati alla vendita di cd, sono oggi particolarmente interessate alla vendita del proprio catalogo di brani da inserire in una colonna sonora; attraverso i responsabili dei diritti di sincronizzazione (esistono uffici appositamente creati), editori e proprietari dei diritti di riproduzione fonomeccanica, metteno a disposizione il loro repertorio dietro pagamento (direttamente proporzionale alla popolarità del brano e dell’artista), ma solo dopo aver raccolto più informazioni possibili intorno alla qualità del film, al suo cast, alla produzione, alla scena specifica in cui verrà inserita la canzone e alle modalità di utilizzo. Così, non è infrequente che qualche editore possa ostacolare o negare l’inserimento del brano se, per esempio, esso non si allinei con la personalità dell’artista, se la scena implicitamente o esplicitamente suggerisca valori o tematiche violente, negative, che per accostamento potrebbero venire attribuite alla musica e al suo autore. Altro aspetto non trascurabile della musica di repertorio inserita in un film è, continua Guardi, proprio la sua popolarità: se da un lato ogni brano sufficientemente conosciuto tende a richiamare una situazione legata ad un momento del passato che la lega all’ascoltatore, dall’altro proprio questa capacità di “agganciare” lo spettatore è spesso la leva di marketing che le case di produzione cinematografica utilizzano per tentare di spianare la strada alla vendita del cd della colonna sonora (ammesso che venga stampata) e per attirare pubblico nelle sale cinematografiche. Per le ragioni elencate, la scelta di una musica di repertorio è ponderata, sempre discussa con l’autore, il regista e il produttore, a volte mossi da motivazioni non sempre conciliabili, ma tutte, seppur in modi diversi, tese alla realizzazione del film migliore possibile.
Il secondo giorno di seminario è stato invece completamente dedicato alla musica originale scritta appositamente per un film, ed è stata quindi la volta di Pasquale Catalano. Egli, dopo un breve excursus sulle tappe storiche fondamentali dello sviluppo della musica da film, ha con passione raccontato della sua esperienza di compositore, non senza aneddoti e curiosità, e soffermandosi su aspetti legati alle problematiche legate alla funzione e agli attuali modi di fruizione della musica, non solo cinematografica. Con diffusa sorpresa dei partecipanti, Catalano ha spiegato come anche il suono nel cinema sia compresso; infatti sulla pellicola da 35mm, lo spazio fisico dedicato alla colonna sonora è ridottissimo; se in passato il suono mono, veicolato da un solo canale ed un solo altoparlante dietro lo schermo, lo occupava completamente, oggi quello stesso spazio è occupato non più da uno ma da ben otto canali, che dovranno necessariamente essere ridotti singolarmente per lasciare spazio a tutti. È qui che interviene la compressione dei dati contenuti in ogni canale, procedimento che per ridurre deve tagliare parti di suono, esattamente come gli mp3, che per mezzo del loro algoritmo mascherano informazioni che il cervello umano tenderebbe a non considerare, perchè apparentemente poco udibili, e quindi giudicate superflue. Ma è proprio su questo punto che Catalano non è d’accordo, sostenendo che l’audio multicanale delle attuali produzioni cinematografiche sia faticoso da percepire in quanto il nostro cervello, a causa della incompletezza dei suoni che ascolta, deve lavorare faticosamente e inconsapevolmente, per recuperare e reintegrare quelle informazioni perdute. Questo fenomeno della psicoacustica invece non si compie quando si utilizzano sistemi lineari non compressi di ascolto della musica: essi permettono una fruizione rilassata in quanto il cervello lavora meno nella sua fase di elaborazione dei segnali che percepisce. Pur riconoscendo tutti i vantaggi che attualmente l’elettronica e l’informatica offrono a musicisti e compositori, Catalano ha raccontato di come a volte realtà e virtualità si scambino. Infatti, capita spesso che il compositore fornisca al regista o al montatore provini realizzati velocemente con campionamenti di strumenti reali, da appoggiare temporaneamente sul montaggio provvisorio, con l’idea di sostituirli con strumenti reali; ma a volte, a causa degli innumerevoli rimaneggiamenti del montaggio, il regista può finire con l’abituarsi tanto a quei suoni sintetici così perfettamente realizzati che, una volta sostituiti con i brani incisi in studio con musicisti in carne ed ossa, egli non riesca a riconoscere l’umanità e il calore dei suoni registrati nel mondo reale. È questo, secondo il compositore napoletano, uno dei rischi attuali di questo mestiere da artigiano quale è il compositore di musica da film, ovvero che il riferimento sia il campionamento perfetto ed epurato del violino, e non la lieve imprecisione e il rumore dell’esecuzione che sta accanto al suono del violino stesso e al momento della sua registrazione; come se la riproduzione fosse più reale dell’originale.
Un doppio incontro estremamente interessante che in entrambe le giornate non sembrava volersi concludere, per i diversi contributi video proposti, per la profondità e la qualità degli argomenti e per l’estrema disponibilità dei due esperti, anche prima e dopo le ore ufficiali del seminario. Un uditorio attento ed eterogeno, fatto di musicisti, degli allievi dell’Accademia del Cinema di Enziteto (Bari) e di semplici appassionati, i quali sono stati tutti ripagati, come se già non fosse bastato il workshop, di thè verde caldo e di una compilation di brani tratti dalle colonne sonore dei film prodotti da Fandango, messi gratuitamente a disposizione.

La sede del workshop

Stampa