Gala der Filmusik Hollywood in Vienna 2016

Gala der Filmusik Hollywood in Vienna 2016
Il suono dello spazio e Il meraviglioso mondo di Alexandre Desplat

Anche quest’anno, il 14 ottobre si è tenuto, presso la prestigiosa Wiener Konzerthaus di Vienna, uno degli eventi cinemusicali più importanti a livello mondiale, il Gala der Filmmusik Hollywood in Vienna 2016. Prodotto dalla Tomek Productions, giunto alla sua ottava edizione, tale evento è nato nel 2009 con l’idea di legare con un fil rouge le città di Vienna e Hollywood in modo da sancire un’unione reale oltre che spirituale tra le due dato che, se non fosse stato per il compositore viennese Max Steiner (1888-1971) e per altri grandi della musica come Erich Wolfgang Korngold (1897-1957), molto probabilmente le colonne sonore cinematografiche come noi oggi le conosciamo non esisterebbero.

Ed è intitolato proprio al padre della musica da film il Max Steiner Music Achievement Award che, oltre a commemorarlo, intende essere simbolo di riconoscimento per i traguardi eccezionali raggiunti nell’arte della colonna sonora. A partire dal 2009 sono stati premiati nomi del calibro di John Barry, Howard Shore (2010), Alan Silvestri (2011), Lalo Schifrin (2012), il mai troppo compianto James Horner (2013), morto tragicamente nel 2015, Randy Newman (2014) e James Newton Howard (2015); quest’anno l’onore è toccato al parigino classe 1961 Alexandre Desplat che ha esordito nelle produzioni hollywoodiane nel 2003 con il commento per il film La ragazza con l’orecchino di perla del regista Peter Webber; da lì è stata una scalata al successo che l’ha portato a firmare più di 150 titoli tra produzioni europee e americane, a ricevere 8 nomination all’Oscar e ad aggiudicarsi la statuetta per la prima volta nel 2015 con Grand Budapest Hotel di Wes Anderson (2014). Lo stesso regista ha inviato un video per la serata di gala del 14 ottobre, omaggiando il compositore suo collega in più di un’occasione, elogiandone il duro lavoro e la mai troppo invadente cordialità. Ad accompagnare l’artista c’è stata la moglie e produttrice artistica Solrey Desplat (nata Dominique Lemmonier); motivo della premiazione di Desplat, gran mattatore della cerimonia, sono stati “il suo duro lavoro e il suo stile compositivo unico e inimitabile e, per questo, immediatamente riconoscibile.” Egli stesso ha affermato, a premio ricevuto, che quando iniziò a comporre per il cinema a 21 anni il primo regista con cui collaborò gli chiese di comporre in uno stile simile proprio a quello di Max Steiner, ma il risultato fu alquanto deludente perché non era proprio dell’artista. Fu così che nell’affinare il metodo compositivo, il musicista ha ricevuto sempre più consensi grazie a un passaparola tra registi, fino a ottenere il consacramento al podio dei compositori cinematografici più richiesti, tanto da aver collaborato addirittura con il nostrano Matteo Garrone per le pellicole Reality (2012) e Il Racconto dei Racconti – Tale of Tales (2015), nominati entrambi al David di Donatello rispettivamente nel 2013 e nel 2016 nella categoria Miglior Colonna Sonora.



