Metropolis Live & Frank Strobel

BERLINALE 2010: METROPOLIS - 1.Parte: la storia del film e la sua ricostruzione

metropolis

Quando  il regista Fritz Lang (Vienna 1890 – Beverly Hills 1976) si reca a New York nel 1925 per assistere alla prima americana del suo lavoro I Nibelunghi rimane profondamente colpito dalla città,dal suo skiline e dalla sua struttura ruotante intorno a giganteschi ecomostri in cemento. Quell’impatto folgorante lo porta a concepire un film dalla potente valenza avveniristica, dal forte contenuto sociale e ideologico e portatore di un messaggio quanto mai attuale. New York diventa quindi il modello di città  proiettato in un  futuro per noi oramai neanche lontano (l’anno 2026) o irreale e afflitto da profonde divisioni e stridenti contrasti.

Una ristretta elite padronale vive in sfarzoso agio e sofisticato comfort ai vertici della società nella parte alta della città mentre nella parte bassa, malsana e buia, si dimena una classe di lavoratori sottomessa a brutale sfruttamento e soffocata in uno stato di desolata alienazione.  La inevitabile ribellione dei lavoratori esplode con violenza inaudita e delirante e finisce per travolgere ogni cosa, dai macchinari alle abitazioni. La cieca forza devastatrice di una massa di uomini stremati e umiliati arriva a colpire i propri figli che indirettamente rischiano di diventare vittime innocenti della protesta. Il regista opta per un finale accomodante che rappresenta  il  componimento del conflitto attraverso un messaggio di pace e  comprensione reciproca volto a esaltare il valore della convivenza  e dell’obbedienza.  Questa scelta è probabilmente lontana dal suo sentire e dal suo concetto ed è da attribuirsi alla necessità contingente di attenersi allo script realizzato dalla compagna Thea von Harbou. In seguito le vite dei due artisti prenderanno cammini divergenti. Adesione al nazionalsocialismo da parte di Thea von Harbou, la triste via dell’esilio negli USA per il regista. Metropolis rappresenta una delle maggiori espressioni  artistiche di un periodo storico – gli inizi del xx secolo – caratterizzato da profondi rivolgimenti in campo economico, sociale e culturale. Soprattutto nel campo delle arti figurative  è forte l’esigenza della ricerca di nuovi linguaggi e ambiti estetici che deriva dal profondo disagio nei confronti di una vita culturale autocompiacente e convenzionale,  divenuta  elitario oggetto di consumo delle classi elevate,  tramandata dal secolo precedente e ora completamente avulsa dai laceranti problemi che affliggono la nuova drammatica realtà sociale. Nascono così tra il 1910 impulsi e movimenti artistici di grande spessore, dal manifesto futurista di Marinetti su ‘Le Figaro’ (1910), alla mostra modernista del Karobube a Mosca, al Dada degli incontri artisti polivalenti di Zurigo (1916), al Blauer Reiter, manifesto  espressionista  nato a  Monaco (1911) su iniziativa di Franz Marc e Vassilj Kandinskij. L’arte diventa sempre più espressione dell’interiore travaglio spirituale e psichico dell’uomo.
In questo contesto artistico e sociale nasce Il film di Lang, un lavoro realizzato con tecniche di ripresa strabilianti e innovative nell’ambito di una costruzione scenografica suggestiva e spettacolare curata da ben tre rinomati architetti quali Otto Hunte, Erich Kettelhut e Karl Vollbrecht. Il regista austriaco riesce con grande maestria a coniugare  la travolgente forza narrativa e espressiva del film con le sue fantastiche visioni  trasmesse da un raffinato gioco di immagini in cui i connotati futuristici e le vertiginose architetture della città entrano in affascinante gioco dialettico con forti simboli del passato (il maestoso duomo gotico e la rete di catacombe con la cripta dove gli operai si radunano a pregare insieme a Maria, figura profetica che guida la città verso la pace e la salvezza) accompagnati da  numerosi riferimenti biblici, apocalittici  e mitologici nella realizzazione di quello che, malgrado un contenuto che può prestarsi a interpretazioni perverse nella sua esasperata trivialità romantica, a buon diritto può essere considerato uno dei monumenti della storia del cinema. Il dispiego di forze e mezzi messo in campo dalla casa di produzione UFA è impressionante: vengono prodotti circa 600.000 metri di pellicola e coinvolte circa 36.000 persone fra attori e comparse per un investimento complessivo di cinquanta milioni di Reichsmark (all’incirca gli attuali 16 milioni di Euro).
