Curiosità musicali dalla Festa del Cinema di Roma 2016

Curiosità musicali dalla Festa del Cinema di Roma 2016

Nell’insieme si è rivelata un’edizione molto interessante, la undicesima della festa romana appena conclusa, con film in concorso di alto livello, ospiti ragguardevoli come Tom Hanks, Oliver Stone, Viggo Mortensen e Meryl Streep e retrospettive dedicate a Tom Hanks e Valerio Zurlini.
Dal punto di vista musicale emergono alcuni titoli che ci hanno particolarmente colpito mentre riportiamo di altri a titolo puramente informativo.

After Image (Powidoki, selezione ufficiale), ultimo lavoro del regista polacco Andrej Wajda scomparso il 9 ottobre proprio poco prima dell’inizio del festival di cui era atteso ospite, racconta la drammatica esistenza del pittore ucraino naturalizzato polacco Wladyzlaw Strzeminski, fondatore della Scuola Nazionale delle Belle Arti a Lodz, e la sua battaglia per la libertà di espressione artistica negli anni della Polonia del dopoguerra in cui la sovietizzazione stalinista assume forme di spietata brutalità e ottuso radicalismo.
Assai indovinata ci è parsa la scelta del regista di impiegare in questo suo film alcune partiture di Andrzej Panufnik (1914 – 1991), musicista di grande talento, ingiustamente poco noto al grande pubblico ma sicuramente - insieme a Lutaslawski e Penderecki - uno dei maggiori compositori polacchi del ventesimo secolo con una rilevante produzione che include 10 sinfonie, concerti per vari strumenti e orchestra e lavori da camera e balletto. Alcuni suoi lavori sono stati eseguiti da grandi star musicali come Leopold Stokovski, Seji Ozawa e Yehudi Menhuin. La sua vita segue un percorso simile a quello del pittore Wladyzlaw Strzeminski: il suo linguaggio improntato alla sobrietà delle linee armoniche e al fascino di avvolgenti e ondeggianti disegni geometrici avvolti in un cromatismo moderatamente seriale evidenzia grande pathos e forza espressiva. Le sue tendenze moderniste entrano presto in stridente collisione con i canoni del realsocialismo sovietico imposto dal governo. La situazione di un insanabile conflitto ideologico e artistico con gli ambienti politici comunisti del dopoguerra lo costringe nel 1954 all’esilio in Gran Bretagna dove trascorre il resto della sua vita.
I brani cui il regista fa ricorso sono “Landscape” per orchestra d’archi (1962/1965), “Autumn Music” per tre flauti, tre clarinetti, percussioni, celesta, arpa, viole, violoncelli e contrabbassi (1962/65), “Larghetto molto tranquillo” secondo movimento del “Piano Concerto” (1962/1972/1983) e “Dreamscape” (1991) per mezzosoprano e piano.
In particolare in “Landscape” si rimane avvinti dalla assorta introspezione che investe l’immagine sonora nella sua fissità atmosferica sospesa nel tempo che poggia su suggestive modulazioni di triadi portate a crescenti altezze di tono che trasmettono l’idea di una figura dissonante in un contesto tonale.
Nel secondo movimento “Larghetto molto tranquillo” del singolare e affascinante “Piano Concerto”, la costruzione armonica poggia su intervalli di tono e semitono in un affascinante disegno architettonico a specchio.
Grazie anche a un montaggio assolutamente magistrale, le scritture di Panufnik con la loro interiore dimensione espressiva si intessono in modo straordinario nelle toccanti immagini lasciateci da Wajda ed esaltano la dirompente tensione narrativa e carica drammatica di questo suo coinvolgente testamento spirituale.

