Alfred Schnittke: da Agonija al Secondo concerto per violoncello

Reportage del concerto tenutosi alla Royal Festival Hall di Londra

Alfred SchnittkeDal 15 novembre al 1 dicembre si è svolto a Londra l’imponente Festival denominato Between Two Worlds dedicato al compositore Alfred Schnittke (Engels 1934 – Hamburg 1998) con la superba organizzazione curata dalla London Philharmonic Orchestra guidata dal suo direttore stabile Vladimir Jurovskij, dal Royal College of Music e dalla Goldsmith University. Nell’ambito della manifestazione particolare riscontro e apprezzamento ha suscitato il suggestivo programma che ha impegnato il numeroso pubblico presente alla  Royal Festival Hall il pomeriggio e la sera del 29 novembre, dapprima con la proiezione del monumentale film storico di Elem Klimov  (Volgograd 1933 – Mosca 2003) Agonija (Mosfilm  1974 - 1981) quindi con l’esecuzione del Secondo concerto per violoncello e orchestra del compositore russo tedesco, lavoro  strettamente legato alla colonna sonora scritta per il film.

 

Nel corso della sua vita artistica Alfred Schnittke ha dedicato notevoli energie al lavoro per il cinema scrivendo ben sessantadue colonne sonore per importanti registi fra cui Alexander Mittà, Andrej Chrzanovskij, Larisa Shepitko e Elem Klimov. In particolare con Elem Klimov, suo quasi coetaneo nato a pochi chilometri di distanza sulle rive del Volga, condivideva lo stesso desiderio rivolto alla creazione di un nuovo linguaggio artistico affrancato dall’enfasi celebrativa dei rigidi schemi imposti dalla dottrina real-socialista. Il film Agonija descrive il destino e il mito del monaco Rasputin, personaggio circondato da un’aureola leggendaria e magica, chiamato a simboleggiare la lotta per la sopravvivenza della monarchia zarista.
Klimov raffigura nel personaggio di Rasputin – superbamente interpretato da Aleksej Petrenko - la decadenza e il disorientamento dell’ambiente cortigiano, della nobiltà, dell’apparato statale e militare e riesce a trasmettere l’immagine della società con forti accenti satirici e burleschi. Il monaco è al tempo stesso espressione del disfacimento del regno zarista ma non certo la  causa e la sua eliminazione non impedisce  il sopravvento di un destino politico ormai inevitabile.