Le vicissitudini del film hanno  inizio già in occasione della prima avvenuta il 10 gennaio del 1927 all’Ufa-Palast am Zoo a Berlino. Il film presentato nella sua lunghezza integrale con i suoi 4.189 metri di pellicola non sembra suscitare grande interesse presso il pubblico e la casa produttrice UFA ne decide il ritiro dopo circa quattro mesi per apportarne dei tagli che ridussero la sua lunghezza complessiva a 3.241 metri in vista di una capillare distribuzione su tutto il territorio nazionale a partire dall’estate seguente.
Negli anni successivi il montaggio del film ha subito diverse revisioni in particolare nelle copie destinate all’export.  Per anni si è ritenuto che alcune parti anche determinanti di Metropolis fossero andate irrimediabilmente perse e in realtà esistevano a livello internazionale per la proiezione  soltanto  il negativo originale ridotto e alcune copie. Un primo restauro con il recupero di alcune parti perdute del film viene effettuato con un accurato lavoro da parte del critico Enno Patalas nel 1984 direttore del Filmmuseum a Monaco, autore del libro ‘Metropolis in und aus Truemmern. Eine Filmgeschichte’ (Metropolis dentro e fuori le sue macerie. La storia di un film). Patalas basa il suo lavoro prevalentemente sul negativo originale della UFA mentre successivamente Martin Koerber, su incarico della Friedrich- Murnau-Stiftung, pur seguendo il lavoro di Patalas, utilizza come riferimento per la sua ricostruzione prevalentemente il negativo originale preparato per la Paramount, partner americano della Ufa che ha curato la distribuzione del film negli USA. La nuova ricostruzione del film viene presentata alla Berlinale 2001 e riceve un riconoscimento da parte dell’Unesco quale opera patrimonio dell’umanità.
Nel 2008  a Buenos Aires  si è avuto l’ incredibile rinvenimento di copia di sicurezza della pellicola a 16mm che corrisponde sostanzialmente alla lunghezza della sua concezione originaria. Nel 1927 Adolfo Z. Wilson, direttore di una casa di distribuzione in Argentina, vede il film a Berlino e decide di presentarlo nei cinema del suo paese. In particolare  Buenos Aires contava già oltre duecento cinema e un pubblico appassionato ed entusiasta. Dopo l’uscita e la visione da parte del pubblico, la copia del film finisce nelle mani del collezionista Manuel Pina Rodriguez, che ne garantisce la visione in vari cineclub fino agli inizi degli anni sessanta. Nessuno si era mai accorto che la durata della pellicola era ben superiore di quelle che veniva abitualmente proiettata negli USA o in Europa. La collezione di Pena affluisce in seguito attraverso  il Fondo Nacional de las Artes al Museo del Cine Pablo C. Ducros Hicken. Negli anni settanta venne realizzata dalla nitrocopia della pellicola una copia di sicurezza su negativo a 16 mm. Con l’avvento di Paula Felix-Didier alla guida del museo ci si è resi conto dell’importanza del reperto, la versione del film praticamente identica all’originale. La copia argentina contiene la maggior parte delle scene e inquadrature finora mancanti. In alcuni punti il montaggio della versione argentina differisce con quello del restauro del 2001, cosa che ha richiesto una nuova valutazione complessiva di quello che era in realtà il montaggio dell’originale. Fondamentale al riguardo è risultato l’estratto per pianoforte della colonna sonora di Gottfried Huppertz, che ha fornito una ulteriore conferma del diverso montaggio di alcune parti presente nella versione argentina.
L’estrema precarietà dello stato della pellicola ha reso necessario un impegnativo e accurato  lavoro di restauro  reso possibile con un notevole impegno finanziario preso in carico  dalla fondazione Friedrich-Wilhelm-Murnau di Wiesbaden in collaborazione con i canali televisivi  ZDF e Arte, la Deutsche Kinemathek  a Berlino e il Museo del Cine Pablo C. Ducrot Hicken a Buenos Aires. Il difficile e delicato restauro digitale delle immagini è stato realizzato a cura della Alpha-Omega digital di Monaco. Grazie al superbo lavoro dal carattere che potrebbe venire definito ‘archeologico’ il film è stato quindi restituito alla sua originale dimensione architettonica e scenografica oltre che alla sua interiore carica espressiva e al suo conseguente sviluppo narrativo.