L’evento, un ricco programma di musiche da film eseguito dalla ORF Radio-Symphonieorchester e dal coro Neue Wiener Stimmen sotto la guida del direttore d’orchestra Keith Lockhart (successore di John Williams nella direzione della Boston Pops a partire dal 1995, principale direttore della BBC Concert Orchestra e qui al timone di Hollywood in Vienna per la seconda volta dopo John Mauceri, John Axelrod e David Newman) e moderato dal presentatore tedesco esperto di cinematografia Steven Gätjen, si è suddiviso in due parti.
La prima, dal titolo The Sound of Space, è stato un omaggio al cinema di fantascienza (inizialmente doveva essere un omaggio anche allo stesso Desplat, dato che stava componendo le musiche per il primo spin-off cinematografico di Star Wars, Rogue One, diretto da Gareth Edwards, finché non è stato rimpiazzato dall’americano Michael Giacchino per divergenze creative quest’ottobre, tre mesi prima della distribuzione nelle sale cinematografiche) che, a partire da un ispirato “Preludio” da pelle d’oca del Così parlò Zarathustra di Richard Strauss utilizzato da Stanley Kubrick nel suo 2001: Odissea nello spazio nel 1968, ha varcato i confini di un mondo al di là da venire, esaltato dalle musiche roboanti e a tratti intimiste ed emozionali di Bruce Broughton (la “Suite” per il parco a tema Spaceship Earth, 2008), Jerry Goldsmith (il “Main Title” di Star Trek, Robert Wise, 1979), David Arnold (la “Suite” di Stargate, Roland Emmerich, 1994), Alan Silvestri (il “Main Title” di Contact, Robert Zemeckis, 1997, che fa l’occhiolino al “Feather’s Theme” di Forrest Gump) e John Williams (gli “End Credits” di E.T. l’Extra-Terrestre, Steven Spielberg, 1982, magistralmente interpretati dal virtuoso slovacco del pianoforte František Jánoška e da una RSO mai tanto coinvolgente). A questi si sono affiancate quattro premiere mondiali: il “Finale” dal film Gravity (Alfonso Cuáron, 2013), un brano mozzafiato interpretato dalla stessa cantante che figura come vocalist nell’album del premio Oscar 2014 Steven Price, Katherine Ellis; la “Suite” di Interstellar (Christopher Nolan, 2014), scritta da Hans Zimmer e interpretata dall’organista viennese Martin Haselböck in duo con il pianista Jánoška; il “Love Theme Across the Stars” su partitura di John Williams, tratto dalle ultime due pellicole della trilogia prequel di Star Wars (George Lucas, 2002, 2005) e qui arrangiato per violino solista e orchestra e interpretato dal talentuoso Iskandar Widjaja, che ha suonato con una gravitas intensa e straziante uno Stradivari straordinario per la timbrica del suono e, per finire, il “Main Title” di un altro film di Star Trek sempre a opera di Jerry Goldsmith, per la precisione First Contact (Jonathan Frakes, 1996), interpretato qui dalla soprano Kristin Lewis, una delle interpreti più rinomate a livello mondiale delle arie verdiane.



