Amadeus di Milos Forman in cineconcerto a Roma

Amadeus di Milos Forman in cineconcerto a Roma

Un film su Mozart? Così è spesso presentato Amadeus di Milos Forman.
Ma se si cerca la biografia del genio salisburghese è meglio andare in biblioteca: vengono ripercorsi molti punti salienti della vita del musicista, dall’infanzia alla morte prematura, ma il vero protagonista è il mediocre Salieri, che narra la storia da un manicomio; e nonostante l’eccezionale lavoro svolto da Neville Marriner sulla scelta dei brani (perlopiù mozartiani ma non solo) e sulla loro esecuzione, il film è ben lungi – ma non potrebbe essere altrimenti – anche dal fornire in colonna sonora un compendio esaustivo dell’arte mozartiana.

Amadeus tenta piuttosto di cogliere lo spirito della musica di Mozart attraverso il tono complessivo: l’invidia di Salieri e l’irriverenza di Mozart fanno da contrappunto comico alla vicenda, e ne viene fuori un racconto filmico di bruciante ambiguità in cui alla fine la componente fatalistica (l’ovvio, tragico finale) e il tripudio visivo (la sgargiante ricostruzione d’epoca, l’incredibile fotografia di Miroslav Ondricek) finiscono per fagocitare tutto il resto.
Ascoltando l’interpretazione della colonna sonora in sincrono con le immagini del film, svoltasi in Auditorium Parco della musica il 20 e il 21 giugno sotto la direzione dello svizzero Ludwig Wicki, la scommessa autoriale di Amadeus emerge in maniera prepotente. Già l’inizio, col tuonante re minore dell’overture del Don Giovanni K 527 – reso dall’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con la dovuta intensità terroristica – sulle immagini notturne di una Vienna innevata, è tutto un programma: Forman non resiste alla tentazione di un rapporto musica-immagine netto, rischiosamente retorico – il sincronismo con gli stacchi di montaggio, la polarità tonalità minore-cupo e misterioso/tonalità maggiore-solare e aperto –, finendo per tradire sostanzialmente la musica di Mozart, dandole significati extramusicali che possono, a ragione, far storcere il naso ai puristi. Così, della “Piccola sinfonia in Sol minore” si sfrutta l’aspetto più esteriore da “Sturm und Drang” per accompagnare la scena del tentato suicidio di Salieri, mentre l’ancor più cupo incipit della succitata ouverture dal Don Giovanni viene usato per le scene raffiguranti il rapporto di Wolfgang col padre autoritario (ma in quest’ultimo la musica già si caricava di valenze extramusicali, essendo destinata ad un opera). Da questo rapporto tra la musica e un referente esterno, al centro del film di Forman, vengono alla mente anche certe argomentazioni mosse dai detrattori di Mozart stesso (eh sì, ci sono), tra cui il celebre pianista Glenn Gould, che vedeva nella nascita di Mozart “uomo di teatro” l’inizio del declino della sua arte. Evidentemente Gould, ma non solo lui, non sopportava che arti sceniche e musica potessero influenzarsi a vicenda, e chissà cosa avrebbe detto di Amadeus, se fosse vissuto tanto a lungo da poterlo vedere: forse che un ulteriore declino della musica mozartiana sarebbe stato dovuto alla nascita di Mozart “uomo di cinema”? Il film in questione non è il primo a far uso della musica del genio salisburghese, eppure per la prima volta emerge kubrickianamente il fallimento di un rapporto integrativo tra immagine e suono, proprio perché esasperatamente ricercato. Nonostante le leggi interne che le regolano, le arti, poste a contatto, viaggiano parallele nella loro arbitrarietà espressiva; succede così con la musica da film, e succede così con la musica di Mozart: Il Concerto per pianoforte in re minore non diventa più brutto o più bello se messo in sincrono con i meravigliosi scorci di Praga filmati da Miroslav Ondricek…
Mettendo da parte queste riflessioni, che in questo reportage non possono trovare il giusto compimento, torniamo alla valutazione dell’esecuzione: in una parola, eccellente. Il virtuosismo della compagine ha sbalordito almeno in due occasioni: la scena in cui Salieri, sfogliando i manoscritti di Mozart, sente la musica nella sua testa (e noi con lui), e quella della genesi del “Requiem”, dove orchestra e coro eseguono in parti separate le vari voci nel momento stesso in cui Mozart le concepisce e le comunica a Salieri; ma tutti i brani sono stati eseguiti con grande abilità e soprattutto con la disinvoltura necessaria nel passare in rassegna i vari stili del corpus mozartiano: dai Concerti – quello stupendo in do maggiore per flauto e arpa, quello per pianoforte in mi bemolle K 482 – all’opera – Il ratto dal serraglio e Le nozze di Figaro – fino alla musica da chiesa – la messa in do minore e il Requiem –, il concerto non ha conosciuto falle, e ci è sembrato davvero il degno omaggio a questo capolavoro del cinema e al suo regista, Milos Forman, purtroppo recentemente scomparso.

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