BERLINALE 2010 METROPOLIS: 2. PARTELa colonna sonora e la sua esecuzione dal vivo del 12 febbraio 2010

strobel dirige a berlino metropolis Dieter Kosslick, direttore artistico della Berlinale ha programmato quest’anno l’inserimento di un’iniziativa che esalta notevolmente il prestigio della manifestazione: la presentazione della versione restaurata del famoso lavoro di Fritz Lang accompagnata dall’esecuzione dal vivo della colonna originale composta da Gottfried Huppertz (1887 – 1937). In realtà la forza avanguardista e avvenierista del film ha ispirato nel recente passato anche  la fantasia creativa di due eminenti musicisti contemporanei. Un intrigante e discutibile  esperimento viene realizzato da Giorgio Moroder (1940) che nel 1984  confeziona una colonna sonora basata su un idea musicale  pop-rock  che include  brani composti  ed eseguiti da Freddy Mercury, Pat Benatar e Bonnie Tyler  in  una versione fortemente mutilata del film ridotto a una durata di ca. ottanta minuti. L’ uscita di questo commento musicale ha da una parte suscitato reazioni contrastanti ma ha in qualche modo contribuito ad avvicinare un vasto pubblico alla conoscenza di questo lavoro storico. Una interessante nuova colonna sonora dal linguaggio moderno e avanguardista viene composta da Berndt Schultheis (1964) per l’edizione del film ricostruita sulla base degli studi di Patelas e presentata alla Berlinale 2001. Successivamente la Fondazione Murnau  insieme a Anne Wilkening, Frank Strobel e Martin Koerberg, artisti incaricati della valutazione e ricostruzione del film sulla base del nuovo materiale rinvenuto a Buenos Aires nel 2008, hanno evidenziato la fondamentale importanza della partitura originale della colonna sonora  scritta da Gottfried Huppertz quale parte integrante della concezione visiva e architettonica del film.   Gottfried Huppertz, autore della colonna sonora del precedente film di Lang I Nibelunghi (1924), scrive la partitura per Metropolis durante la lavorazione del film a diretto contatto con il regista assicurando una sua costante presenza sul set, dove egli segue assiduamente le riprese e ha la possibilità di esercitare una forte influenza sugli attori facendo ascoltare i pezzi da lui composti. Egli studia le matrici della pellicola, conosce perfettamente le scene e la loro durata. Tiene nota in un diario delle musiche composte nei vari giorni in rapporto alle singole riprese. Lo sviluppo musicale della partitura procede anche in perfetta intesa artistica con Thea von Harbou, autrice della sceneggiatura. Il compositore sfrutta ogni  possibile soluzione armonica,  da una  penetrante  espressività  a modulazioni enarmoniche, profondo cromatismo e scale esatonali in una costruzione musicale dove melodie cariche di pathos si intessono nel tratteggiare i suggestivi leitmotiv che la percorrono. La scrittura di Huppertz conferisce al film una più incisiva fluidità e contribuisce ad esaltarne la forza espressiva delle immagini che assumono nel loro scorrere tutta la loro imponente dimensione e prospettiva. Il materiale musicale su cui si è lavorato è costituito da una particella (un estratto del testo originale della partitura) e due ulteriori  strumentazioni, per orchestra da cabaret e per orchestra sinfonica. La  partitura avvalora in modo sorprendente la rispondenza della copia conservata in Argentina con l’originale del film che al contrario manca nelle versioni realizzate per la distribuzione in paesi terzi e crea una sorta di vicendevole conferma delle strutture portanti del lavoro di Lang. La musica diventa anche un elemento determinante nella soluzione da conferire a molte problematiche concernenti il restauro delle sequenze filmiche. Dal punto di vista estetico-stilistico Huppertz si colloca nella transizione di inizio ventesimo secolo che porta dal tardo romanticismo  alla scrittura  seriale e dodecafonica. Il suo linguaggio viene influenzato dall’idea leitmotivica