Il sabba cine-musicale di John Carpenter

Il sabba cine-musicale di John Carpenter
Reportage del concerto di musiche per film, e non solo, tenutosi a Torino il 26 Agosto 2016 durante il ToDays Festival

E’ mezzanotte. L’ora delle streghe. Della paura. Di Halloween. Sul palco salgono cinque musicisti vestiti di nero come vampiri. E per ultimo, lui. Maglia e pantaloni neri, i lunghi capelli grigi raccolti in un codino, i baffi spioventi su una faccia da gaglioffo. Mastica un chewing-gum mentre si posiziona al centro, dietro una piccola tastiera, sorridendo alle urla osannanti del pubblico. Lui è John Carpenter. E per far capire subito di che pasta sarà fatta la notte, parte con il botto: l’elettronica tenue e dissonante che fa da tema a 1997 – Fuga da New York, salutata da un lungo boato dei fans.

Il luogo dove Carpenter tiene il suo primo concerto italiano, all’interno di un tour che da mesi sta girando mezzo mondo riscuotendo un successo importante e continuo, potrebbe quasi assomigliare al set del film che rese celebre Kurt Russell nel ruolo di Snake Plissken: una vecchia fabbrica in disuso, nella prima periferia torinese, riadattata ma non snaturata, tanto da essere un capannone enorme, vuoto, e con soffitti altissimi e spioventi. Ti sembra in ogni dove di veder arrancare il fuorilegge con la benda, o materializzarsi come un incubo il Duca di New York, o lo stolido Presidente. Ma è dietro al palco che questi appaiono, in immagini proiettate su uno schermo gigante, che riassumono, a mo’ di trailer, il film di cui stiamo ascoltando la colonna sonora. Ed è questo uno degli effetti più magici dell’intero concerto, perché pare così di essere inseriti in un contesto da cinema muto, con le immagini che scorrono e l’orchestra a sottolinearle. Un’orchestra piuttosto sui generis, beninteso: oltre a Carpenter, che maneggia con parsimonia la tastiera, sul palco ci sono un paio di tastiere e campionatori gestiti dal figlio del regista, Cody Carpenter (suo collaboratore anche nella creazione di Lost Themes e Lost Themes II, i dischi di brani “autonomi” usciti negli ultimi 2 anni), e una classica formazione rock composta da 2 chitarre-basso-batteria che riempiono la staticità dell’elettronica di vibrazioni blues e prog talmente appuntite da rasentare il metal.
In questo modo, viene data nuova e diversa linfa al blues di Essi vivono, all’hard-rock quasi AC/DC de Il seme della follia, all’inquietudine minimalista, che molto deve alle musiche dei Goblin, del tema di Halloween, fino all’ossessivo martellamento de Il signore del male e alla elettro-sinfonia di Christine con cui furbescamente chiude il concerto, alle 2 di notte, dopo averci avvertito di stare attenti, tornando a casa, perché in giro ci potrebbe proprio essere una macchina infernale.
In mezzo, i brani dei dischi solisti di recentissima pubblicazione, intrisi anch’essi di elettronica e profumi di rock satanico, che non stonano per nulla mischiati a quelli assai più celebri con cui Carpenter ha dipinto i suoi capolavori da regista.
Il carisma, conquistato in 45 anni di carriera, e il culto di cui è fatto oggetto da almeno 2 generazioni di cinefili, gli permettono attimi di gigioneria (come l’inforcare gli occhiali scuri prima di Essi vivono) e movenze a volte fuori tempo, ma non bastano a spiegare il successo della serata. E’ il concept stesso del live a sostanziarne il successo, questa sorta di sulfureo cabaret elettronico notturno, che fa a pezzi brani senza testo di cui il pubblico canta a squarciagola le note, ricostruendoli in un rito collettivo che somiglia a un gioioso sabba liberatorio. E’ per questo che si esce frastornati ma felici. Ci si riconosce come seguaci di una stessa setta, e si è consapevoli di essere stati finalmente in contatto con un mito che ha voluto e saputo essere generoso.
Non sappiamo se Carpenter tornerà di nuovo dietro la macchina da presa. Dalle ultime interviste, pare poco probabile. E se questo è allora il suo commiato, non poteva essercene uno migliore.

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