Le scene grandiose dal taglio epico realizzate con estrema cura del dettaglio e straordinaria intensità dei contrasti fanno di Agonija sicuramente una delle importanti realizzazioni cinematografiche del dopoguerra sovietico.  La storia di un personaggio controverso come Rasputin, la rappresentazione dello Zar Nicola II come un uomo debole e indeciso piuttosto che come un crudele despota e la  metaforica attualizzazione della fine del regno zarista con l’inevitabile analogo destino del sistema sovietico avviato ciecamente verso un futuro incerto e oscuro, vengono peraltro impietosamente considerate una provocazione dalle autorità di supervisione che vi scorgono una  pericolosa messa in discussione della visione ufficiale ‘comunista’ della caduta dei Romanov e valutano il contenuto complessivo del film come ideologicamente perverso e sovversivo. Il Comitato Nazionale della Cinematografia dello Stato Sovietico (Goskino) a Mosca ordina quindi una immediata messa al bando del lavoro di Klimov con la contemporanea distruzione della colonna sonora realizzata da Alfred Schnittke. Con l’avvento della Perestroika agli inizi degli anni  ottanta  il film viene restaurato e riproposto al pubblico nell’ integrità delle sue due parti. Anche la colonna sonora viene ricostruita con grande lavoro e molte difficoltà solo nel 1987. Schnittke ne elabora in seguito  una Suite  da concerto che viene eseguita nel 1997 in prima mondiale ad Amburgo sotto la direzione del Maestro Frank Strobel che ne firma anche una registrazione su CD. La musica ideata da Schnittke evidenzia un carattere spiccatamente sinfonico e si  muove in perfetto equilibrio e avvincente dialettica con l’intrinseca forza interiore delle immagini  per assumere  nel corso del film accenti parodistici, seducenti, solenni e drammatici. I temi che risuonano nel film vengono ripresi dal compositore in successivi importanti lavori. Le suggestive immagini del Palazzo d’inverno a San Pietroburgo sono guidate da un valzer  che scandisce l’inesorabile tensione dello scorrere del tempo e della storia e che  riaffiora nel secondo movimento (“in tempo di valse”) del Quintetto per piano e archi (1976) mentre il diabolico tango che tratteggia le depravanti debolezze del monaco Rasputin echeggia nel quinto movimento (“rondò”) dell’ormai leggendario Concerto Grosso n.1 per due violini e orchestra d’archi (1977). Le immagini conclusive, allo stesso tempo epiche e diaboliche del film, sono accompagnate da un grande canto corale costruito  nella forma di una passacaglia dal  taglio tardo romantico che diventa  il motivo portante del quinto movimento (“grave”) del Secondo Concerto per violoncello dedicato a Mstislav Rostropovitch ed eseguito da questi in prima mondiale a Evian nel 1990. Il tema viene rielaborato in un linguaggio innovativo dalle tinte atonali avvolte in una forte componente emozionale,  nella sua impressionante densità timbrica e con la sua interiore forza esistenziale e visionaria che fa di questo pezzo uno dei grandi capolavori della musica del xx secolo.  Il lavoro pur intitolato come concerto è in realtà concepito come una sinfonia in cinque movimenti per orchestra e strumento solista dove questo si pone allo stesso tempo in accordo ma soprattutto in conflitto dialettico con l’enorme organico orchestrale nel suo insieme o con specifiche sezioni strumentali e dove il suo virtuosismo espressivo viene condotto agli estremi limiti.

Straordinaria la prestazione del violoncellista Alexander Ivashkin - grande interprete, studioso e stretto amico del compositore – e della magnifica London Philharmonic Orchestra guidata da Vladimir  Jurovskij che interpretano il lavoro nella pienezza della sua imponente architettura sonora e della sua avvolgente ricchezza timbrica.  Ivashkin si fa ammirare per la sua formidabile maestria tecnica  associata  a una profonda percezione  dell’interiore tensione drammatica e spirituale che percorre la trama musicale e all’affascinante disegno dal forte accento contemplativo  con cui egli rende, in modo a mio avviso impareggiabile, l’essenza metafisica del finale quinto movimento. Allo stesso tempo il solista russo si muove in perfetta compenetrazione artistica e spirituale con il maestro Jurovskij che ottiene dall’orchestra un suono sontuoso e profondo nella formidabile rappresentazione  di un universo timbrico e cromatico fortemente toccante e coinvolgente. Il trionfale entusiasmo che ha accolto l’esecuzione rappresenta un’ulteriore testimonianza della dirompente attualità e capacità comunicativa ed emotiva del linguaggio musicale lasciatoci dal grande compositore russo tedesco. “Le  sette ultime parole di Cristo sulla croce” (1795) di Franz Josef Haydn, opera della maturità proiettata verso la pienezza di nuove forme architettoniche classico-romantiche ed eseguita nella versione per soli, coro e orchestra, ha chiuso una serata musicale davvero particolare e in una superba realizzazione da parte della eccellente compagine orchestrale londinese, del London Philharmonic Choir e dai solisti (Lisa Milne, soprano – Ruxandra Donose, Mezzosoprano – Andrew Kennedy, tenore – Christofer Maltman, baritono) guidati da Vladimir Jurovskij, sicuramente  grande interprete e artista fra i più seri e dotati nell’attuale panorama musicale internazionale.

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