wagneriana che egli riesce magistralmente ad associare  a un opulenza sonora che richiama Richard Strauss  e, in misura minore, al seducente cromatismo di Scriabin. La trama sonora della partitura è ricca di momenti avvincenti ma si pone allo stesso tempo  in un imperioso primo piano che da una parte esalta la forza espressiva del film mentre in alcuni momenti  trasmette l’impressione di congestionarne il respiro e l’interiore forza narrativa. L’opulenza sonora che avvolge lo spettatore per l’intera durata del lavoro rischia a volte di travolgerlo e distoglierlo dai suoi contenuti. Forse l’inserimento di alcuni momenti dal carattere più sommesso e meditativo avrebbe permesso un più spontaneo  rapporto con il suo intrinseco valore ideologico e spirituale. Metropolis è concepito come un opera ripartita in tre atti intitolati ‘Prologo’, ‘Intermezzo’ e ‘Furioso’. Assai suggestiva è la citazione del ‘dies irae’ gregoriano ripresa dal quinto movimento (Sogno di una notte di sabba) della Symphonie Fantastique di Hector Berlioz su cui Huppertz costruisce un’architettura sonora  fortemente  espressiva e atmosferica. Una ulteriore citazione ‘francese’  è quella relativa alla Maerseillese utilizzata nella sequenza dell’avvio alla rivolta in cui gli operai  in preda alla disperazione e sobillati dalla finta Maria in forma robotizzata si lanciano alla distruzione dei macchinari. La partitura di Huppertz possiede comunque una forte personalità e identità che potrebbe tranquillamente valerle un adattamento per una versione da concerto.
Frank Strobel, artista berlinese di origini bavaresi si dedica da tempo con profondo impegno al lavoro scritto per il cinema da grandi compositori come Prokovjev, Shostakovich e Schnittke e a cui si deve la ricostruzione originale e pubblicazione di fondamentali partiture come Aleksander Nevskij (Eizenstein/Prokovjev) e La Nuova Babilonia (Kozinzev/Shostakovich), dirigeva lo scorso 12 febbraio nel suggestivo Friedrichstadtpalast sulla Friedrichstrasse a Berlino la  (sua) settima diversa edizione con musica dal vivo del capolavoro di Fritz Lang. La prima mondiale della versione ricostruita  è stata  trasmessa in diretta dai canali Arte e ZDF e allo stesso tempo sullo schermo gigante allestito alla Porta di Brandenburgo  che, malgrado neve e gelo, ha richiamato  un attendence  en plain air  di diverse migliaia di spettatori.Strobel conosce e ama profondamente l’universo sonoro della transizione musicale  di inizio del ventesimo secolo (da Franz Schrecker a Max Deutsch,  un’esperienza che tra l’altro influenza in modo determinante l’evolversi del soundtrack hollywoodiano). Egli restituisce all’ascoltatore/spettatore la partitura di Huppertz in tutto il suo imponente glamour sonoro in  un’interpretazione di grande equilibrio che punta alla trasparenza del tessuto musicale associata a un perfetto dosaggio dei volumi sonori senza mai cedere a  superflui compiacimenti estetizzanti. Il maestro tedesco firma un’esecuzione carica di pathos perfettamente intessuta nella interiore tensione della trama musicale e avvolta nel suono luminoso e nello smalto timbrico dispiegato dalla superlativa falange del Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin per una serata trionfale e memorabile dove erano presenti numerose personalità del mondo politico e dello spettacolo fra cui l’attore Leonardo Di Caprio. La partitura  originale di Huppertz nella sua nuova revisione e valutazione è oggetto di una edizione speciale  per esecuzione orchestrale da parte della Europaeische Filmphilharmonie a Berlino  che contiene  precise indicazioni dei tempi e delle gradazioni dinamiche che la rendono in tal modo disponibile per l’esecuzione da parte delle orchestre sinfoniche di altre città e paesi. La distribuzione a livello mondiale del film Metropolis viene gestita dalla Transit  Film GmbH di Monaco che vanta un bagaglio di molti importanti film della storia del cinema tedesco.

