Curiosità musicali dalla Berlinale 2018

Curiosità musicali dalla Berlinale 2018

Una grande edizione la 68ma Berlinale svoltasi dal 15 al 25 febbraio nella capitale tedesca. Impressionano non solo la qualità dei film in concorso ma anche  i temi e le tendenze che caratterizzano le diverse sezioni in cui la manifestazione si articola.
Dei film in concorso ci hanno particolarmente impressionatoTwarz di Malgorzata Szumovska, Orso d’Argento - Gran Premio della Giuria e Dovlatov di Aleksej German Jr., Orso d’Argento per speciali meriti artistici.
La rassegna berlinese ha saputo offrire anche un notevole numero di spunti musicali di particolare rilievo.

In singoli articoli si è già parlato di Das alte Gesetz (La vecchia legge) film muto del 1922 realizzato da Ewald André Dupont e presentato nella sezione Berlinale Specials in versione digitale restaurata con accompagnamento orchestrale dal vivo, così come della splendida scrittura del grande compositore ungherese Mihaly Vig che percorre il film Genezis di Árpád Bogdán presentato nella sezione Panorama.
Fra i film in concorso emerge la brillante e piacevole scrittura di Alexandre Desplat per The Island of Dogs di Wes Anderson - primo film animato chiamato a inaugurare il Festival - che si riallaccia stilisticamente al precedente Fantastic Mister Fox (2009).



Di altissimo spessore è apparsa la partitura confezionata da Danny Elfman per il  film Do not worry di Gus Van Sant, inspiegabilmente uscito senza riconoscimenti. In un montaggio magistrale con la sua incantata freschezza e spontaneità espressiva e atmosferica, la musica si intesse in modo fortemente coinvolgente nelle immagini della singolare parabola esistenziale del famoso fumettista John Callaghan, rimasto paralizzato in un incidente e del suo stravagante universo superbamente interpretato da Joaquin Phoenix.



Una profonda emozione ha trasmesso la visione nella sezione Berlinale Classics della versione in restauro digitale di Il cielo sopra Berlino (1987) di Wim Wenders, capolavoro della cinematografia europea, percorso delle splendide musiche composte da una storica icona dell’Ottava Arte come Juergen Knieper che ricordiamo anche per i suoi straordinari contributi in altri lavori del regista tedesco come Falso Movimento (1975), L’Amico Americano (1977) e Lisbon Story (1994).
Sempre nella sezione Berlinale Classics in restauro digitale è stato proposto anche il celebre film russo Quando volano le cicogne (Mosfilm 1957, Palma d’oro a Cannes 1957) di Mikhail Kalatozov (1903 – 1973) che ha segnato l’avvio di una profonda svolta nell’estetica cinematografica e artistica sovietica nel suo inizio di affrancamento dai canoni stalinisti del real-socialismo. Affascina il virtuosismo delle riprese dell’operatore Sergej Urusevskij (1908 – 1974) con le inquadrature angolate e i movimenti vertiginosi della sua macchina accompagnati da un suggestivo gioco espressionistico di luci e ombre. Più deludente l’aspetto musicale affidato al celebre compositore russo di origine polacca Mieczyslaw Weinberg (1919 – 1996) molto vicino e amato da Shostakovich e molto prolifico fra l’altro con ben 26 sinfonie, 7 quartetti per archi, 7 opere e ben 60 colonne sonore.



La sua scrittura per il film di Kalatozov, avvolta in un carattere nostalgico e in stucchevoli sottolineature sentimentali, rimane in un ambito di convenzionale e oleografico accademismo, manca di espressività atmosferica e non colpisce per particolari spunti melodici o ritmici.
Di grandissimo interesse la rassegna ‘Weimarer Kino – neu gesehen’ nella sezione Retrospective organizzata in collaborazione con il Bundesarchiv, il Deutsches Filminstitut, il Filmmuseum Muenchen e la Fondazione Friedrich-Wilhelm – Murnau a Wiesbaden.
Il periodo artistico e storico della Repubblica di Weimar è compreso fra il 1920 e il 1933 ed è stato particolarmente florido dal punto di vista cinematografico sia con lavori prodotti e realizzati direttamente da registi che da grandi case di produzione come la UFA a Berlino.
Un aspetto interessante della rassegna è stato quello di aver proposto la proiezione anche di numerosi film diretti da registi meno conosciuti fra cui Werner Hochbaum, Gerhard Lamprecht o Erich Washneck.
Ovviamente non mancano grandi nomi di attori quali Lil Dagover, Kaethe von Nagy, Jenny Jugo, Brigitte Helm o Conrad Veidt.
La maggior parte dei film muti sono stati accompagnati da improvvisazioni musicali dal vivo da solisti di grande valore come i pianisti Maud Nelissen e Stephen Horne, mentre il giovane Richard Siedhof era al suo debutto alla Berlinale.
Maud Nelissen ha accompagnato dal vivo con grande sensibilità e carica atmosferica il dramma di montagna Der Kampf ums Matterhorn (1928) di Mario Bonnard e Nunzio Malasomma sulla celebre sfida per la conquista della vetta del Cervino fra l’italiano Anton Carrel e il britannico Edward Whymper.



