Nine Rain rimusicano Eisenstein

Il film di Eisenstein rimusicato per il secondo incontro di Timezones
Steven Brown & Nine Rain, nuova musica per “Que viva Mexico”
Tutta la rassegna barese interamente dedicata alla musica del cinema
AUDITORIUM VALISA
Venerdì 6 novembre 2009, si è tenuto il secondo incontro della rassegna Time Zones – Sulla via delle musiche possibili, quest’anno interamente dedicata alla musica del cinema. Dopo quella della pianista Eri Yamamoto per il film del 1932 I Was Born But del cineasta giapponese Yasujiro Ozu, anche questa volta un esperimento di sonorizzazione: i Nine Rain, collettivo con il musicista americano Steven Brown (già elemento dei Tuxedomoon), Nikolas Klau, Josè Luis Dominguez, Daniel Aspuru, Oxama e Alejandro Herrera, hanno rimusicato il film Que viva Mexico del grande maestro russo Sergeij Eisenstein.

L’incontro a Casa Giannini
Gli autorevoli musicisti stranieri sono stati anche invitati ad un interessante incontro tenutosi il giorno prima dell’esibizione presso Casa Giannini,  storico rivenditore di pianoforte della città di Bari, che ospita regolarmente incontri pomeridiani su argomento musica, a 360°, spesso anche con esibizioni dal vivo, tutti di grande interesse e spessore. Presenti, oltre a Steven Brown, il critico cinematografico Vito Attolini e il direttore artistico di Timezones Gianluigi Trevisi; proprio questi ha aperto l’incontro descrivendo il suo quasi pioneristico impegno, nel corso delle ben ventiquattro edizioni del festival, per affermare e dare la dovuta dignità alla musica per film. Oggi sembra assurdo, ma diciannove anni fa, quando la rassegna ha ospitato il primo concerto al mondo di musiche di un già 60enne Ennio Morricone dirette dallo stesso autore, per la musica della settima arte non c’era ancora un unanime riconoscimento, le orchestre non eseguivano di buon grado gli spartiti di musica applicata, non accorgendosi così della nascita di un vero fenomeno.
Oggi le cose sono molto cambiate, i compositori di musica per film sono diventati personaggi determinanti della scena artistica musicale, e questa edizione di Timezones è un atto dovuto nei confronti della crescita d’importanza di questo genere, se così lo si può chiamare, che non ha nulla da invidiare alla musica ab-soluta, sciolta da qualsiasi altro condizionamento, fotografico o narratologico. Pur con le sue contraddizioni interne. Infatti Trevisi racconta del suo “litigio” con Morricone riguardo la musica di Philip Glass (ospitato dalla rassegna in una passata edizione) che il maestro romano, pur riconoscendo l’estrema forza emotiva di un film come Koyaanisqatsi, faticava a riconoscerla come “musica”.  CASA GIANNINI CON I SUOI OSPITILa parola è poi passata al critico cinematografico Vito Attolini, memoria cittadina della vita musicale e cinematografica barese, il quale ha ricordato che questa resistenza, ormai apparentemente vinta, alla musica per film ha radici lontane e autorevoli: stiamo parlando di Igor Stravinski e di Theodor Adorno e Hans Eisler. Ma questi personaggi, dai quali il pensiero del ‘900 non può prescindere, declassavano la musica per film soprattutto di provenienza hollywoodiana, ovvero di quella industria cinematografica che aveva appiattito l’invenzione filmica a mero processo produttivo, a catena di montaggio che tirava fuori pellicole tutte uguali a se stesse, utilizzando commenti musicali che facevano leva sulle emozioni del pubblico utilizzando consueti clichè, oggi ancora largamente praticati. Eppure, questa situazione era ben nota già ad Eisenstein, che nel suo Alexander Nevskij dà a Prokofiev precise indicazioni sulla musica, lontane dal meccanismo ridondante del “scena d’amore > violini vibranti”. Ed è proprio su questo che ha puntato Timezones nel corso degli anni: nel rintracciare e ospitare quei compositori che metteveno in crisi l’utilizzo sistematico del clichè musicale applicato al cinema, e che cercassero, dal punto di vista espressivo, una strada nuova.  Infine il critico ha puntualizzato sul fatto che Que viva Mexico non è un vero e proprio film di Eisenstein, in quanto sono sue solo le riprese; infatti, richiamato improvvisamente in patria, il cineasta non potè mai più mettere le mani sul suo progetto che rimase, così, incompiuto. Il film  fu montato una prima volta nel 1933 col nome di Lampi sul Messico, e poi nel 1979 da Grigori Aleksandrov, anziano collaboratore del regista russo; per questo motivo questa versione pare essere quella più vicina al progetto iniziale. Infine prende la parola Steven Brown, americano residente in Messico, che, in un simpatico “itagnolo”, spiega la genesi di questo progetto. È stato il governo messicano che in occasione dei 100 anni della Rivoluzione Messicana (quella di Pancho Villa ed Emiliano Zapata), si è rivolto ai Nine Rain, il progetto nato dalla collaborazione dei musicisti di cui sopra per fondere due culture musicali (americana e messicana) molto diverse, secondo un percorso sfociato anche nel forte impegno politico per sostenere la causa zapatista in Chapas. Il film, spiega Brown, è stato diviso in 5 parti, ognuna musicata da un membro del gruppo. Esse sono state poi assemblate e rielaborate tutte insieme nell’arco di 6-7 mesi di lavoro; il gruppo sarà in tournèe per circa un anno in tutto il mondo. Brown afferma inoltre di essere un sostenitore dei film senza musica, di quelli che contengono già nell’immagine, nel colore, nei movimenti di macchina un preciso ritmo interno. Alla mia domanda su come, allora, si fosse posto nei confronti di un film da musicare per intero, egli ha risposto che ciò è stato possibile proprio dall’incompletezza dell’opera di Eisenstein, come se quella porta non chiusa avesse permesso l’ingresso di un ulteriore elemento.NINE RAIN - QUE VIVA MEXICO

Il concerto all’auditorium Vallisa
Nella splendida cornice dell’Auditorium Vallisa, chiesa sconsacrata adibita a sala da concerto nel centro storico di Bari, si è tenuto il concerto dei Nine Rain. Una ricca paletta timbrica (piano, synth, sax vari, clarinetto, batteria, percussioni, chitarra elettrica, chitarra messicana, ukulele, basso elettrico e voci) ha musicato il film utilizzando i pianissimo e i fortissimo, con commenti che pur avvicinandosi sporadicamente alla tentazione della mimesi, e a tratti del micheymousing, non hanno mai perso il loro aspetto prettamente musicale. Il film di Eisenstein, pur nelle riserve della sua presunta autorialità, è, senza mezzi termini, bellissimo: descrive il popolo messicano di quasi un secolo fa in tutte le sue sfaccettature, dalle più ricche alle più misere, dal culto semipagano della morte alla reminiscenza della severa evagelizzazione cristiana, dalla crudelta della corrida alla purezza e poesia delle nudità quasi naive, che ricordavano la Tahiti di Gauguin. La musica dei Nine Rain, che nei momenti più intensi e crudi mi ha rievocato i pugni allo stomaco di Jesus Christ Superstar, ha interpretato e dato voce a quel qualcosa di magico e primitivo contenuto nelle immagini di Eisenstein.

Riferimenti:

www.timezones.it
www.ninerain.com
www.gianninipianoforti.it

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