INTERVISTA
A colloquio con il Maestro Frank Strobel


Frank Strobel Nato nel 1966 Frank Strobel è direttore d’orchestra del repertorio classico e tardo romantico oltre che rinomato interprete e restauratore di importanti colonne sonore. Dirige le principali orchestre europee, americane e orientali in programmi strettamente musicali o in film con musica dal vivo. Ha tenuto a battesimo numerose nuove partiture scritte da compositori contemporanei per importanti film muti come La Terra di Alexander Dovschenko (musica di  Alexander  Popov) o Tempesta sull’Asia di Vsevolov Pudovkin (musica di Bernd Schultheis). Il maestro è anche autore del restauro e della pubblicazione delle colonne sonore originali scritte da Prokovjev  per il film Alexander Nevskij di Eizenstein e da Shostakovich per il film di Kozinzev La nuova Babilonia. Ha anche redatto e pubblicato numerose suites tratte dalle colonne sonore scritte da Alfred Schnittke per film di importanti registi come Klimov, Shepitko e Mittà. Molte delle sue numerose registrazioni discografiche gli hanno  valso il ‘ Premio della critica discografica tedesca’. Dal 2000 è direttore artistico della Europaeische Filmphilharmonie a Berlino da lui fondata.

Metropolis e Berlino…..
Berlino è una città fortemente legata alla storia e Metropolis, realizzato e tenuto a battesimo proprio nella capitale tedesca, ha influenzato la storia, non solo quella del cinema se pensiamo a Star Wars o Blade Runner, quanto quella della cultura e della società in cui viviamo. Anche l’impatto a livello ideologico del film è   enorme, forse paragonabile a quello della Corazzata Potjemkin di Eizenstein.                                                    

Quali considerazioni suggerisce il contenuto del film?

Metropolis riflette il momento storico, le sue tensioni, le sue ansie, i suoi fantasmi. Il suo contenuto è guidato da una profonda carica ideologica che abbraccia visioni contrastanti e soluzioni ambivalenti. Si passa dal brutale sfruttamento del lavoro umano alle visioni di un futuro apocalittico generato da uno sviluppo senza limiti fino alla consapevolezza del limite stesso dell’essere umano nell’ambito del disegno divino. Considero Metropolis un grande documento artistico di un’epoca.

Finora hai affrontato il film di Fritz Lang in ben sette differenti versioni...
Il mio primo incontro con Metropolis è avvenuto molto presto, avevo sedici anni ed ero ancora studente. Insieme ad un mio amico musicista abbiamo presentato nel cinema dei miei genitori il film nell’edizione disponibile ridotta con l’esecuzione dal vivo della versione per pianoforte della colonna sonora in un adattamento per due pianoforti . L’esecuzione ha avuto sul pubblico un grande  impatto e l’abbiamo poi portata in tournée in varie parti del mondo, da Parigi al Giappone. Questa prima esperienza è stata per me fondamentale anche per confrontarmi con le problematiche di sincronizzazione fra musica e immagine e ha fornito quindi un prezioso aiuto nel lavoro di restauro della versione originale del film. Non mi riferisco solo alla versione presentata ora alla Berlinale quanto anche al restauro digitale del 2001 basato sul materiale raccolto da Enno Patalas  in una ricerca capillare e approfondita condotta in numerosi musei, archivi e cineteche di tutto il mondo. In quel momento non pensavamo proprio che nove anni più tardi avremmo avuto il rinvenimento dell’importante copia conservata  a Buenos Aires!