7 Minuti (selezione ufficiale) è il nuovo bellissimo film di Michele Placido, lacerante rappresentazione di un dramma sociale che investe un gruppo di donne di un consiglio di fabbrica insieme alla sua portavoce in un’azienda tessile in procinto di passare nelle mani di una multinazionale. La sceneggiatura, ispirata a un reale avvenimento in terra francese, presenta chiari rimandi al famoso film La parola ai giurati (Sidney Lumet, 1957) e al suo recente remake 12 (2007) di Nikita Mikalkhov.
Con lontani richiami ad autori baltici come Paert, Sumera o Vasks la musica originale scritta da Paolo Buonvino si caratterizza per l’elegante rarefazione delle sue lunghe linee armoniche avvolte in incantate trasfigurazioni che si muovono con profonda forza introspettiva e sottolineano l’interiore tensione dell’attesa vissuta dalle protagoniste nel proprio dissidio interiore e nell’inevitabilità dell’incedere del dramma. Anche in questo caso, grazie a un montaggio esemplare in perfetto equilibrio con dialoghi e rumori di fondo, la scrittura illumina e accompagna in modo superlativo l’animo di ciascun personaggio coinvolgendo in modo devastante lo spettatore nell’imponente rappresentazione psicologica che il lavoro di Michele Placido riesce a trasmettere. Il regista guida con maestria il suo gruppo di attrici in una prova maiuscola dove emergono in particolare Ottavia Piccolo, protagonista anche nella versione teatrale ideata da Stefano Massini e diretta da Alessandro Gassmann, e due grandi cantanti come Fiorella Mannoia e Maria Nazionale.
Attendiamo con grande interesse l’uscita della partitura di Buonvino in CD che a nostro avviso, per la sua originalità e costruzione motivica, renderà perfettamente godibile anche un suo ascolto disgiunto dalle immagini.



Alexandre Desplat confeziona un’ennesima score originale - questa volta purtroppo assai deludente - per l’atteso film di Stephen Frears Florence Foster Jankins (selezione ufficiale) con Meryl Streep formidabile protagonista. A parte le uscite ‘pseudo-operistiche’ della protagonista che includono arie dal “Lakmé” di Leo Delibes, dal “Die Fledermaus” (Il Pipistrello) di Johann Strauss, dal “Flauto Magico” di Wolfgang Amadeus Mozart e brani classici come Il “Preludio op. 28 n. 4” di Frédéric Chopin o il “Wiegenlied op. 49” di Johannes Brahms, la parti originali della scrittura precipitano nel buio totale di convenzionali e oleografici accenti decadenti o jazzistici stile anni venti, sicuramente appropriati al periodo in cui la storia rappresentata ha luogo, ma che nulla apportano al valore complessivo del film.

Grande rilievo viene dato alla musica nel singolare film-monologo Naples ’44 di Francesco Patierno in cui l’ufficiale inglese Norman Lewis, interpretato da Benedict Camberbatch, da affermato scrittore torna a Napoli dove aveva vissuto alcuni anni in tempo di guerra. Egli racconta gli avvenimenti e i cambiamenti odierni che si intrecciano con suggestivi flashback ai ricordi del difficile passato della ricostruzione del dopoguerra.
La scrittura di Andrea Guerra con il suo potente smalto timbrico ed espressivo assume nel contesto del film un ruolo portante nel trasmettere le mutevoli atmosfere che si susseguono e lo ricopre in modo ammirevole anche se, forse perfino a causa di un montaggio non proprio a punto, in alcuni brevi momenti sembra scadere in accenti invasivi.
Forti associazioni musicali presenta il bellissimo film Little Wing, opera prima della regista finlandese Selma Vilhunen presentato nella rassegna ‘Alice nella città’ e a cui è stato assegnato il Premio Taodue Camera d’oro.
Innanzitutto lo stesso titolo evoca l’omonima canzone di Jimi Hendrix presente nel film, magnifico dramma giovanile che vede protagonista da una parte una madre (Sinu), single incapace di andare incontro alla propria maturazione adulta e dall’altra la figlia dodicenne (Varpu), proiettata in rapida crescita, che vive nel desiderio di poter conoscere il padre stabilitosi nel nord della Finlandia a Oulu. Rocambolesche vicende conducono Varpu dal padre, figura ben diversa da quanto immaginato e che aprono una profonda riflessione esistenziale sul ruolo e rapporti di figli e genitori.
La cantante e attrice Paula Vesala, icona della scena artistica finlandese, impersona con bravura la figura della mamma single ed è anche autrice delle belle canzoni presenti nel film, in particolare “Aelae droppaa mun tunnelmaa”, che si integrano con le atmosferiche parti orchestrali composte da Jori Soeroos in un soundtrack nell’insieme assai adeguato.

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