Nell’altro dramma di montagna inserito nella retrospettiva, Das blaue Licht (La luce blu, 1932), uno dei primi documenti cinematografici sonori realizzati in Germania, troviamo l’affascinante Leni Riefenstahl (1902 – 2003) nella veste di regista e attrice protagonista del ruolo di una misteriosa ‘Einzelgaengerin’ custode di un segreto nelle vette dolomitiche che circondano un piccolo paese.  
L’autore delle musiche che accompagnano il film e le sue suggestive inquadrature di volti e paesaggi è Giuseppe Becce (1877 – 1973), compositore e musicologo di origine veneta trasferitosi a Berlino, che ricordiamo autore insieme a Hans Erdmann e Ludwig Brav della Kinothek (Allgemeines Handbuch der Filmmusik, Manuale di musica applicata al cinema). Ottimo didatta e musicologo, Becce risulta meno convincente dal punto di vista compositivo. La sua scrittura per Das blaue Licht, integrata nella pellicola, risulta sicuramente funzionale ma non esce da un ambito fortemente esornativo e frammentario, lontano da un concetto leitmotivico e un disegno architettonico che possano contribuire in modo soddisfacente a un ascolto o a un’esecuzione in concerto disgiunti dalle immagini per cui è stata composta. Siamo ben lontani dagli esiti di poco precedenti di un Gottfried Hupperts (Metropolis, Die Niebelungen), di un Paul Hindemith (Im Kampf mit dem Berge), di un Edmund  Meisel (Corazzata Potemkin) o di un Dmitrij Shostakovich (La Nuova Babilonia).



Concludiamo con la trionfale accoglienza tributata dal pubblico al compositore giapponese Ryuichi Sakamoto, membro della Giuria internazionale guidata quest’anno dal regista Tom Tykwer (Lola corre, Profumo, Cloud Atlas), straordinaria icona del mondo dell’Ottava Arte, apprezzato per il suo linguaggio di elevata e profonda espressività che ha saputo trasferire con maestria in lavori di grandi registi fra cui si annoverano Peter Kosminsky, Masanori Hata, Alejandro Gonzales Inarritu, Volker Schloendorff, Pedro Almodovar e soprattutto Bernardo Bertolucci considerato il proprio fratello maggiore.
La sezione Berlinale Special ha presentato il magnifico film documentario intitolato Ryuichi Sakamoto: Async at the Park Avenue Armory che ha colto il concerto dal vivo, tenuto dal musicista nipponico nell’Aprile 2017 nella piccola e intima sala capace di ospitare solo duecento spettatori. Le avvolgenti e contemplative figure musicali create dal compositore si riflettono su un grande schermo posto sopra il pianoforte e si traducono in affascinanti disegni in bianco e nero dal taglio avanguardista.
Nel suo linguaggio, Sakamoto coniuga in modo originale ed evocativo elementi delle culture musicali orientali con la tradizione elettronica occidentale continuando sulla strada percorsa con diversa dimensione timbrica e espressiva da autori come i Tangerine Dream o Klaus Schulze. Le sue imponenti volte sonore sono percorse da una forte tensione emotiva e trasporto metafisico.
Il concerto raccolto nel film è legato al CD ‘Async’ (Milan Music 399 902-2) composto da 14 brani, il solo album potuto realizzare in otto anni. In un incontro con il pubblico, il compositore ha sottolineato il forte carattere esistenziale che percorre il suo lavoro scritto dopo i tragici avvenimenti di terremoto e tzunami a Fukushima nel 2011 e durante la sua lotta contro una difficile malattia che lo ha colpito nel giugno del 2014. Nel comporre la partitura di ‘Async’ Sakamoto si è lasciato trasportare dal dirompente, visionario e poetico linguaggio visivo del regista Andreij Tarkovskij nei suoi sette film e la scrittura risulta concepita come se si trattasse di un soundtrack per una sua nuova realizzazione che in realtà rimane nell’immaginario e nell’ispirazione. Il complesso apparato strumentale include piano preparato, sintetizzatore, shamisen (liuto giapponese a tre corde), sho, chitarre e glass singing bowls e percussioni. Tarkovskij viene evocato in particolare nel brano 3 “Solari” e nel successivo brano 11 “Life, Life” dove i versi di  ‘And this I dream, And this I dream’ scritti dal poeta Arsenij Tarkovskij, padre del regista, vengono pronunciati da David Sylvian.
Assolutamente Imperdibile.

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