Il restauro compiuto da te insieme a Martin Koerber e Anke Wilkening  è stato definito un lavoro da archeologi.
In realtà lo è stato. La pellicola era in enorme stato di deterioramento con graffi e buchi. Vorrei sottolineare come la partitura di Huppertz sia stata determinante in questa opera di ricostruzione.
Il compositore ha dotato la partitura di migliaia di annotazioni definite punti di sincronia con breve descrizione del contenuto dell’immagine cui la musica fa riferimento. In tal modo è stato possibile definire non solo la durata delle sequenze ma anche la propria struttura interna. Quando si sono venute a creare delle differenze di opinione su una successione di sequenze la musica è sempre stata un riferimento di consultazione fondamentale e ha puntualmente confermato le varianti presenti nella versione argentina.
Quella presentata il 12 febbraio scorso quindi non è una versione arricchita da integrazioni finora mancanti quanto in qualche modo un film che rinasce nella sua costruzione originale.

Gottfried Huppertz(1887 – 1937) e Bernd Schultheis (1964). Due mondi musicali lontani per uno stesso film…
Perchè no?
I due musicisti rappresentano visioni artistiche e scritture musicali  contrastanti anche perché espressione di diversi periodi storici. Quella di Metropolis è stata in realtà una delle prime composizioni di portata sinfonica scritte per il grande schermo. E’ stata dapprima eseguita a Berlino, in seguito anche in altre città con orchestra ma soprattutto nella versione per piano. In questi ultimi anni si è avuto un grande revival del cinema muto e l’importanza della musica nelle immagini ha acquisito una crescente rivalutazione.
Ritengo che una nuova musica rappresenti sempre uno stimolo al confronto con un determinato film che può essere in tal modo valutato in una nuova luce e diversa dimensione.
Bernd Schultheis naturalmente affronta il film con la visione propria di un artista della fine del ventesimo secolo che è ben diversa da quella del pubblico degli anni venti.
Ambedue le proposte musicali sono fortemente suggestive. Dobbiamo peraltro tenere presente che ora la partitura composta da Schultheis dovrà necessariamente essere rivista e adattata al recente restauro della pellicola.

La versione restaurata del film riconduce nelle giuste dimensioni l’importanza di alcuni personaggi come ‘Der Schmale’ (il sottile) o l’operaio n. 118111.
Assolutamente! Nella valutazione delle varie versioni disponibili del film ci si rende conto di come i tagli apportati  dalla UFA (la casa produttrice, ndr) abbiano pesantemente sfigurato il disegno complessivo della concezione estetico-narrativa di Fritz Lang. La figura del ‘sottile’  (Der Schmale) venne affidata dal regista a Fritz Rasp, uno degli attori più validi e apprezzati dell’epoca  ed è quindi indicativa dell’importanza di quel ruolo oltre a  evidenziare ancora maggiormente l’assurdità dei tagli apportati.
‘Il sottile’ è il braccio destro di Fredersen ed è incaricato di controllare il corretto  funzionamento dei perversi  ingranaggi  che reggono  la futuristica città.
La nuova ricostruzione consente attraverso la giusta rappresentazione del personaggio di comprendere in modo corretto il funzionamento della complessa struttura di  Metropolis, ma anche il film nell’insieme delle sue motivazioni e dei suoi contenuti. ‘

Ci parli dei tuoi futuri progetti?

Il programma dei prossimi mesi è molto intenso! Vorrei citare I nibelunghi realizzato nel 1924 da Fritz Lang nella versione integrale restaurata con l’esecuzione dal vivo della partitura composta da Gottfried Huppertz.
Il gigantesco lavoro (cinque ore, ndr) verrà presentato alla Deutsche Oper di Berlino il 27 aprile prossimo.
In Luglio poi al Festival Schleswig Holstein è prevista l’esecuzione della colonna sonora della prima parte di Matrix di Andy e Lana Wachowski  (contiene fra l’altro  brani di Duke Ellington, Django Reinhardt e Rob Dougan) mentre per l’autunno la Koelner Philharmonie a Colonia mi ha affidato una serie di quattro concerti dedicati al cinema con ben quattro orchestre diverse.
Avremo dunque programmi con i seguenti abbinamenti regia/musica:
Alfred Hitchcock - Bernard Herrmann
Steven Spielberg - John Williams
Tim Burton - Danny Elfman (compositore assolutamente geniale!)
Fritz Lang – Gottfried Huppertz.
Fra le orchestre coinvolte  vi sono l’orchestra dalla Radio Polacca di Katowice e la London Symphony Orchestra che per la prima volta eseguirà le musiche di John Williams in Germania.

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