La seconda parte, The Wondrous World of Alexandre Desplat, è stata interamente dedicata all’opera del compositore francese e si è aperta con il “Tema” de La ragazza con l’orecchino di perla assieme a un medley costituito dai brani più incisivi de La Bussola d’Oro (Chris Weitz, 2007), The Twilight Saga: New Moon (Chris Weitz, 2009), Il discorso del re (Tom Hooper, 2010), Il curioso caso di Benjamin Button (David Fincher, 2008) e Le 5 Leggende (Peter Ramsey, 2012). Si è entrati nel vivo dell’opera con il medley composto da “Julia’s Theme” (Julie & Julia, Nora Ephron, 2009) e “Chez Chanel” (Coco avant Chanel – L’amore prima del mito, Anne Fontaine, 2009); sebbene di impianto stilistico diverso (l’uno rimanda alla musica popolare parigina, l’altro è debitore del sinfonismo romantico e in particolare dei walzer čajkovskijani), entrambi i brani descrivono il carattere deciso e incisivo di due donne di coraggio estremo che hanno fatto grande i mondi rispettivamente della ristorazione e della moda. A questo è seguito il “Main Theme” di The Imitation Game (Morten Tyldum, 2014), la storia del matematico Alan Turing, padre del computer e decriptatore della macchina Enigma, utilizzata dai Nazisti durante la II Guerra Mondiale per inviarsi messaggi segreti, dopodiché è stata la volta della “Suite” dal film L’uomo nell’ombra, tratto dal libro Il ghostwriter di Richard Harris e diretto da Roman Polánski nel 2010: di chiara matrice hitchcockiana, il film si è avvalso di un commento à la Bernard Herrmann, ricco di sonorità sinistre e inquietanti e con frasi musicali di squisita caratterizzazione dissonante che mantengono costanti il pathos e la suspense narrativi, caratteristiche che vengono amplificate, se non portate all’estremo, nel commento a Godzilla, disaster-movie del 2014 diretto da Gareth Edwards, il cui “Tema” è una pagina vigorosa e di fervida inventiva cromatica più vicina alla musica stravinskijana o dodecafonica che a quella più propriamente cinematografica. Atmosfere più rarefatte e intimiste per il brano d’amore “Wong Chia Chi’s Theme” tratto dal film di Ang Lee Lussuria – Seduzione e tradimento del 2007, che ha visto la compartecipazione, assieme al pianista Jánoška, dei ballerini classici Roman Lazik e Alice Firenze e ha donato al pubblico un intenso esempio di Gesamtkunstwerk unendo sapientemente cinema, musica e danza. In un momento socio-politico mai stato più critico, l’ensemble Metin Meto, Derya Türkan & Friends di Istanbul è riuscito egregiamente a riunire l’Oriente con l’Occidente nell’esecuzione della “Suite” di Argo (Ben Affleck, 2012), film ambientato durante la Rivoluzione Iraniana del 1979, mentre l’esecuzione della “Suite” dell’immancabile Grand Budapest Hotel, film ispirato alle opere letterarie del viennese Stefan Zweig e ambientato nell’immaginaria Repubblica di Zubrowka nel 1932, ha esorcizzato i venti di odio e razzismo donando una singolare simbolizzazione dei territori appartenenti all’ex Impero Austrungarico, in sé cordiali, gioviali e allegri grazie agli jodel dei cantanti Ruedi Roth e Christian Frick-Rederer (“S’Rothe Zäuerli”), agli strumenti di tradizione tzigana e balcanica del Trio Grotesque (“Mr. Moustafa”, “Last Will and Testament”) e al coro rude e poderoso del Don Cossacks Choir (“Canto at Gabelmeister’s Peak”, “Moonshine”) proveniente dal Teatro Bol’šoj di Mosca. Attesa con trepidazione dai fan del maghetto più famoso al mondo, la “Suite” dei due film di Harry Potter e i Doni della Morte (David Yates, 2010, 2011), composta dai brani “Obliviate”, “Statues”, “The Tunnel”, “A New Headmaster” e “Dragon’s Flight”, ha portato la serata alla sua degna conclusione, costituita dalla canzone “Still Dream”; scritta da Desplat per la soprano Renée Fleming fa figura di sé nei titoli di coda del film d’animazione Le 5 Leggende e qui è interpretata dalla cantante losangelina Grace Capistro. Fuoriprogramma è stato lo straordinario coinvolgimento del compositore nella direzione della sua ultima fatica cinematografica, il brano “Meet the Pets” dal film di animazione Pets: Vita da Animali (Chris Renaud, Yarrow Cheney, 2016); in salsa swing, con chiari rimandi all’opera di Benny Goodman, la pagina musicale è stata accompagnata da scene estratte dal lungometraggio che hanno portato all’ilarità generale del pubblico in sala.
Infine, sulle note del “Tara’s Theme” di Max Steiner da Via col Vento (Victor Fleming, 1939), il pubblico ha lasciato la Großer Saal della Wiener Konzerthaus dopo una standing ovation durata più di un quarto d’ora; è stata di certo una grande soddisfazione per un compositore così talentuoso e apprezzato a livello mondiale, per un team creativo di prim’ordine, per un direttore d’orchestra che è riuscito nell’impresa di ereditare un’enorme responsabilità (reggere il confronto con un gigante della musica come John Williams è già di per se una consuetudine più unica che rara al giorno d’oggi) e per quegli interpreti e orchestrali che hanno fatto grande il nome di Vienna, la Città della Musica.

 

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