All’Auditorium di Milano l’Orchestra Verdi presenta “West Side Story”

All’Auditorium di Milano l’Orchestra Verdi presenta “West Side Story”
Reportage del cineconcerto del 17 – 18 gennaio 2018

Uno spettacolo di teatro musicale simbolo di un genere, che da Washington, ove debuttò nell’estate 1957, approdò a Broadway (Winter Garden Theatre), fino a raggiungere il West End londinese, con lo staging all’Her Majesty’s Theatre nel 1958. Dal palco, soltanto quattro anni dopo, sono il cinema (The Mirisch Corporation e Seven Arts Productions) e la cinepresa di Robert Wise e Jerome Robbins (già coreografo dello spettacolo teatrale e co-sceneggiatore nel film derivato) a creare un mito. Il mito di West Side Story.

Nelle due serate di mercoledì 17 e giovedì 18 gennaio, l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, sotto la bacchetta del direttore olandese Ernst van Tiel, ci ha fatto riascoltare le indimenticabili creazioni su pentagramma di Leonard Bernstein, con i testi letterari delle canzoni scritte da Stephen Sondheim, il talentuoso “figlioccio artistico” di Oscar Hammerstein II, divenuto uno dei più importanti compositori e innovatori del musical a stelle e strisce del secondo Novecento.
Come da prassi negli appuntamenti dedicati alle colonne sonore del grande cinema de laVerdi, non poteva mancare la proiezione del film del 1961, con l’esecuzione live della colonna musicale in sincrono. Un esperimento ben riuscito e una fusione tra live e pre-esistente ben calibrata in un amalgama che non faceva certo avvertire il deficit cronologico e la differente tipologia di public performance. Campione di incassi e riconoscimenti, fu proprio il film – con le sue coreografie e la sua sgargiante fotografia, ben affiatate con le partiture di Bernstein – a rendere quest’opera un evergreen del teatro musicale, in un processo di transizione dal palco al set e viceversa che ne hanno consacrato una fama imperitura, non in ultimo per la bontà della trama sentimentale ma tragicamente concepita come da moderna dichiarata deriva da “Romeo and Juliet” del Bardo. Ed è proprio l’elemento tragico a rappresentare un’anomala novità nei musical books americani che, fino ad allora, si erano nutriti di zuccherose storie sentimentali a lieto fine che fungevano da esclusivo pretesto narrativo al trivium di confettura. Invece il libretto di Laurents sembra ribaltare questo atteggiamento e, alla centralità e alla tensione narrativa recata dalle vicende di astiosa rivalità tra i Jets e gli Sharks, si asservono le arti, non tradendo il processo letterario e anzi potenziandolo nel lirismo drammatico, in una concezione compilativa che – quasi sorta di una citazione o anche di un’eredità più o meno consapevole e volontaria – ci reiterano al teatro d’opera e alla più intensa codifica psicologico-descrittiva dei personaggi e alla loro problematica presenza ed estinzione dallo storyboard. Il collante sentimentale e l’effetto domino nell’incedere del narrato-girato ci offrono un perfetto esempio di uso moderno di una pratica consolidata e un prospetto stilistico-narrativo transcontinentale e adeguatamente contestualizzato anche in una logica - seppur non istantaneamente apprezzabile – di mercato e di prestazioni che ne hanno consentito la resistenza dal concepimento ma che ne hanno altresì garantito un revival attivo e stimolante anche a distanza ultra-mezzosecolare.
L’esecuzione di mercoledì sera è stata anteceduta - presso il Foyer della balconata, alle ore 18.30 – dalla presentazione del libro “Storia del musical. Teatro e cinema da Offenbach alla musica pop” (Bompiani, Milano 2017), con la partecipazione del suo autore, Prof. Luca Cerchiari, del Prof. Gianni Canova, critico cinematografico e Pro Rettore dell'Università di Milano-IULM, di Massimo Donà, filosofo e jazzista veneziano, e di Pasquale Guadagnolo, responsabile delle edizioni e iniziative culturali della Fondazione Orchestra Verdi.

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